L’avventura di Ambrogio Sparagna alla guida dell’Orchestra Popolare Italiana dell’Auditorium Parco della Musica continua con Taranta D’Amore, disco che segue a due anni di distanza La Chiarastella, riuscita raccolta di canti della tradizione natalizia del meridione d’Italia. Sebbene concettualmente molto simile al precedente, questo nuovo disco entra in un vero e proprio campo minato, lo stesso che Sparagna si trovò ad affrontare nelle vesti di Maestro concertatore della Notte della Taranta. Al di là, infatti, dei paragoni che si è voluto cercare con il progetto Transitalia di Maurizio Martinotti, Taranta D’Amore, non è altro che l’evoluzione e la risonanza dell’esperienza di Sparagna in Salento. Il suono della Notte della Taranta è stato per tre anni indissolubilmente caratterizzato dall’apporto del musicista laziale, il quale ha senza dubbio dato un impronta ed un metodo difficilmente eguagliabili all’Orchestra, ma quella contaminazione sonora che caratterizza l’unicità del concertone si era andata lentamente affievolendo. E ‘chiaro, dunque, che se la sua esperienza alla guida dell’Orchestra sul palco di Melpignano non si fosse bruscamente interrotta dopo tre anni, due eccellenti dischi e un misto di polemiche e soddisfazioni come strascico, è probabile che invece di parlare di Taranta D’Amore, staremmo qui a parlare del terzo o quarto disco che documentava la Notte della Taranta. Non è casuale, infatti, che almeno la metà del repertorio preso in esame provenga dai brani arrangiati in quegl’anni e per altro già pubblicati nei già citati dischi incisi dal vivo nella piazza di Melpignano (Le). Sebbene Sparagna sia un musicista, un ricercatore e un interprete sopraffino della musica di riproposta, il suo approccio spesso entra in contrasto con i puristi ed è fisiologico che insieme alle lodi arrivino anche le critiche. Proprio le critiche che furono mosse soprattutto all’ultima edizione della Notte della Taranta da lui diretta, possono calzare a pennello anche a questo disco, che parte dal nobile intento di cercare un comune denominatore tra il coacervo di tradizioni musicali del Sud Italia e finisce per presentare un suono sin troppo stratificato e monolitico, che cancella in gran parte le sfumature che differenziano ad esempio la pizzica salentina dal saltarello laziale. Insomma, ci risiamo. Anche questa volta, infatti, non mancheranno lodi, critiche e sottolineature con la penna rossa. L’ascolto è senza dubbio piacevole e sarebbe un eresia dire che Taranta D’Amore è un brutto disco, ma passare da una vibrante resa di Suspiri De Core cantata magistralmente da Mario Incudine ad un brano originale come Libera Nos A Malo, scritta dallo stesso Sparagna e non avvertire grosse differenze dal punto di vista sonoro, trasmette una sensazione strana, quasi si cercasse forzatamente di canonizzare la Taranta come linguaggio musicale unico per il Sud Italia. Certo il disco presenta momenti di eccellenza, spesso coincidenti con le performance vocali della talentuosa Alessia Tondo, il cui merito della sua scoperta come voce va tutto a Sparagna, e che brilla i Ilie-Mu, Santu Paulo delle Tarante e Sia Benedetto Ci Fice Lu Mundu, ma spiacciono anche il tradizionale siciliano Cuntu cantata da Mario Incudine e la travolgente Pizzica di San Vito guidata dalla voce e dal mandolino di Mimmo Epifani. Taranta D’Amore con tutti i suoi limiti, è comunque un disco che merita rispetto, non fosse altro che per il lavoro di rielaborazione svolto da Sparagna e per la qualità dei musicisti che raccoglie l’Orchestra Popolare Italiana, realtà unica e preziosa per la musica popolare italiana.
Salvatore Esposito