Pascuala Ilabaca – El mito de la pérgola (Petit Indie, 2018)

Cantautrice, multistrumentista e compositrice, Pascuala Ilabaca è attiva sulla scena cilena dal 2008 e con il suo ultimo disco festeggia dieci anni di carriera. Al suo nome sono associate composizioni per pianoforte e voce, pianoforte e tabla indù come anche brani pensati per un’atmosfera incentrata sul suono della fisarmonica. Oltre ad avere diversi progetti da solista, la musicista fa anche parte da molti anni dei “Fauna”, con i quali ha avuto la possibilità di approfondire e spaziare nei repertori musicali più vari. Pascuala Ilabaca cresce e studia a Valparaiso, città del Cile caratterizzata da un grande incrocio di culture; nonostante questo, il suo esordio lo ricordiamo per un omaggio a Violeta Parra, suo maggiore riferimento artistico in quel periodo. Si trattava di un lavoro, quello, che puntava sulla semplicità dei suoni e delle emozioni ricordando l’icona cilena con rispetto quasi devozionale. Il suo percorso l’ha vista attraversare ritmi sempre diversi, dal jazz al drum&bass, dalla musica africana a quella indù fino ad arrivare al rock progressivo. Erano nel frattempo passati tre anni dall’ultimo album di “Ilabaca y Fauna” che con “El mito de la pérgola” tornano quest’anno con un tour lungo 2.700 chilometri, come l’intero territorio cileno. Il nuovo lavoro è per larga parte ispirato alla personale esperienza di Pascuala come membro del “Movimento dei cittadini di Valparaiso” e per questa ragione l’idea principale sottesa al disco è quella di riportare la musica nelle strade. Non è un caso, infatti, se il titolo dell’album si riferisce al mito della “pérgola” che invita a credere che le persone e l’arte possano essere ancora una volta il nucleo della nostra vita nella società. Il mito del pergolato racconta che esiste un palcoscenico abbandonato, la “pérgola”, che attende di essere riempito dalla gente e dalla sua musica. E’ un viaggio tra folclore andino e fusion jazz con tocchi anche pop e temi che rendono omaggio alle tradizioni e alle icone dell’America Latina. In un’intervista per una rivista musicale cilena, Pascuala Ilabaca si dichiara felice di ciò che ha realizzato con il suo sesto album perché prima di oggi non aveva mai utilizzato il suono del tradizionale organo cileno oltre al chinchin, al cuarto, all’arpa e al charango che sono tra i principali strumenti che caratterizzano il folklore della sua cultura. L’intento della musicista è quello di salvaguardare il patrimonio musicale più antico essendo ben conscia che la cultura andina, musicale e non, è ricca di sincretismo e sopravvive mutando continuamente e intrecciando caratteri di contesti spesso molto lontani fra loro. Pur essendo un lavoro molto fresco, i Fauna e Ilabaca hanno trovato ispirazione dalla musica di strada; quella delle feste, quella dei porti e soprattutto da quel repertorio musicale legato al ballo che dalla “cueca” al “huayno”, per esempio, ha poi creato altri generi e sottogeneri. Ilabaca in molte occasioni ammette di sentire nostalgia di un periodo storico da lei purtroppo non vissuto; sono gli anni Trenta a mancarle, anni di musica intensa perché ricca sia di suoni che di contenuto. Come donna che crede si possa comunicare con l’arte e dar voce al femminile, osteggiato da un intramontabile machismo, la cantautrice rimarca la necessità di contenuti. È singolare osservare che nella band Pascuala sia l’unica donna ma, come lei stessa ha ricordato più volte, in Cile la musica sembra essere ancora appannaggio maschile; è per questa ragione che in molti suoi show c’è una nutrita presenza femminile tra performer, scenografe e addette alla produzione che dà quel senso di completezza. 


Viviana Berardi

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