Intelligenza. Ecco la prima parola che mi viene in mente quando penso a David Byrne.
Intelligenza che si scatena sotto la zazzera bianca, intelligenza e determinazione, perche' David Byrne, malgrado lo stardom alternativo raggiunto mi da l'impressione di essere un personaggio che, proprio per la sua determinazione e originalita' deve aver preso delle belle bottigliate in testa in un'Amerika con la kappa.
Perche' adesso lo vediamo cosi' potente dentro al film di Sorrentino o in questa ennesima incarnazione a nome suo e St.Vincent che si chiama "Love This Giant" che ci dimentichiamo bellamente di tutto quello che il Nostro deve aver patito per poter arrivare a produrre musica in questo modo interessante e ricercato.
Il disco e' obliquo, pieno di belle idee e pendente del tutto dalla parte di Byrne, che schiaccia la Clark (il vero nome della St.Vincent) e la obbliga al ruolo di comprimario di lusso.
Il colore del disco e' quello degli ottoni, dei fiati che si sentono in tutto il disco e assorbono l'energia degli arrangiamenti spingendosi in direzione di un colore festaiolo e interessante, scevro da qualsiasi colore jazzistico, piu' vicino al saporedi una band di fiati di strada, tant'e' che sul web si puo' leggere, nelle note programmatiche stilate dal cerebrale David, che l'idea era quella di avvicinarsi alle musiche delle marching band, delle bande di feste di paese, insomma caro David, obiettivo raggiunto brillantemente.
Il disco l'ho ascoltato in viaggio, e poi l'ho riascoltato a casa e ora ricomincerò ad ascoltarlo in viaggio, credo abbia un pezzo d'apertura scelto molto bene, credo che David sia uno che tiene conto di tutto, a volte sento che mi infastidisce con la sua attrazione verso tutto cio' che e' disturbing, tanto che si puo' leggere che una delle prime ragioni di attrazione verso la Clark e' stato il mondo disturbante evocato dai suoi video.
Gli perdono la posa, molto volentieri, ringraziandolo per gli stimoli.
Antonio "Rigo"Righetti