Intervista a Luca Ciarla


Ho conosciuto Luca Ciarla una decina d’anni fa nel corso della raccolta di materiali per l’antologia Tribù Italiche Molise, ideata per la rivista World Music Magazine dal vulcanico quanto geniale Pietro Carfì. È stata un’entusiasmante avventura di ricerca ma anche di scoperta di patrimoni sonori unici della Penisola, nonché di artisti spesso sconosciuti sebbene di superba levatura. Quando lo incontrammo in un’indimenticabile serata live per la presentazione del disco molisano, ospiti della cittadina di Macchiagodena (IS), di lui ci colpirono non soltanto la statura musicale ma anche il garbo e la mitezza. Con la pubblicazione di Fiddler in the Loop, album che testimonia la non convenzionalità del linguaggio espressivo, ma anche la qualità tecnica dell’artista, l’occasione è ghiotta per avvicinarci ad un musicista che seppure non specificamente folk o world, merita di essere apprezzato da chi ha orecchie attente ma soprattutto aperte. Volendo rinchiuderlo in un’etichetta lo si potrebbe definire musicista jazz, ma la sua composita formazione musicale e soprattutto il non riconoscersi nel mainstream jazz, lo rendono decisamente – e per fortuna – poco classificabile. Tra i suoi maestri imprescindibili indica Bach, Michel Petrucciani, Keith Jarrett e Fred Hersch, senza tralasciare l’amore per le tradizioni musicali indiana ed ungherese. Numerose e rilevanti le sue collaborazioni, tra cui ricordiamo quelle con Daniele Sepe, Greg Cohen, Danilo Rea, Sergio Cammariere, Mimmo Locasciulli e Fabrizio Bosso. Nato nel 1970 a Termoli, bella marina molisana, Ciarla ha iniziato a suonare il violino e il pianoforte a otto anni. “A dodici anni ho cominciato ad esplorare il jazz e l’improvvisazione e successivamente anche alcune tradizioni etniche e popolari!”, esordisce Ciarla. “Mi sono diplomato in violino, ho studiato presso la Scuola di Musica di Fiesole, quella di Saluzzo e poi in America. Il perfezionamento negli Stati Uniti è stato fondamentale: ho seguito un master all’Indiana University e ho avuto la possibilità di studiare con David Baker, uno dei più grandi insegnanti di jazz al mondo, e di vedere da vicino gente come Bobby McFerrin, Joshua Bell o il Turtle Island Quartet. Successivamente, ho conseguito un dottorato all’università dell’Arizona dove ho insegnato violino e improvvisazione per alcuni anni. La differenza sostanziale tra la nostra società e quella americana giace quasi tutta sul concetto sacrosanto di meritocrazia. Da noi fondamentalmente non c’è e questo porta ad uno sviluppo della società fragile e confuso. In Italia chi dedica una vita ad una disciplina e raggiunge grandi obbiettivi viene spesso ostacolato; negli Stati Uniti invece è considerato, giustamente, un valore sul quale investire”. Del suo soggiorno americano, ricordiamo anche il riconoscimento ricevuto nel 1999 dalla newyorkese Chamber Music America. Per comprendere la cifra stilistica del termolese, ascoltate il suo quarto disco registrato nel 2004 ed intitolato Il Vento dei Saraceni. Ciarla suona in quartetto con Luciano Biondini alla fisarmonica, Marco Siniscalco al basso e Antonio Franciosa alle percussioni. L’album è in equilibrio tra scrittura ed improvvisazione, tradizione e contemporaneità, con brani squisiti come Bach Tarantolato o Un Bolero da Balera. Per il disco della serie Tribù Italiche, invece, scegliemmo la sua rilettura di un tema tradizionale termolese, Sebastiano da lontano, in origine un canto di questua, reso come una ballad, attorno al cui nucleo melodico l’artista ricama spunti improvvisativi. Qual è il rapporto di Ciarla con la tradizione musicale molisana? “Il Molise è una terra piccola ma solo nelle dimensioni. In realtà, è ricca di tradizioni e culture popolari di grande fascino che solo da pochi anni iniziano ad ottenere lo spazio che meritano. Sicuramente c’è ancora tanto da fare, soprattutto nella divulgazione a livello internazionale e nella rivisitazione moderna dei brani tradizionali”. Oltre all’esperienza negli States, nella seconda parte degli anni Novanta del secolo scorso, un’altra fase cruciale per Luca è stata la permanenza di due anni e mezzo ad Hong Kong. In seguito, la decisione di tornare in Italia, determinato a costruire qualcosa nel suo luogo di nascita. “Nel 2001, quando vivevo ad Hong Kong, fondai la Violipiano Arts, una casa di produzione artistica che nel 2003, dopo il mio ritorno in Italia, è diventata anche edizioni musicali, etichetta discografica, agenzia artistica e di eventi. La Violipiano Arts è ormai un’impresa culturale a 360 gradi con la quale realizziamo produzioni straorinarie, come il Festival Internazionale “Due Sponde, un Mare”, incentrato sul concetto di ‘cultura adriatica’, una mia vecchia passione” (info www.duesponde-unmare.net, ndr). Lo scorso anno è uscito Fiddler in the Loop (distribuito da Egea), 43 minuti che scorrono che è un piacere, divisi in nove composizioni strumentali che convogliano moduli jazz, impronta classica, echi popolari, sprazzi di minimalismo. Spiccano la rilettura dell’indimenticabile Lucignolo, composto da Fiorenzo Carpi per Il Pinocchio di Comencini, il lirismo raffinato di Perpetuum Nobile, la sempre necessaria Bella Ciao, proposta in chiave folk-jazz, che gioca sul dialogo tra il violino di Ciarla e la chitarra di Luigi Tessarollo, A Pazzeia, di impronta manouche, prima di approdare all’accattivante title-track. “È un disco nato quasi per caso” – spiega Ciarla – “ Mi prestarono una loop machine e fu amore a prima vista. La possibilità di orchestrare un brano da solo, anche dal vivo, mi stregò e iniziai subito ad arrangiare i miei brani con la loop e, successivamente, a scrivere proprio per violino e loop machine. Così sono venuti fuori brani come Keziat o arrangiamenti come quello del tema di Lucignolo, che non avrei mai potuto immaginare fino a qualche anno fa. Sono nato come musicista prevalentemente acustico. L’utilizzo della tecnologia, come appunto una loop machine o alcuni effetti digitali presenti nei miei ultimi dischi, è sempre molto soft e integrato in un contesto acustico nel quale mi sento più a mio agio, forse perché amo particolarmente il suono naturale del violino. Per il disco poi ho chiamato tre ospiti d’eccezione, Luigi Tessarollo, Ferruccio Spinetti e Gregg Koyle e ho chiesto all’artista Keziat di realizzare un storia a fumetti che abbiamo inserito nel libretto”. L’animazione ritorna anche negli spettacoli che il compositore molisano propone. “Partendo dal fumetto del disco, Keziat ha realizzato una specie di ‘colonna visiva’ del concerto, trasformando Fiddler in the Loop in uno spettacolo vero e proprio, con animazioni video che interagiscono con le mie composizioni”. Che altri progetti Ciarla porta in giro? “Presento anche un altro programma con la loop, La Musique Double, nel quale suono violino, pianoforte e vari effetti sonori. Poi c’è il trio con Luigi Tessarollo alla chitarra e Marco Siniscalco, e il quartetto protagonista de Il Vento dei Saraceni”.



Ciro De Rosa
Nuova Vecchia