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Otello Profazio è una delle voci più autorevoli del folk revival italiano, ben noto per essere aver scritto numerosi classici entrati nel repertorio della nuova musica popolare, in particolare della sua discografia è rimasto memorabile il disco L'Italia Cantata dal Sud, che conteneva brani ispirati al repertorio popolare e composizioni originali ispirate da Ignazio Buttitta e ripercorreva le vicende del Risorgimento secondo il sentire del popolo meridionale. A quarant'anni dalla sua pubblicazione, l'attivissima casa editrice romana SquiLibri, ristampa questo pezzo di storia della musica folk italiana unitamente ad un libro che presenta la presentazione originaria di Carlo Levi, con l'aggiunta di preziosi saggi di Domenico Ferraro e Giancarlo Governi, e un apparato fotografico tratto da un periodico di fine ottocento. Questa importante opera di ristampa ci consente di scoprire una vera gemma e di comprenderne passo passo la sua genesi, niente affatto semplice da comprendere se si considera come Profazio sia stato così abile ne mescolare canti di diversa estrazione facendo ricorso a registri espressivi differenti. Torna così alla luce un intreccio di tensioni ed emozioni che ci svela in modo disilluso le vicende storiche che diedero vita all'Unità d'Italia. Comprendiamo così come il cantastorie calabrese alternando intonazioni epiche a squarci di pungente ironia, abbandoni l'epica celebrativa per dare corpo ad una satira disincantata nella quale anche la speranza del cambiamento viene offuscata dalla dura realtà di essere stati conquistati. In particolare ci piace citare Giuseppe Emanuele, nella quale i due eroi dell'Unità della nostra nazione sembrano diventare una sola persona, deforme e scolorita, come l'immagine di un potere oscuro ed oppressivo, ed in questo senso vale la pena sottolineare come Profazio abbia cercato di tracciare un ritratto del popolo meridionale facendo emergere, il suo spirito di lotta per il riscatto anche se non c'è un oggi o non c'è un domani, come diceva Buttitta. Il disco si apre e si chiude con lo stesso stornello nel quale un siciliano si stupisce di essere italiano perchè il suo mondo è rimasto uguale anche dopo la liberazione da parte di Garibaldi. Era cambiato tutto affinchè non cambiasse niente, in ossequio all'uso italiota che da allora lentamente prese corpo sino a diventare quel mostro informe che si aggira tirannico ancora oggi. Sebbene legate ad eventi storici passati lo spirito che anima questi canti, sembra ancora tristemente attuale ed ascoltare canti che raccontano di emigrazione e di mafia lascia non poco l'amaro in bocca considerando che da allora sono trascorsi centocinquanta anni. Il Meridione d'Italia è da allora rimasto immobile, fermo con gli stessi problemi forse aggravati anche dall'incuria di uno stato che ha pensato a crescere come un Leviatano, senza guardare oltre le tende che oscurano le finestre del potere. Assume un valore importante anche la presenza alla fine del disco di due versioni di Parlamento, parlamento, e Guvernu ‘talianu eseguite da Daniele Sepe e l'Art Ensemble of Soccavo, che testimoniano come i canti di Profazio siano diventati la colonna sonora di un film tragico il cui finale sembra già scritto.