Bon Iver - Bon Iver (Jagjaguwar )

Il Signor "buon inverno" ci traghetta nella stagione del grande freddo, della poca luce, dell’introspezione, quella dello spleen naturale. Lui e’nato il 30 aprile del 1981, un paio di settimane dopo che il mio io di allora fosse irrimediabilmente trasformato dal concerto di Bruce all’Hallenstadion di Zurigo, l’11 aprile dello stesso anno. Solo il pensarlo fa un poco senso. La musica di Bon Iver è melodiosamente triste e introversa, cristallina nelle sue espressioni, invernale nel sapore, qualche volta leggermente pomposa. Il disco che sto ascoltando oggi è più diretto nelle sue espressioni che il magico esordio di “For Emma, Forever Ago” del 2007, quella specie di concept album, un ciclo di canzoni registrate in seguito a un esilio alla Thoreau in una capanna in seguito a un innamoramento. Emma se ne è andata e Bon Iver se ne è fatto una ragione. Sembra che la musica vada nella direzione di un Peter Gabriel americanizzato; (Gabriel che è sicuramente rimasto colpito da Bon Iver, tanto da registrare “Flume” per il suo inutile tutto sommato progetto di covers di lusso chiamato “Scratch My Back”). L’impressione che un ultrtrentennale ascoltatore di musica come me ricava dall’ascolto di questo disco e’ quella di un lavoro poetico e denso, pieno di melodie cantabili, suoni curati ma non levigati, un bel panorama sonoro tra modernità e classicità con qualche lieve passo falso, quale la cover del pezzo di Bonnie Raitt “I can’t make you love me”, dal fortunatissimo Nick Of Time della mia redhead preferita Bonnie. Quello che mi piace di questa musica, di queste atmosfere e’ la levità, la leggerezza, la possibilità dataci di abituarci agli enigmi vocali senza violenza. Il disco è davvero ben prodotto, non una rivoluzione ma buona musica. No, non è poco. Il problema di fondo è quello che sottintende con pervasività tutta la filosofia degli ultimi anni, il Tempo. Come è possibile dare Tempo a un disco come quello di Bon Iver? C’èra una volta (e non c’è più) un’era nella quale al sabato compravi un long playing e poi arrivavi a casa e , senza la distrazione del computer, lo mettevi sul piatto e lo ascoltavi senza fare altro, inette facebook, niente spesa da fare, niente figli da tener lontani dalla playstation. Qualche volta, visto che avevi investito un discreta sommetta per i tempi magri che si vivevano, davi una seconda possibilità a quell'opera di cartone profumata , quasi volendo convincerti in modo coatto del valore dell’opera. A volte, il tentativo falliva miseramente, altre volte, trionfavi. Sì, trionfavi tu, perché, nascosto tra i solchi del vinile , scoprivi un tesoro. E’ quello che può succedere se darete una seconda o una terza possibilità a Bon Iver. Il cd si dischiuderà come un frutto esotico. Dentro c’è calore e comunicativa, la sensazione di essere un poco meno soli sulla faccia della terra e la speranza di incontrare presto qualcuno a cui piaccia Bon Iver per parlarne. Magari di fronte a un camino acceso mentre fuori nevica e l'idea di Bon Iver sia adeguata. 

Antonio “Rigo” Righetti

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