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Nato a Teheran nel 1963 da una famiglia di origine curda, Kayhan Kahlor, da enfant prodige è diventato uno dei massimi esponenti della musica d’arte iraniana, accostandosi anche a stili e repertori popolari e curdo-iraniani con il suo kamântche (la viella ad arco a puntale, dal primo Novecento dotata di quattro corde, suonata in posizione verticale), uno strumento “universale” diffuso con nomi e in fogge diversi nell’intero mondo islamico. Da parte sua Erdal Erzincan, più giovane di otto anni, nativo dell’Anatolia, è suonatore del liuto a manico lungo bağlama. Al cospetto di questi due musicisti il termine virtuosi non è abusato. Se Kahlor, considerato dall’eminente studioso Jean During uno dei maestri iraniani nello stile neo-folklorico, ha una tecnica sopraffina, privilegia l’uso del legato, possiede un notevole gusto per l’ornamentazione e non disdegna l’impiego del pizzicato. Il suo sodale Erzincan adopera uno stile di tipo chitarristico, simile al tapping, denominato in turco şelpe, caratterizzato dall’uso delle dita, non del plettro com’è consuetudine per il saz. Maestri della tradizione ma anche innovatori, i due avevano già collaborato in “The Wind” (ECM, 2004); ora si ritrovano in un CD che raccoglie un concerto tenutosi a Bursa, a sud di Istanbul, nel 2011.
Il titolo “Kula Kulluk Yakişir Mi” deriva da una composizione del turco Muhlis Akarsu, ma è un’improvvisazione (“Improvisation I”) ad aprire la performance: una compenetrazione tra i due artisti, dettata dalla complementarietà dei due strumenti che ha dello strepitoso. I brani si susseguono in un continuum di 56 minuti; si passa al tradizionale turco "Alli Turnam”, passaggi impetuosi di coppia si alternano a cavalcate soliste altrettanto portentose, che strappano gli applausi di approvazione del pubblico (“Improvisation II” e “Deli Derviş”). Se nel precedente tema, un tradizionale turco, è stata la bağlama a guidare la melodia, nel successivo “Daldalan Barı” (si odono altri applausi), altro brano magistrale, è la viella a rendersi protagonista attraverso tumultuosi crescendo e sviluppi melodiosi fino a sequenze quasi sussurrate, mentre il cordofono di Erzincan opera con grande fluidità.
Tra contemplazione e rapimento, siamo trascinati in un turbine estatico, che passa per “Improvisation III”, per gli otto minuti strabilianti di “Kula Kulluk Yakişir Mi” (del già citato Akarsu), influenzato dalla musica degli aleviti: altro tema rivelatore dell’eccezionale empatia tra i due artisti. Dopo “Improvisation IV” e “Improvisation V”, è poi la volta della rielaborazione di “The Wind” (cofirmato dai due artisti, la title-track del precedente disco di coppia), in cui Kayhan, come spesso accade nel recital, abbandona l’archetto per il pizzicato, mentre Erdal lavora sul piano ritmico e melodico, passando dai mirabili arpeggi ai colpi dati con i polpastrelli sulla cassa armonica. L’ultimo brano del programma live, “Intertwining Melodies”, raduna cinque temi tradizionali iraniani e turchi (“Sivas Halayi”, “Mevlam Birçok Dert Vermiş”, “Erik Dali”, “Gevrektir”, “Gol Nishan”), che la coppia fa propri, senza rinunciare all’eleganza nel tocco e nelle sfumature, tra spericolati cambi di tempo e turbinose improvvisazioni. Inevitabile, il finale con il pubblico plaudente. Eccelsi.
Ciro De Rosa
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Asia