Pianista, compositore e didatta bresciano, Oscar Del Barba, vanta una solida formazione accademica, a cui è seguito un articolato percorso artistico che lo ha condotto ad attraversare generi musicali differenti dal jazz al pop, passando per la musica classica e quella world. Il suo nuovo album “Double Time” raccoglie nove brani registrati in due momenti diversi della sua vita musicale, mettendo in luce, come sottolinea il pianista bresciano, “due importanti aspetti della visione musicale di un jazzista: l’aspetto improvvisativo e quello legato alla composizione che spesso si intrecciano e convivono non sempre in maniera “pacifica”. Intendo che le due cose, dentro di me, hanno sempre un po’ combattuto ma, alla fine, l’una non può esistere senza l’altra”. Non casuale in questo senso è il titolo del disco che riflette il suo concetto di tempo come misura musicale e concetto esistenziale, ma anche come metafora di un’alterità interna, di un io sdoppiato che vive tanto nell’interpretazione, quanto nella composizione. Il pianista bresciano esplora questa dimensione attraverso un progetto concepito in due sezioni ben distinte. Le prime cinque tracce, registrate nel novembre del 2018 allo Studio Zanta di Camponogara, lo vedono calarsi nei panni dell’interprete, impegnato in una rilettura personale di alcuni grandi classici del jazz. Le ultime quattro, incise nell’aprile del 2012 al Teatro delle Ali di Breno, lo vedono nella veste di compositore, alle prese con due brani originali e due improvvisazioni estemporanee. L’ascolto mette in luce la cura riservata alle registrazioni, effettuate in modalità 88.2kHz/24bit, con una ripresa nitida e immersiva che esalta il suono del pianoforte Steinway & Sons D274 Concert Grandpiano, valorizzandone ogni sfumatura timbrica e dinamica. Nella prima parte, a spiccare è l’approccio stilistico di Del Barba che, ben lungi da ogni rilettura calligrafica, affronta ogni brano decostruendolo e ricomponendolo attraverso la propria sensibilità. Il timbro è scuro e vellutato, sia nel registro basso, sia in quelli medio-grave e acuto ad imprimere al tutto un’atmosfera intensa e riflessiva. Ad aprire il disco è l’elegante resa di “All the Things You Are”, firmata da Jerome Kern e Oscar Hammerstein II e portata al successo da Frank Sinatra ed Ella Fitzgerald e in versione strumentale da Bill Evans e Pat Metheny. Si prosegue con la visionaria “Skippy” di Thelonious Monk, che il pianista bresciano riporta all’essenza esaltandone l’ordito originale, evocandone al pianoforte tutte le diverse voci melodiche. Il grande classico “Stella by starlight” di Victor Young ha uno sviluppo intimistico con la struttura timbrica che prende forma pian piano, rendendo più articolata e complessa la linea melodica. Se in “Our Spanish Love Song” di Charlie Haden, Del Barba lavora per sottrazione ponendo l’accento sulla tessitura lirica del brano, nella successiva “Heaven” di Duke Ellington ne decompone la melodia in piccole cellule sonore che la rendono quasi rarefatta nel suo svolgimento. La seconda parte documenta il processo creativo del pianista bresciano, ma anche la sua capacità di improvvisativa, il tutto impreziosito da un suono più brillante e reattivo ad enfatizzare l’originalità dell’approccio ai timbri e alle melodie. Immergendosi nell’ascolto di questo secondo segmento si viene letteralmente avvolti da un flusso sonoro che ci consegna in sequenza “Instante immenso”, “Rhapsodyando, improvvisazione 2”, “Elegia” e “Skyline, improvvisazione 1” che svelano la capacità di Del Barba di creare melodie su cui si ergono architetture musicali ora ardite e libere, ora più organiche e cantabili. Insomma “Double Time” non è un semplice album ma piuttosto un manifesto artistico, una riflessione profonda sulla propria identità artistica e sulla tensione tra l’io creativo e quello interpretativo. Un disco da ascoltare con attenzione, perché in ogni nota si nasconde un riflesso dell’artista e del suo doppio.
Salvatore Esposito
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