The Bluesmen - Rebels (A.M.F./Self)
Noti per la loro ormai lunga collaborazione con il cantautore americano Dirk Hamilton, i ferraresi The Bluesmen sono una delle più interessanti realtà della scena blues in Italia e questo sia per la loro perizia strumentale sia per la loro capacità di non suonare mai uguali a sé stessi e alle tante realtà di oltreoceano. Si tratta insomma di una band che ha macinato chilometri, in fatto di gavetta, di palchi e di esperienza e dunque non ci sorprende che orgogliosamente siano arrivati al quarto disco in studio, senza sbandierare mai i loro risultati ma cercando sempre di migliorarsi e di crescere. Rebels, il loro nuovo anno, li fotografa appunto in una fase di svolta della loro carriera, nel momento esatto che li vede mescolare alle dodici battute blues intanze che spaziano dal country al soul fino a toccare anche la border music. A guidare il gruppo è l'asse portante composto della melodia composto da Roberto Formignani alle chitarre e da Massimo Mantovani alle tastiere che spesso regalano travolgenti spaccati strumentali che impreziosiscono i vari brani. Composto da dodici brani originali, il disco vede ancora una volta il gruppo ferrarese collaborare con Dirk Hamilton, che appare nelle vesti di co-autore di alcuni brani come il travolgente country rock stradaiolo di Where Are All the Rebels? che apre il disco e nella quale brilla la chitarra di Formignani. Durante l'ascolto brillano il sounthern rock di Automation Town e Baby Take a U-Ey, quest'ultima guidata da una rovente slide, ma anche la ballata slow blues The Collector o l'infuocato rock 'n' roll di Slow Down Bob scritta e cantata da Dikr Hamilton, tuttavia il vertice del disco arriva con la splendida Ten Miles To Mexico che chiude il disco e nella quale la chitarra spanish di Formignani fa da sfondo ad un testo molto suggestivo. Certo non manca qualche piccola sbavatura ocme nel caso del blues di maniera di Elegant Blues o nel riempitivo country di Canyon Riders, ma si tratta di piccoli dettagli frutto più che altro di un po' di sano divertimento in studio. Rebels è comunque un disco onesto e ricco di spunti interessanti dal punto di vista musicale che non mancheranno di fare felici gli appassionati del più puro italian blues.
Mardi Gras - Among The Strams (Route 61 Records)
Abbiamo seguito la vicenda artistica dei Mardi Gras sin dagli inizi, a partire da un demo pubblicato con grandi sforzi e sacrifici, per passare alla produzione indipendente di qualche anno fa di Drops Made, e la sensazione che si è sempre avuta e che la loro grande forza di volontà e la loro passione spesso non è bastata a dare i frutti da loro sperati. Da sempre appassionati di musica irlandese, ma con un occhio rivolto a quell'America evocata nel loro nome che si rifà all'ultimo disco dei Creedence Clearwater Revival, il gruppo romano, ha di recente dato alle stampe il loro primo vero debutto discografico, Among The Streams, che nasce sotto gli auspici della giovane e già attivissima etichetta Route 61, guidata da Ermanno Labianca. Il risultato è un disco pieno di buone intenzioni, che ammicca ora ai Waterboys ora a Billy Bragg senza dimenticare qualche accenno ai contemporanei come Mundy e Micah P. Hinson, ma che non prende mai il volo perdendosi qua e là attraverso la ricerca di un suono che aspira ad essere originale ma che fatica ad esserlo, smarrendo spesso e volentieri il bandolo della matassa. Certo il loro vissuto artistico sui palchi romani e le tante belle esperienze fatte al fianco di grandi artisti trova certamente riscontro nelle dieci tracce di questo disco perchè la stoffa c'è, ma il problema è che ancora manca la maturità adatta a fare il grande salto e non è casuale che il brano migliore sia una cover ovvero la bella resa di Land Of Hope And Dreams di Bruce Springsteen. Nel complesso il disco risulta assolutamente gradevole, e non si può dire che Whats Come What Goes o Shine non siano delle brutte canzoni, o che la brava cantante Claudia McDowell, che ha sostituito Six, non abbia del talento, ma qui ciò che manca è proprio la capacità di staccarsi dalle loro passioni musicali. Nel complesso comunque un segnale importante c'è ed è nascosto nella bella Man Improve With The Years, nella quale appare alla voce Liam O'Maolai degli Hothouse Flowers, e che ci mostra come evitando di dimostrare di conoscere a mena dito i dischi dei Waterboys si possa fare delle ottime canzoni. I Mardi Grass con Among The Strams dimostrano comunque di essere in crescita e questo grazie anche ad una rinnovata line up che ora vede Fabrizio Fontanelli affiancato anche nella scrittura da Alessandro Matilli, ma ora più che mai è necessario saper ripartire da questo disco come fosse il loro primo passo, probabilmente il futuro ci riserverà qualche bella sorpresa. In fondo è bene che che nascano ispirazioni nuove senza inseguire il sogno di diventare il Mike Scott italiano.
Daniele Tenca - Live for the Working Class (Route 61 Records)
Famoso per essere stato per anni il frontman dei Badlands, storica tribute band italiana di Bruce Springsteen, Daniele Tenca lo scorso anno ha debuttato come solista, smarcandosi un po' dalla sua passione per the Boss, e puntando all'altra sua grande passione, ovvero il blues ne è nato un disco interessante, Blues For The Working Class, che mescolava le istanze tipiche delle dodici battute con i vari topoi letterari springsteeninani, il tutto risultando assolutamente adeso alla realtà dell'attualità italiana tra precariato, sfruttamento, incidenti sul lavoro e classe operaia. Certo non potevano mancare due cover dedicate a Bruce ovvero Factory e il traditional Eyes On The Prize, ma nel complesso il disco mostrava svelava un songwriting molto personale e anche la partecipazione a For You 2 non ha guastato in termini di visibilità, avendogli in qualche modo consentito di intraprendere un lungo tour accompagnato da un ottima band composta da Hegy Vezzano e Leo Ghiringhelli (chitarre), Pablo Leoni (batteria), Luca Tonani (basso) e Cristiano Arcioni (organo hammond). A documentare questo lungo giro in lungo e in largo attraverso la nostra penisola, arriva Live For The Working Class, disco dal vivo, registrato a Trezzo Sull'Adda nel dicembre del 2010. Il disco suona magnificamente e restituisce integro all'ascoltatore la bellezza dei live act di Daniele Tenca, la cui voce si muove con agilità tra brani folk, blues e rock, con il supporto impeccabile della band con le chitarre sempre in grande evidenza, spinte in modo puntuale dalla bella sezione ritmica. La tracklist riprende in toto il disco in studio, esaltandone l'impatto rock e mettendo in evidenza le parti strumentali, ma a fare al differenza sono tre splendide riletture dal repertorio di Bruce Springsteen, che Tenca interpreta con grande passione e personalità, e così ecco brillare di suoni rockabilly Johnny 99, o scintillare di swing Red Headed Woman, ma soprattuto eccellente è la rilettura blues di Factory con l'armonica di Tenca in grande evidenza. Non male è anche la ripresa di Breach In The Leeve di Andy J. Forest così come non sfigurano affatto gli originali 49 People, che racconta dei quarantanove operai sardi che per un anno hanno lavorato gratis per salvare la loro azienda, la bella ballata Flowers At The Gates, o l'intensa versione acustica di Spare Parts. Live For The Working Class è dunque un disco di ottima fattura che piacerà sia agli appassionati di blues sia agli Springsteeniani ma soprattutto ci permette di conoscere da vicino l'anima artistica di un bravo cantautore come Daniele Tenca.
Marco Conidi - Cinque Anni (Route 61 Records)
Attivo a partire dagli anni ottanta, e con alle spalle addirittura due partecipazioni al Festival Di San Remo, Marco Conidi negl'anni è stato costretto più volte a cambiare in corsa i suoi programmi. Quando era sul punto di emergere definitivamente, i piani alti della discografia lo hanno tradito e così si è ritrovato a doversi reinventare da zero la sua carriera ripartendo dalle etichette indipendenti, ma con un piglio deciso e sempre concreto come dimostrano i sette dischi ed un ep incisi in poco più di vent'anni. Negli ultimi anni, pur restando fedele al suo stile, ha allargato i suoi orizzonti con il progetto Orchestraccia che lo vede confrontarsi con il folk quando protagoniste non sono le sue canzoni. Cinque Anni è il suo ultimo lavoro discografico, e raccoglie demo, outtakes e brani live, incisi nel periodo che va dal singolo Stella di Città del 1993, un bella versione italiana di Runaway Trains dei Soul Asylum, a disco omonimo del 1998. Cinque anni di racconti, storie, appunti di viaggio e sogni, che rappresentavano ognuno l'abbozzo di un disco, ma che sono poi diventate tante piccole perle dimenticate. Oggi queste canzoni trovano nuova vita, componendo un disco a sè stante, che mescola cover come Terre Dove Andare di Ivano Fossati e divertissment come la versione dilaniana di Che Sarà di Jimmy Fontana e Franco Migliacci, ma anche inediti come la torrida early version di Una Vita Da Far Brillare, la superba Per Tutto Il Tempo, o ancora il poetico strumentale Cuori Separati.
J.C. Cinel - The Light of a New Sun (Andromeda Relix/Black Widow Records)
Attivo da circa venticinque anni, J.C. Cinel è un cantautore piacentino con all'attivo numerose collaborazioni e diverse partecipazioni a gruppi forse poco noti ma che certamente hanno contribuito a fare la storia della musica d'oltreoceano suonando sui palchi di mezza italia. A partire dal suo storico debutto, Shine On Me con i The Air, lui non si è mai fermato, macinando esperienza e chilometri fino a raggiungere gli States dove è andato a perfezionare il suo inglese, il tutto senza contare i tre dischi incisi con i Wicked Minds e Back On The Tracks con la Jimi Barbiani Band. The Light Of A New Sun, è il suo terzo disco solista e nasce nel solco della migliore tradizione americana spaziando dagli Eagles a Tom Petty passando per Bruce Springsteen e la Allman Brothers Band. Al suo fianco troviamo una band composta da ottimi musicisti come Davide De Busti e Andrea Barbieri alle chitarre, Luca Balocco al basso, Dario Guarino alla batteria ma sopratutto uno special guest d'eccezione come Johnny Neel alle tastiere in ben quattro brani. Il disco presenta undici brani originali tutti composti in inglese che spazino dal blues al country fino a toccare il southern rock, in una proposta musicale se non innovativa dal punto di vista stilistico ma assolutamente gradevole dal punto di vista delle qualità. Il sound volutamente vintage e le strutture musicali molto classiche, hanno spessore e forza e questo perchè J.C. Cinel ha avuto il coraggio e la forza di confrontarsi a viso aperto con i suoi eroi, senza mai cercare di imitarli ma piuttosto carpendone i segreti, e rubandogli il mestiere. E così durante l'ascolto spiccano brani come le intense Wheel Of Time, Fallen Angel e la title track, ma anche le più scanzonate A Place In The Sun o il rock blues di Nashville Night, che ci mostrano un cantautore in grado di mettersi in gioco senza paura di sfigurare, anche quando si trova a confrontarsi con un mito come Johnny Neel. Insomma THe Light Of A New Sun è un bel disco che conferma tutte le qualità artistiche di J.C. Cinel, ma soprattutto segna una svolta importante per la sua carriera essendo il disco che meglio lo valorizza come cantautore.
Salvatore Esposito
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Italian Sounds Good