“Ladies and Gentlemen, from East L.A., Los Lobos”, nessuna presentazione sarebbe stata più giusta per la band che meglio incarna lo spirito del quartiere ispanico della città degli angeli. Nati come una wedding band e successivamente esplosi nel firmamento rock come eclettici e versatili interpreti della tradizione ispanico-americana, i Los Lobos, negli ultimi anni si sono consacrati non solo come il caleidoscopio di colori musicali più affascinanti d’America ma anche come gruppo in grado di sperimentare tanto con le semplici canzoncine della Disney quanto con quelle dei grandi cantautori. Musicisti di razza, gente senza la puzza sotto al naso, che non si fa scrupoli nel suonare in condizioni precarie, con strumenti presi e montati alla meno peggio qualche minuto prima del concerto, e soprattutto con quei pochi mezzi a disposizione riesce a regalare al suo pubblico un concerto indimenticabile. E’ successo tutto questo e anche di più, nella calda serata romana del 3 luglio 2010, nella splendida cornice della Cavea del Parco della Musica.
Hidalgo, Rosas, Perez, Lozano e Berlin sul palco dimostrano ampiamente che per loro l’età non conta affatto, e non importa se i loro strumenti siano fermi in qualche aeroporto del mondo, a loro interessa solo fare musica e con essa far divertire il loro pubblico, che sebbene non numerosissimo, affettuosamente si lascia coinvolgere.Si parte subito con l’acceleratore schiacciato al massimo con la potente dose di rock ‘n’ roll che viene da una serie di brani tratti dal loro repertorio della fine degli anni ottanta come How Will The Wolf Survive e una splendida Just A Man in cui Hildalgo da prova di avere una sorprendente attitudine blues. Non mancano qualche sguardo al passato con vari accenni al folk del Barrio con una travolgente Chuco’s Cumbia e l’emozionante Volver Volver, e qualche ammiccamento al periodo sperimentale di Kiko And The Lavender Moon. Hidalgo e Rosas, sul palco la fanno da padroni, coinvolgendo il pubblico e chiedendo spesso che brano abbia voglia di ascoltare, ma ciò che veramente ha sorpreso è stato l’accenno a
Volare di Domenico Modugno, un affettuosissimo tributo alla nostra tradizione musicale dal grande significato. Non ci sorprende dunque, vederli rinunciare alle canzocine della Disney che questo inverno ci avevano fatto riscoprire colorandole di rock, folk e blues, in favore della loro super hits di sempre, La Bamba, dalla colonna sonora del film omonimo dedicato a Richie Valens o della title track del loro disco più bello La Pistola Y El Corazon. I Los Lobos sul palco sono una schiacciasassi rock e non curanti, dei cavi delle chitarre aggrovigliati, di un Berlin che armeggia tutto il concerto con gli effetti della tastiera che non ne vogliono sapere funzionare, e di un servizio d’ordine che priva il pubblico della gioia di ballare sul palco con i lupi, danno prova (ma ce n’era bisogno) di essere una band unica nel panorama americano. La band di East L.A. ci hanno sorpreso sul palco, e continueranno a farlo anche durante questa estate con il loro nuovo album, Tin Can Trust, nel quale al fianco di brani nuovi di zecca ci sarà una cover di West L.A. Fadeaway dei Grateful Dead. Insomma i Los Lobos, come è scritto nei loro dischi, sono ancora loro, immutabili, con la stessa voglia di fare musica, di divertirsi e di divertire e non importa se a Roma ad accoglierli hanno trovato solo trecento spettatori, per loro conta solo la musica e il divertimento.
Salvatore Esposito
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