Non lascia indifferenti l’ugola di Heidi Talbot, interprete ed autrice nativa della contea di Kildare, Irlanda, paragonata dalla critica a dive pop e folk, in virtù del suo timbro limpido e terso, che sa assume anche sfumature scure e imbrunite. Ascolti giovanili onnivori, ma soprattutto dosi massicce di Clancy Brothers, Mary Black, Dolores Keane, Maire O’Connell, la classica esperienza canora nel coro della chiesa locale, poi corsi alla rinomata scuola dublinese Bel Canto e session nei pub infilate tra un giorno di scuola e l’altro. A 18 anni Heidi attraversa l’oceano, cercando a New York la via della carriera artistica per sopravvivere. La sua svolta solista prende piena forma dopo cinque anni di permanenza nelle Cherish The ladies, band femminile Irish-American; nel frattempo Heidi compie anche il viaggio in senso inverso ritornando in Irlanda, e producendosi pure in illustri collaborazioni con personalità del calibro di Eddi Reader, Kris Drever e Mick McGoldrick.
The Last Star è il quarto album solista della cantante di recente trapiantata nella scozzese Edimburgo, città dalla frizzante scena folk. Il disco è prodotto dal superbo chitarrista ex-Solas John Doyle, e vede la partecipazione di un cast di eccellenze musicali, a cominciare dal partner della Talbot John Mc Cusker (violino, cittern, whistle), per proseguire con Ian Carr (chitarra), Boo Hewerdine(chitarra), John Mc Goldrick (uilleann pipes, whistle), Andy Cutting (organetto), Phil Cunningham (fisarmonica, armonium), Ewen Vernal (contrabasso), e le voci di Eddi Reader, Karine Polwart e Kris Drever.
La ballata narrativa “Willie Taylor” apre l’album, delineando l’atmosfera: voce luminosa ed incisiva, cornice acustica di corde e mantici ben affiatati. Ancora chitarre, violini e morbide percussioni nella gemma “Tell me truly”, che procede a ritmo di valzer, impreziosita dalle armonie vocali di Polwart. Driver e Reader nel finale. Heidi duetta con Kris Drever nel tradizionale “Hang me” che, come il successivo “The Shepherd Lad”, sposa nuove melodie di sapore Irish a liriche di matrice orale. La title track – liriche della Talbot e melodia ancora di McCusker – è una love ballad, delicata ma mai leziosa. Lo shanty “Sally Brown” emerge per la forza sonora del gruppo, qualificandosi come uno degli episodi più trascinanti dell’album. Gioca sul registro più intimo la celebre “Bantry Girl”, mentre a farle da contraltare è la gioiosa, accattivante, danzereccia “Bleecker Street”, che rende totalmente l’atmosfera da session che si è prodotta nella realizzazione dell’album. Il trittico finale presenta tre canzoni d’autore. La prima è “Start It All Over Again”, su testo della Polwart, splende il canto anche nella successiva “Cherokee Rose”, firmata Hewerdine e McCusker. Ancora emozioni nella canzone di chiusura di questo nuovo capitolo, conferma del talento maturo della bionda irlandese, che si produce in “At the End of the Day”, cover dell’indimenticabile Sandy Denny.
Ciro De Rosa
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