Enza Pagliara/Dario Muci – Marea (Nauna Cantieri Musicali, 2018)

#BF-CHOICE 

Voci tra le più apprezzate della scena musicale salentina e da lungo tempo impegnati in rigorosi percorsi di ricerca sul campo, Dario Muci ed Enza Pagliara, dopo aver condiviso il palco in diversi progetti artistici, hanno unito le forze per dare vita a “Marea”, opera prima in duo che ha preso vita dall’esigenza di rileggere canti dimenticati della tradizione musicale del Tacco d’Italia, raccolti dalla viva voce dei cantori del Sale. Voci, tamburi a cornice e strumenti acustici intrecciano presente e passato, riproposta e tradizione in movimento, facendo brillare struggenti canti d’amore, canti di lavoro e travolgenti pizziche pizziche. Un affresco sonoro dai tratti evocativi in cui si mescolano incanti e chiaroscuri, donando nuova vita ad un corpus di canti e musiche per lungo tempo finite nell’oblio. Abbiamo intervistato Enza Pagliara e Dario Muci per farci raccontare la genesi di questo disco che tiene a battesimo la nuova etichetta Nauna Cantieri Musicali.

Il vostro sodalizio artistico ha radici lontane nel tempo, avendo spesso diviso il palco e collaborato in progetti discografici. In particolare, negli ultimi, anni avete dato vita ad alcuni progetti in duo come “Pasionaria” dedicato ai canti di protesta. Cosa vi accomuna nella visione della musica tradizionale salentina e, laddove ci siano, quali sono gli aspetti che vi uniscono nella diversità?
Enza Pagliara - Parallelamente al repertorio di protesta di Pasionaria abbiamo da subito pensato ad un progetto sulla musica della nostra terra. Entrambi avevamo l’esigenza di esaltare la caratteristica principale della musica tradizionale salentina, ossia la polifonia vocale e abbiamo elaborato un repertorio cucito sulle nostre voci. Per il resto ci accomuna l’ascolto, la passione per la ricerca e il piacere del canto.

Cosa vi ha spinto a dare vita a questo nuovo progetto in duo?
Dario Muci - La voglia di ritornare alle radici, all’essenza della musica(tradizionale), che essendo musica che nasce dal corpo si serve del corpo stesso come strumento musicale.  Eravamo in Corsica per partecipare ad un importante festival sulla polifonia ed un amico stimabile e grande uomo di cultura, Toni Casalonga, ci faceva notare di quant’è bello trovarsi in un posto del mondo e ascoltare la musica che li si è sempre suonata. In effetti, come diceva Platone, se vuoi conoscere la cultura di un popolo ascolta la sua musica. Sono dei pensieri semplici che automaticamente ci riportano ai canti a due voci, alle pizziche con tamburo, cupa cupa e mani, alle preghiere contro i temporali; pensieri che ci riportano, ancora oggi, in un passato lontano.

Questo album nasce in concomitanza con il battesimo di una nuova realtà: l’associazione di promozione sociale Nauna Cantieri Musicali che si propone di esplorare sentieri poco battuti della tradizione salentina con la pubblicazione di libri e dischi. 
Ci potete raccontare di questa nuova esperienza come discografici ed editori?
Enza Pagliara - Siamo ancora agli inizi, c’è ancora molto da fare. Individualmente ed insieme, negli anni, abbiamo documentato il territorio raccogliendo testimonianze utili alla descrizione del panorama sonoro attuale. Oggi ci siamo ritrovati tanto materiale tra interviste, canti, musiche, tesi di laurea, filmati, documentari, immagini inedite. Da qui viene l’idea di creare un’etichetta:  “Nauna Cantieri Musicali”, nata all’interno dell’omonima associazione culturale, con il fine di pubblicare sia documenti etnomusicali e vocali raccolti nell’area salentina, sia opere di riproposta. Le pubblicazioni al momento sono due: “Marea” e il secondo vol. dedicato alle Sorelle Gaballo “I canti narrativi a Nardò” con l’introduzione del professore Eugenio Imbriani dell’Università di Lecce.

Rispetto alla vulgata musicale salentina, “Marea” presenta brani meno noti e si muove attraverso direzioni e repertori differenti. Quali sono state le coordinate che avete seguito per la scelta dei brani da rielaborare?
Dario Muci - Si canta l’amore in generale, per una terra, per una persona o per un bambino da cullare. Infine si prega per allontanare i temporali che attualmente, per noi salentini, sono i demoni che stanno avvelenando la nostra terra.

Come si è indirizzato il lavoro in fase di arrangiamento dei brani?
Enza Pagliara - Ci siamo affidati alla sensibilità di Antonio Calsoalro in “Donna ci stai”, di Marco Bardoscia in “Carciri” e Alessandro Monteduro in “Canto alla spiga”. Per il resto, i brani sono stati rielaborati secondo la nostra esperienza e il nostro gusto personale, che attinge alla tradizione popolare.

Quanto sono stati importanti gli strumentisti che hanno collaborato al disco nell’arricchire il suono dei vari brani?
Dario Muci - Moltissimo, fondamentali direi. I musicisti che hanno collaborato con noi in questo progetto sono artisti che ci hanno sempre affascinato per la loro bravura e averli ospiti nel nostro disco è stata per noi una grande piacere. Da Marco Bardoscia a Michele Bianco, dall’oboista Giuseppe Contaldi ad Alessandro Monteduro, Giorgia Santoro, Vincenzo Grasso, Giuseppe Contaldo, Gianni Epifani , Leonardo Cordella, Francesco “Puddhascia” De Donatis, Massimiliano De Marco. 

Dal punto di vista vocale come avete lavorato nel dialogo tra le due voci?
Enza Paglaira - A parte alcuni brani per voce singola come “Sonnu Sonnu”, “Carciri”, “Me minu” e “Carudeddha”, abbiamo mantenuto  l’armonizzazione tipica della nostra cultura musicale. Ad eccezione del “Canto alla spiga” e la “Pizzica di Cordella” nei quali ci siamo lasciati guidare dal piacere di spingerci oltre i canoni.

Rispetto ai vostri dischi precedenti, qual è la particolarità e l’unicità di “Marea”?
Dario Muci - Si parte dalle voci, alla ricerca di un’armonia, che ci porta a condividere il canto con i Maestri della tradizione, veri e propri sciamani che abbiamo avuto la fortuna e il piacere di conoscere. In questo lavoro ad esempio c’è il patriarca della pizzica di Copertino Angelo Cordella, 90 anni, e suo nipote Leonardo. Sempre di Copertino, Lilli Maiolo e poi da Alessano, il maestro Calsolaro e infine l’armonica a bocca di Umberto Panico.  Nel disco sono inoltre presenti frammenti di registrazioni sul campo, dei nostri archivi personali, voci di donne e di uomini che raccontano dell’ incanto dell’ amore, ci prendono per mano e ci fanno affacciare in mondi sonori lontani. 

Tra i brani più belli ed intensi di “Marea” c’è “Donna ci stai”, quali le particolarità di questa versione?
Enza Pagliarac- Siamo legatissimi all’originale, d’altronde chi non lo è. Donna ci stai, eseguita da Rocco Gaetani, informatore nella raccolta dell'Albatros, è senza ombra di dubbio, uno dei brani più belli della tradizione salentina . Il canto, che in origine è a una sola voce, qui, nell’arrangiamento di Antonio Calsolaro, si presenta per chitarra classica e le nostre voci, preceduto dai versi d’amore di Rosa Arcuti di Patù.

“Carciri” apre uno spaccato sulle condizioni dei carcerati…
Dario Muci - “Carciri”, insieme ad altri canti come: “Aprite le Porte”, “Su ‘rivatu a San Frangiscu”, stornello del carcerato e altri ancora, fanno parte del corpus dei “canti di carcere”. Sono questi dei canti che hanno avuto come via di diffusione il carcere stesso, nel quale venivano trasmessi anche  i codici della danza dei coltelli.  Come racconta lo stesso Gramsci in Lettere dal carcere,  “… Pugliesi, calabresi e siciliani svolgono un'accademia di scherma del coltello secondo le regole dei 4 stati della malavita meridionale (lo Stato Siciliano, lo Stato Calabrese, lo Stato Pugliese, lo Stato Napoletano): Siciliani contro Pugliesi, Pugliesic ontro Calabresi. 
Non si fa la gara tra Siciliani e Calabresi, perché tra i due Stati gli odii sono fortissimi e anche l'accademia diventa seria e cruenta. I Pugliesi sono i maestri di tutti: accoltellatori insuperabili, con una tecnica piena di segreti e micidialissima, sviluppata secondo e per superare tutte le altre tecniche. 

Nel disco è presente anche un raro “Canto alla Spiga”…
Enza Pagliara - Il “Canto alla spiga” viene dal repertorio delle Sorelle Gaballo, brano che si trova nel primo cd registrato a Nardò nel 2007. La storia ci insegna che le terribili condizioni a cui erano sottoposti i braccianti sono sempre state motivo di rivolte, scioperi quasi sempre sfociati nella violenza più assurda. Ricordiamo l’eccidio di Parabita del 1920, dove morirono sette contadini per mano dello Stato, oppure nel 1957 con la Guerra del Vino nel Nord Salento dove persero la vita altri braccianti che manifestavano, e poi Tricase, l’Arneo fino ad arrivare a Mohammed e tutti i braccianti irregolari, assoldati dai proprietari terrieri per la raccolta dei pomodori e di angurie a Nardo. Tornando al brano, è un canto di mietitura e nello stesso tempo racconta di raccoglitori di grano che pur trovandosi in zone acquitrinose e paludose, morivano dalla sete mentre lavoravano.

Tra i brani più poetici del disco c’è “Luce de l’occhi” che proponete per due voce e chitarra. Un esempio di come la musica salentina sia anche lirismo e non solo pizzica pizzica...
Dario Muci - “Luce de l’occhi” è un brano che dal punto di vista del testo  prende spunto da frammenti di poesia popolare che abbiamo integrato con versi di nostra composizione e ai quali abbiamo aggiunto una  linea melodica originale. Le voci, in questo brano, non sono spinte come accade nel tipico canto contadino, ma risentono probabilmente dello spazio sonoro nel quale il brano ha preso vita. Due anni fa eravamo in tournée in Olanda e la sera di ritorno dai concerti, abbiamo lavorato su questo brano. Trovandoci a cantare di notte e per di giunta in hotel, l’unico modo di cantare era quello di farlo sottovoce. 

Parlando di pizzica pizzica, magnifica è “Caruseddha” che apre il disco, ma anche “Pizzica” e la gustosa “Pizzica Cordella”. Quanto c’è ancora da scoprire del ballo salentino? Cosa non è stato detto o cosa non si dice abbastanza?
Enza Pagliara - Mentre la riproposta musicale si è avvalsa di numerose pubblicazioni, raccolte di testi e registrazioni audio, per ciò che riguarda la danza, la carenza di documentazione video e la mancanza di una dettagliata descrizione dei comportamenti coreutici, ha portato a una certa confusione e a una nuova forma di danza, la cosiddetta neopizzica. Questa nuova espressione ha cancellato del tutto l’autenticità dei passi tradizionali prendendo spunto da altre danze, da altre culture e dall’effetto boom della televisione.

Concludendo, come porterete in tour il disco? Come si struttureranno i vostri concerti?
Dario Muci - Due saranno le tappe ufficiali con la partecipazione di buona parte dei musicisti che hanno registrato per noi. Ci sarà la prima presentazione il 10 luglio a San Cesario con la collaborazione del quartiere, e di altre associazioni culturali. La seconda presentazione ufficiale verrà fatta nel Castello di Corigliano d’Otranto, anche qui, con la partecipazione dei musicisti che hanno suonato nel progetto. E poi Roma, Arcidosso, Bologna, Torchiarolo, Nardò, Castro, Carpineto Romano, Porto Cesareo, ecc.  Le formazioni variano dal Duo Pagliara Muci a un quintetto con fisarmonica, tamburi e contrabbasso.



Enza Pagliara/Dario Muci – Marea (Nauna Cantieri Musicali, 2018)
“Marea” è un disco speciale per tante ragioni, essendo il primo lavoro della neonata etichetta Nauna Cantieri Musicali, associazione culturale nata con l’intento di pubblicare materiali di ricerca e dischi legati alla tradizione musicale salentina, ma soprattutto perché cristallizza la collaborazione ultradecennale tra Dario Muci ed Enza Pagliara. Insieme, infatti, hanno intrapreso un nuovo percorso volto ad esplorare nuovi sentieri nell’ambito della ricerca e della riproposta della musica popolare della loro terra, partendo non solo dalla ricontestualizzazione dei canti, ma anche da una accurata analisi di testi, tecniche vocali e stili musicali. In questo senso, infatti, dal punto di vista musicale, il duo persegue con successo l’obiettivo di evitare stantie riletture museizzanti, puntando con decisione ad un equilibrio perfetto tra canto, recitativi e musica, il tutto impreziosito da registrazioni sul campo che intercalano i vari brani. Durante l’ascolto, scopriamo le voci di Enza Pagliara e Dario Muci mescolarsi con quelle degli alberi di canto, dando vita ad un incontro tra passato e presente, incorniciato da arrangiamenti misurati ed eleganti che esaltano la potenza espressiva e senza tempo del canto. Il risultato è un ordito sonoro leggero in cui le voci incontrano gli strumenti rivelando spaccati melodici ora semplici, ora più arditi e sorprendenti. Aperto dal ritmo trascinante di “Caruseddha”, magistralmente cantata da Enza Pagliara ed ispirata dalle Pizziche di Muro Leccese e Galtone, il disco trova subito uno dei suoi vertici con la serenata “Donna ci stai” raccolta da Brizio Montinaro e qui cantata a due voci con la chitarra classica di Antonio Calsolaro ad impreziosire il tutto. Il canto di carcere per voce e fiati “Carciri”, dal repertorio di Niceta Petrachi detta la “Simpatichina” rielaborato da Marco Bardoscia, vede Enza Pagliara accompagnata dal Giorgia Santoro al flauto, Vincenzo Grasso al clarinetto, Giuseppe Contaldo all’oboe e Gianni Epifani al clarinettobasso. Pregevoli sono poi i brani originali, “Me Minu” in cui spicca l’arrangiamento per armonica a bocca, tamburo a cornice e cupa cupa, la successiva “Luce de l’occhi” e quel gioiello che è il canto d’amore “Luce de l’occhi” cantata a due voci da Enza Pagliara e Dario Muci. Di grande fascino sono, poi, il canto d’amore “Damme nu ricciu” cantata a tre voci con l’informatrice Lilli Maiolo di Copertino e le percussioni di Alessandro Monteduro, la travolgente “Pizzica” e la ninna nanna “Sonnu Sonnu” introdotta dal frammento “C’è se mangiau la zita” di Annunziata e Paola Stefanelli di Tuglie. Gli “Stornelli Maiolo”, raccolta dagli informatori “li Sciuttulusi”, Annunziata Pagliara e Francesco Miglietta di Torchiarolo e che sfocia nella pizzica Copertinese ci introduce a “Pizzica Cordella” nella quele il duo è affiancato da Angelo e Leonardo Cordella all’organetto e Massimiliano De Marco alla chitarra classica e Francesco “Puddhascia” De Donatis al tamburo a cornice. Le polifonie del canto di mietitura “Canto alla spiga” dal repertorio delle Sorelle Gaballo chiude un lavoro pregevolissimo che, siamo certi rappresenterà un riferimento importante per il futuro.



Salvatore Esposito

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