Salif Keïta + Philippe Cohen Solal= Talé, questa è l’equazione vincente per un album vibrante!Il cantante maliano si addentra, insieme con uno degli “architetti” dei Gotan Project, sui sentieri di una musica tradizionale ricca di contaminazioni e sonorità elettroniche: due mondi che potrebbero sembrare lontani anni luce, ma riescono a fondersi e a sposarsi egregiamente. Dopo il successo de “La Difference”, questo nuovo album potrebbe essere una sorpresa per gli ascoltatori di Salif Keïta, anche se la sua musica non è nuova a commistioni di generi! Divenuto un ambasciatore della cultura del Mali fin dagli anni Settanta, nati prima dello scoppio delle ostilità nel 2011, ha cominciato a realizzare questi undici brani, che vogliono essere una boccata d’ossigeno per un paese che pur attraversando una crisi profonda, tenta in tutti i modi di tornare ad una vita normale: “When the people aren’t at ease anymore, neither are the artists. We’re the mirror of society! I still do dance events at my club, the Moffou, so that people don’t shut themselves into sadness. They need to have fun. Malians have had their pride hurt…” in questo modo Salif spiega ciò che fa nel suo piccolo per il suo popolo e parla di danza. Forse la musica e la danza possono salvarci davvero, salvare il nostro spirito allontanandolo dall’angoscia e dalla negatività, così come ha fatto lui mentre componeva questi versi con la chitarra in riva al fiume, con una sola ispirazione: far ballare la gente. Proprio questo sprone rende l’unione con Philippe, ed il loro lavoro, un connubio che riesce a far incontrare sonorità diverse: ci sono strumenti tradizionali come il guembri e le qaraqebs gnaouas e c’è una musica che non necessità di “strumenti” . Così, anche se “Da” manifesta la sua matrice più etnica, rispetto a “C’est Bon, C’est Bon”, non si percepisce un senso di sconnessione. Quest’ultima canzone vede la partecipazione di Roots Manuva e può considerarsi un tipico pezzo di World Music: il suo motivo ballabile, non è nuovo nel repertorio di Salif Keïta, che in passato ha fatto danzare intere capitali come New York, Londra e Tokyo. Parlando di questi due pezzi, Salif dice: "In Da, I sing that today friendship and family ties mean nothing. It’s all about personal gain. On C’est bon, I explain that I don’t envy kings, diplomats or rich people because they can be bad. Us musicians are there to make people happy". “Après Demain” segue le tracce di “À Demain”, proseguendo il racconto di questa storia d’amore che comincia con il dolce suono del flauto, prima che il ritmo incalzi con le percussioni, ne riprende il refrain in maniera evanescente, mentre il tempo cambia continuamente: dapprima andante, diventa poi lento per essere sempre più veloce, placandosi in un finale in cui il suono delle trombe evoca il barrito degli elefanti. La voce africana di Salif, incontra e si scontra con il sound elettronico in “Samfy”, un pezzo che è una satira politica. Simby nasce da un’atmosfera rarefatta ed è, quasi, un canto a cappella, con i suoi tanti rumori che fanno da sottofondo. “Natty”, molto vicina alla musica pop, ha la sua particolarità nel canto della voce bianca che lo interpreta, intonando l’amore per i suoi genitori. “Yalla” è impregnata di suoni più medio-orientali. “Talè”, che da’ il nome all’album, innesta più voci su uno stesso ritmo creando splendidi effetti corali, soprattutto nel finale. “Tassi”, ha un ritmo meno complesso rispetto agli altri. Il brano più sentito,però, è quello che conclude “Talé”: “Chérie s’en va”, velato di tristezza e di una dolcissima malinconia che Salif Keïta esprime al meglio grazie all’armonia con la melodiosa voce della contrabassista e cantante jazz Esperanza Spalding.
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