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Negli anni settanta un gruppo di minatori che lavoravano nelle cave di mercurio dell’Amiata, avevano dato vita ad un coro, e terminato il lavoro si ritrovavano in osteria per trascorrere il loro tempo libero tra canti e vino. Pian piano il loro repertorio si era allargato spaziando dai canti di lavoro fino a toccare il vastissimo repertorio della musica tradizionale della zona. Un decennio dopo con la chiusura delle miniere, quella zona della Toscana venne segnata da una grave crisi economica con molti che si ritrovano disoccupati ed ormai impossibilitati a trovare un lavoro diverso, perché ormai troppo vecchi o perché il loro fisico era fiaccato dalle dure condizioni in cui si trovavano ad operare. Finiva così un’epoca, un mondo, che nonostante sofferenze ed ingiustizie era pieno di una umanità e speranza. Preso anche il coro terminò la sua esperienza e a memoria di quei giorni restavano i canti, piccoli raggi di luce impastati con la rabbia, la sofferenza, l’amore, la lotta ma anche quell’irriverenza e quell’umorismo tipicamente toscano. Nel 2006 per iniziativa di un gruppo di santafioresi guidato dal sindaco del paese e dell'Associazione culturale "Consultacultura", si è riformato il coro e in parallelo si è ripreso il lavoro di recupero e reinterpretazione dei canti del vasto repertorio della musica tradizionale dell’Amiata. A scoprire questa bella realtà della musica tradizionale italiana, e a farla uscire allo scoperto è stato Antonio Pascuzzo, componente dei Rossoantico e già anima del The Place di Roma, che dopo un incontro casuale con i diciotto componenti del coro restò letteralmente stregato dalla forza e dalla bellezza delle loro voci. A farli diventare famosi è stato poi Simone Cristicchi che con loro ha dato vita anche all’applaudito tour “Canti di miniere, d’amor, vino e anarchia” passato sui palcoscenici più importanti della penisola fino ad arrivare a Parla con Me e a Scalo 76 su Rai2. Mancava però ancora un tassello alla storia del Coro dei Minatori di Santa Fiora, ovvero un disco che raccogliesse e documentasse in qualche modo la loro attività. Il vuoto è stato colmato da Dilli che venghino… album che raccoglie quattordici brani tradizionali della zona di Santa Fiora ed un inedito, nei quali il coro toscano è affiancato da una lunga lista di ospiti. Prodotto da Antonio Pascuzzo e curato negli arrangiamenti dall’eccellente polistrumentista Pericle Odieran, il disco è un raro e prezioso esempio di come una folta schiera di ospiti non sia il classico specchietto per le allodole ma piuttosto contribuisca in modo determinante alla sua riuscita esaltando addirittura lo stesso coro. Ad aprire il disco è la gaita di Hevia, che forte della sua collaborazione con il Coro de Mineros de Turon, accompagna in modo magistrale il Coro in Venite a Santa Fiora, un canto di speranza per quella terra la cui memoria non deve essere dimenticata. Il medley Nostra Patria è Il Mondo Intero/La Puscina ci introduce ad uno dei brani più suggestivi del disco ovvero il canto d’amore La Strada nel Bosco dove gli archi del Solis String Quartet accompagnano il coro. Si passa poi alla canzone di protesta con In Maremma con ospite la voce di Ginevra di Marco, che parte come solista per poi intrecciarsi con le voci del coro in un risultato davvero sorprendente. Il brano inedito Spacco La Roccia, scritta da Antonio Pascuzzo, suonata dai Rossoantico, ed ispirata alle dure condizioni di lavoro dei minatori, è un altro dei momenti cardine del disco con la sua struttura in crescendo e la sua atmosfera sofferta. Il valzer di Oh Mia Cara Mogliettina e il canto a cappella de Il Saracio ci introducono prima alla travolgente Violina con il Quartetto Euphoria a dare man forte al Coro e poi alla dolcissima Serenata con Ambrogio Sparagna in grande evidenza all’organetto. Sul finale arrivano poi Rosina insieme ad Alessandro Mannarino, altra vecchia conoscenza del coro e perfettamente amalgamato con le voci santafioresi, e La sinuosa versione de La Leggera interpretata da Patrizia Laquidara. Ultimo sussulto ad alto tasso etilico è la ben nota versione di Volemo Le Bambole con Simone Cristicchi padrone della scena di questo coinvolgente canto da Osteria. Insomma Dilli Che Venghino è un lavoro prezioso per la particolare caratteristica di coniugare brio e leggerezza con momenti riflessivi e densi di poesia. Un plauso a tutti gli artisti coinvolti nel progetto che sono riusciti a non rubare la scena alle splendide voci toscane del Coro dei Minatori di Santa Fiora, ma anzi hanno contribuito in modo determinante a farle risaltare in tutto il loro fascino caratteristico.
Salvatore Esposito
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Toscana