Rabbia Rosa – Tributo A Rosa Balistreri (Autoprodotto/Materiali Sonori, 2018)

“Quannu iu more/cantati li me' canti/nun li scordati/cantati pi l'antri (quando morirò/cantate i miei canti/non li dimenticate/cantateli per gli altri)”, così cantava Rosa Balisteri nel suo ultimo canto e quell’invito è diventato l’ispirazione alla base di “Rabbia Rosa”, progetto discografico che ha preso vita da un’idea del cantautore fiorentino Fabio Balzano, il quale ha radunato intorno a sé alcuni strumentisti come Riccardo Brizzi (batteria e percussioni), Michele Mingrone (chitarra elettrica) e Gabriele Savarese (violino, chitarra flamenca) per rendere omaggio al repertorio della cantastorie siciliana e depositaria della tradizione musicale isolana. Seguendo il filo narrativo di temi come le contraddizioni sociali, la mafia e la corruzione, le condizioni di vita delle donne, dei contadini e dei carcerati e lo sfruttamento dei lavoratori, il gruppo ha riletto sei brani dal songbook della Balistreri facendoli rivivere in un moderno côté sonoro nel quale si spazia attraverso sonorità differenti dal Mediterraneo ai Balcani, dal rock al folk fino a toccare la roots music, il tutto senza smarrire la matrice popolare. Abbiamo intervistato Fabio Balzano per farci raccontare la genesi di questo progetto che affonda le radici nella storia della sua famiglia.

Partiamo da lontano. La figura di Rosa Balisteri è legata alla storia della tua famiglia…
La mia famiglia ha un legame molto forte con Rosa Balisteri perché era sorella di mia nonna materna. In casa non finivano mai i racconti, gli episodi e le storie legati a questa donna che dalla Sicilia si era trasferita in Toscana per sfuggire alla povertà e alle tante sofferenze che avevano caratterizzato la sua vita. 
Sono cresciuto ascoltando mia madre che cantava brani come “Cu ti lu dissi” e “Mi votu e mi rivotu”, ma il momento preciso in cui cominciai ad interessarmi alla sua figura fu appena dopo la sua morte. Ricordo che ero poco più di un ragazzino quando al telegiornale ascoltammo la notizia della scomparsa di Rosa. La mia famiglia era molto addolorata per questa perdita e questa cosa mi toccò molto. Mi appassionai ai suoi canti che ascoltavo su vecchi vinili trovati in casa di mia nonna e pian piano cominciai anche ad avvicinarmi al mondo della musica e da lì fu breve il passo per l’inizio del mio percorso artistico.

L’idea di rileggere il repertorio di Rosa Balisteri con lo spettacolo “Rabbia Rosa” però è arrivata molto tempo dopo…
Successivamente mi allontanai da quel mondo per avvicinarmi alla musica americana, insomma mi misi a fare altre cose. Nel tempo mi sono reso conto dell’importanza di quella eredità familiare che avevo ricevuto e ho sentito l’esigenza di riscoprirla e di riappropriarmene. Sono tornato ai suoi dischi, poi ho cominciato a cantare i suoi canti e solo col tempo le sono riuscito a trasformarle in qualcosa di più personale. E’ stato importantissimo, direi fondamentale per la mia carriera riscoprire le mie radici siciliane in un momento in cui ero attratto da altre musiche e da artisti molto distanti da questo mondo. Così è nata l’idea di realizzare uno spettacolo che rendesse omaggio alla figura di Rosa Balisteri. L’idea per il titolo la devo in parte a mia madre e mi sembra renda bene l’idea non solo del modo di cantare di Rosa ma anche della voglia di riscatto dell’universo femminile, mai come in questo momento, minato dal dilagare di episodi di violenza e femminicidio.

Quali sono state le difficoltà nell’approcciare questo repertorio?
Agli inizi le difficoltà non sono state poche, soprattutto nell’approccio al dialetto siciliano e in quello prettamente vocale, perché avevo necessità di impostare il modo di cantare in modo diverso da quello che usavo per le mie canzoni.  
Insomma è stato un po’ un tour de force, ma questo mi ha spinto ad uscire dai miei territori musicali e a spingermi oltre, scoprendo aspetti dell’interpretazione che non conoscevo.

In concerto alternate le canzoni con letture e poesie…
L’idea è quella di coinvolgere il pubblico ed avvicinarlo alle canzoni e ai temi trattati. Cerchiamo di preparare chi ci ascolta ai luoghi dove si svolgono le vicende raccontate nei canti. L’inizio è affidato a “Carzari ca si fattu cruci cruci”  che ha una trama sonora più morbida mentre il resto del repertorio ha un tratto più teatrale. In ogni caso il concerto segue traiettorie differenti rispetto ad un disco è per questo che il concept prevede anche letture in particolare di poesie di Ignazio Butitta.

Come hai selezionato i brani da inserire nello spettacolo?
Nella scaletta dello spettacolo ci sono dodici, tredici brani scelti tra i brani meno noti del songbook di Rosa Balisteri come “Mama' chi tempu fa a lu paisi” che lei non ha mai finito ed ha solo accennato dal vivo o “Carzari ca si fattu cruci cruci”  o ancora “Guarda chi vita fa lu zappaturi” di Giuseppe Ganduscio. In parallelo ho cercato di esplorare alcuni temi come i racconti dal carcere, le storie di immigrazione e le condizioni di lavoro. Ci sono anche alcune eccezioni con brani più famosi come “Terra Ca Nu Senti” e “Canto e Cuntu” perché è uno dei canti in cui c’è la mano di Rosa al fianco di quella di Lillo Catania.

Come si è indirizzato il lavoro in fase di arrangiamento dei brani?
Ho cercato di seguire un criterio unico e ben preciso. L’arrangiamento di ogni brano, infatti, riflette dal punto di vista sonoro lo scenario in cui è ambientato il testo come nel caso di “Pirati a Palermu” dove viene evocato il mare, o di “Buttana di to mà” che rimanda alla cella del carcere o ancora l’atmosfera desertica e il caldo del sole in “Guarda chi vita fa lu zappaturi” nella quale si canta delle dure condizioni di lavoro dei contadini in Sicilia. Molto suggestiva è anche la versione che facciamo di “Mama' chi tempu fa a lu paisi” dove l’arrangiamento rimanda alla pioggia che cade e l’atmosfera è scandita dal racconto per esaltare la profondità della parola.

Dall’esperienza del palco è arrivato poi il disco…
Lo spettacolo dal vivo funziona molto bene tanto che ha avuto il patrocinio dell’Istituto Ernesto de Martino, ed è stato naturale cristallizzare il progetto su disco. La base di partenza per il lavoro in studio sono stati i brani sui quali avevo lavorato di più dal punto di vista degli arrangiamenti. La scommessa era quella di mantenere intatta l’atmosfera dei concerti e per questo abbiamo registrato tutto in presa diretta dal vivo in studio, e poi c’era l’esigenza di evitare una copia degli originali ma proseguire la ricerca coniugando la riscoperta della tradizione con l’innovazione di un sound moderno. I canoni della tradizione sono certamente diversi dal nostro approccio nel quale la voce incorniciata dagli arrangiamenti con chitarra, basso e batteria.

La riscoperta del repertorio di Rosa Balisteri ha ispirato anche la creazione di brani originali…
Sono state tante le ispirazioni che ho trovato in questo progetto perché, come dicevo, ho toccato cose che non facevo prima e questo mi ha portato a superare confini che non avrei immaginato di valicare. Ora mi ritrovo con questa marcia in più che mi ha dato nuovi stimoli sia a livello compositivo sia dal punto di vista interpretativo. E’ per questo che il disco si chiude con “Primo viaggio” che è nata durante le sessions di registrazione. 
Questo brano si muove negli schemi della tradizione ma ha un arrangiamento del tutto diverso. 

“Rabbia Rosa” è anche una fortunata rassegna anche questa nata con il patrocinio dell’Istituto Ernesto de Martino…
La rassegna “Rabbia Rosa” di cui curo la direzione artistica è promossa dal Comitato ACSI della provincia di Firenze ed è ospitata nella bella cornice del Dietro Le Quinte di Sieci a Pontassieve (Fi), un posto non molto grande ma dall’acustica eccellente. L’idea guida è da ricercarsi nel titolo che rimanda alla figura di Rosa Balisteri ma anche alle grandi voci della musica tradizionale toscana come Dodi Moscati e Caterina Bueno. Il programma ha preso il via l’8 marzo in concomitanza con la festa della donna, è proseguito il 22 aprile con un nostro concerto insieme a Stefano Gragnani e il 6 maggio con lo splendido spettacolo “Il Canto Segreto degli Alberi” di Francesca Breschi e Ettore Bonafé e si concluderà il 20 maggio con Marco Rovelli che interpreterà il repertorio di Caterina Bueno. 

Concludendo. Quali sono i progetti in cui sei impegnato attualmente e ovviamente quelli futuri...
Le idee sono tante ma per ora l’obiettivo è quello di suonare dal vivo e far conoscere quanto più possibile “Rabbia Rosa”. Parallelamente sto lavorando al mio nuovo album sul quale non voglio ancora svelare nulla.



Rabbia Rosa – Tributo A Rosa Balistreri (Autoprodotto/Materiali Sonori, 2018)
Frutto di un intenso lavoro di ricerca sulle registrazioni storiche effettuate per la Tauro Records e Cetra Folk, “Rabbia Rosa. Tributo a Rosa Balisteri” cristallizza la fortunata esperienza dal vivo dello spettacolo omonimo ideato dal cantautore fiorentino Fabio Balzano e portato in scena, con il patrocinio dell’Istituto Ernesto de Martino, insieme ad un gruppo di valenti strumentisti composto da Riccardo Brizzi (batteria e percussioni), Michele Mingrone (chitarra elettrica) e Gabriele Savarese (violino, chitarra flamenca). L’album è stato registrato presso il Boomker Studio di Firenze da Federico Cioni e Matteo Marliani, e raccoglie sei brani dal repertorio di Rosa Balisteri con l’aggiunta di un inedito che, nel loro insieme, compongono un viaggio nel tempo alla riscoperta di un corpus di canti dal valore culturale inestimabile. A caratterizzare gli arrangiamenti sono sonorità che nell’intreccio tra folk, rock, roots music e suoni world rimandano ai luoghi, ai fatti e alle storie raccontate nei testi dei canti, dando vita ad un intreccio tra presente, passato e futuro nel quale tradizione ed innovazione vanno di pari passo. Aperto da “Carzari ca si fattu cruci cruci” nella quale la trama sonora percussiva vede l’ingresso nel refrain del violino di Savarese, il disco entra le vivo con “Buttana di to mà” con la sua trama sofferta e tutta giocata sull’intreccio tra chitarra e voce, a cui segue atmosfera desert-rock di “Guarda chi vita fa lu zappaturi” tutta giocata sul dialogo tra le chitarre e il violino. Le belle riletture di “Cantu e cuntu” e “Terra ca nun senti” ci conducono al finale con l’evocativa “Pirati a palermu” e “Primo Viaggio”, firmata da Balzano, nella quale a spiccare sono la tromba di Nicola Cellai e la chitarra di Gabriele Savarese. Ben lontano dalle riletture calligrafiche e dalle operazioni nostalgiche, “Rabbia Rosa” si muove su sentieri insoliti mirando a l’esaltazione del sostrato lirico ed evocativo dei canti di Rosa Balisteri con la ricerca sonora. Del resto le stesse interpretazioni di Balzano si muovono in questo senso e, dunque, non si può non sottolineare la bontà di questo lavoro che merita ascolto ed attenzione.


Salvatore Esposito

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