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Gruppo seminale del folk-rock inglese, i Pentangle, elaborando complessi e fascinosi arrangiamenti che li vedevano contaminare le strutture del folk inglese con il jazz e il blues,
hanno rappresentato il lato più sperimentale di quella favolosa stagione di grande fermento artistico sbocciata in Inghilterra alla fine degli anni sessanta. Di quello storico gruppo voce ed anima era Jacqui McShee, a cui si univa il genio di due grandi chitarristi come John Renbourn e Bert Jansch, come spesso ci ha insegnato la storia del rock la loro stella brillò lo spazio di pochi anni, per essere di tanto in tanto riesumata nel corso di varie rifondazioni. Proprio la McShee tra la fine degli anni novanta e i primi anni del duemila, rispolverò lo storico marchio, ma era evidente che ormai si trattava di qualcosa di diverso e forse più personale. Così non ci sorprende ritrovarla a distanza di una manciata di anni alla prese con un progetto del tutto nuovo, i Take Three, trio nato in complicità con due vecchie conoscenze dei Pentangle e del folk inglese ovvero Alan Thomson (chitarra e basso) e Gerry Conway (percussioni), con i quali ha inteso intraprendere un percorso a ritroso nel tempo, alla ricerca di quelle radici e di quel repertorio che aveva caratterizzato i suoi esordi prima dell’esperienza dei Pentangle.
E’ nato così il loro disco di debutto omonimo, che mette in fila dieci brani tradizionali, di cui sei già incisi in passato con i Pentangle, caratterizzati da arrangiamenti, che mescolano gli stilemi tipici della tradizione folk inglese con elementi ethno jazz, che abbracciano echi di sonorità mediorientali ed indiane. Il disco si regge su strutture musicali essenzialmente acustiche costruite dall’intreccio tra la chitarra di Thomson e le percussioni dell’eclettico Conway, che incorniciano in modo superbo la splendida voce della McShee, che con gli anni si è fatta ancor più profonda ed espressiva. Durante l’ascolto si spazia dalla splendida versione di “One Morning In May (The Nightingale)” alla ballata narrativa “Nottamun Town” passando per l’oscura muder ballad “The House Carperter” fino a toccare perle come “We'll Be Together Again” e “Turn Your Money Green” che rappresentano certamente i due vertici del disco. Il progetto Take Three rappresenta una ventata di novità importante nella scena musicale folk inglese, in quanto non si limita alla semplice riproposizione di classici della tradizione, ma piuttosto ne fornisce una visione nuova, illuminata e soprattutto ad ampio respiro. Questo disco è, insomma, il regalo più bello che la McShee ci potesse fare, giusto un attimo prima di festeggiare i suoi cinquant’anni di attività artistica. Da ultimo mi piace segnalare che, dopo la partecipazione al Liri Blues, Jacqui McShee sarà in tour in agosto in Italia, e sarà l’occasione giusta per poter ascoltare questo nuovo progetto anche dal vivo.
Salvatore Esposito
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Europa