Enkel - We are Enkel (Nordic Notes, 2018)

Dopo l’esordio con “Pappilan Hääyö” - premiato come Finnish world music album of the year 2016 - il quartetto femminile Enkel si lancia nella seconda prova con questo ottimo e fascinoso “We are Enkel”. L’album ripercorre alcune melodie tradizionali finlandesi, riconsiderate nel quadro di una formazione semplice ma molto efficace, composta da due melodeon, un kantele, una viola e quattro voci sinuose e incisive. La sensazione generale è che il quartetto, formatosi nel 2013 (e quindi relativamente giovane), abbia le idee molto chiare su come interpretare le tradizioni espressive del proprio paese e, soprattutto, su come ampliarne lo spettro. Il loro approccio è molto dinamico e, sebbene poggi su pochi elementi, non risulta mai definitivamente scarno, ma anzi coerentemente essenziale. In questo modo tutte le melodie riescono a inserirsi in uno spazio necessario alla comprensione, sviluppando compiutamente tutti gli elementi di cui si compongono. La musica si configura in modo semplice e determinato. L’elemento che più ne contraddistingue lo stile è probabilmente il timbro, inevitabilmente legato a una strumentazione che è, allo stesso tempo, tradizionale, moderna, assolutamente acustica. In questo quadro il quartetto riesce a imprimere a ognuno dei dieci brani che compongono l’album un sostegno che allontana di molto le esecuzioni dallo spettro del revival, sospingendone anzi i riflessi in uno spazio che non si fa fatica a riconoscere come contemporaneo. Se infatti l’andamento dell’album abbraccia l’ascoltatore in un’atmosfera sognante e vagamente inafferrabile, la leggerezza delle voci e la loro sincronizzazione perfetta, riescono a conferire una concretezza palpabile ai brani, definendone così un profilo più realistico. Questo procedimento - che emerge come un segnale chiaro della bravura e della coerenza del quartetto - appare evidente anche nei brani più sfumati, nei quali le melodie sembrano voler suggerire una prospettiva straniante e impalpabile. Ne è un esempio “Tuu Illalla”, uno dei brani più belli in scaletta, nel quale le voci procedono cadenzate sopra poche note pizzicate che sembrano zampilli di acqua gelida. Le melodie vocali addolciscono con forza il suono delle parole, producendo una divergenza piacevole attraverso il canto sussurrato e l’incedere ritmato delle voci. Ci accorgiamo della loro forza al primo inserto musicale, in cui il melodeon prende brevemente la scena, sospendendo questa specie di carillon che, di qui a breve, ritorna più compatto e deciso. Il brano che segue, “Merimiehen Muija”, già nell’incipit più incisivo, grazie alle poche note strisciate e profonde della viola, lascia spazio a un’interpretazione vocale molto diversa da quella precedente. Qui la polifonia si fa molto più complessa e procede per fasi che si alternano con interpretazioni monodiche e frasi musicali (sempre di viola) che si fanno gradualmente più complesse. Soprattutto nella prima parte del brano, le voci riescono a tratteggiare un orizzonte completamente nuovo: sovrapposizione di melodie differenti che confluiscono in unisoni delicati e perfettamente sincronizzati su altezze bellissime, tratti polivocali determinati e densi, che a loro volta confluiscono in un finale in crescendo in cui gli strumenti emergono per la prima volta decisi, come in un’esplosione di suoni unisoni e calibrati. Insomma c’è tanto da ascoltare, soprattutto nella prospettiva di comprendere una vocalità che si configura in modo sempre originale e articolato. Basta andare un pò più avanti nella scaletta e lasciarsi attraversare dalle ondulazioni di “Siskoille 1925”, in cui la struttura ritmica e l’incedere apparentemente impacciato disegnano un andamento molto originale. In questo caso il quartetto propone un’alternanza netta tra la monodia e la polivocalità, a cui accosta un arrangiamento musicale più pieno e marcato, sia sul piano armonico che ritmico. Il brano si chiude in un finale costruito sulla sovrapposizione di tutti gli elementi di cui dispone il quartetto, quasi a rappresentare la via percorsa da queste “unique and folky ladies”, che gridano come un motto: “traditional forever”. 


Daniele Cestellini

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