Samurai Accordion – TE (Visage Music/Materiali Sonori, 2017)

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A sei anni di distanza dal precedente album ritornano i cavalieri dell’organetto con un nuovo lavoro intitolato “TE” (Visage Music), che in giapponese significa “Mano”. Il disco del quintetto di sfavillanti musicisti, riuniti sotto il nome di Samurai Accordion, è ascrivibile alla nuova musica creata per lo strumento diatonico e bisonico popolare. Nella nuova incarnazione si incrociano le “scatole sonore” degli italiani Riccardo Tesi e Simone Bottasso, del basco Kepa Junkera (gli ultimi due hanno preso il posto dei belgi Bruno Le Tron e Didier Laloy, ma ricordiamo che nei primi anni Novanta del secolo scorso Junkera ha fatto parte con Tesi e John Kirkpatrick del trio Trans-Europe Diatonique), dell’irlandese David Munnelly e del finlandese Markku Lepistö. Diverse generazioni di maestri indiscussi, proiettati anima e corpo nella nobile arte di spingere i loro mantici verso nuovi lidi sonori, allargando i rispettivi linguaggi tradizionali, proiettandosi nelle sollecitazioni della world music, combinando la matrice popolare con l’improvvisazione, le istanze avant-garde e il folklore immaginario. Di più, va detto che a renderli grandi è il fatto che ciascuno conosce e frequenta la musica dell’altro, cosicché a prevalere è l’attitudine all’ascolto reciproco. Per assemblare il programma del disco, ogni musicista ha portato all’attenzione due composizioni, su cui il quintetto ha costruito la sua discorsività musicale. Abbiamo riunito intorno a un tavolo virtuale le cinque stelle dell’organetto per conoscere a fondo le motivazioni e procedure elaborate per “TE”: ne scaturisce una vibrante polifonia di punti di osservazione.

Cosa è cambiato musicalmente con questa seconda formazione dei Samurai?
Tesi - L’ingresso di Junkera e Bottasso ha portato nuove sonorità, nuove idee, nuovi approcci musicali, che hanno arricchito la tavolozza di colori della prima line-up dei Samurai. Quello che però è rimasto inalterato, è lo spirito della band e il modo di lavorare:  cinque musicisti riuniti intorno ad un tavolo, dove costruiscono insieme la propria musica partendo dalle idee dei singoli componenti. L’interazione e la fusione delle personalità rendono il suono dei Samurai unico e irripetibile. Credo molto nel lavoro di equipe e adoro quando, per esempio, l’apporto degli altri trasforma una mia idea e la porta più lontana, la trasforma, la migliora, fino a sorprendermi.
Junkera - Il progetto Samurai è molto vivace e interessante di per sé. Per la personalità di ciascuno quando si tratta di suonare e sentire la musica, per il suono dei nostri organetti, che hanno tutti loro caratteristiche speciali. E anche, con la creazione, quando ciascuno vi contribuisce con i propri temi. “TE” dà una dimensione molto globale di ciò che può essere fatto con cinque organetti, da cinque personalità in cinque luoghi nel mondo.
Lëpistö - È il suono complessivo di cinque suonatori dotati di cinque strumenti diversi, i cui differenti stili entrano in gioco negli arrangiamenti. A volte un suonatore può dare solo le linee melodiche e quindi l’arrangiamento nasce da piccole parti elaborate da parte di tutti.

Che organetti suonate?
Tesi - Ogni organettista ha il proprio strumento ed ognuno è diverso dagli altri per disposizione delle note ed altre particolarità. Tutti però conservano la caratteristica principale dell’organetto: la bisonorità. Il mio è un Castagnari tre file e 16 bassi.
Bottasso - Suono un Castagnari MAS. Il mio setup prevede l’utilizzo di un effetto alla mano sinistra per rinforzare le frequenze sub-basse. Alla mano destra ho un nuovo prototipo di controller MIDI sviluppato dalla Musitech che permette di mandare segnali midi al computer, che sono poi gestiti da Ableton Live e MaxMsp.
Junkera - Il mio strumento è la trikitixa basca, un organetto dotato di sufficiente potenza e forza e che, soprattutto, serve a suonare musica come quella basca, che è molto ritmica e allegra. 
Munnelly - Un Castagnari Matris, costruito in esclusiva per me.
Lëpistö - Il mio organetto è un modello di Beltuna Samuel 3/18. Quindi è a tre file con tre voci e 18 bassi. Il diagramma della tastiera su entrambi i lati è il mio. Ma fondamentalmente è una normale fisarmonica bisonora a due file, arricchita con le note cromatiche. In una parte di basso è possibile suonare le note RE, SOL, SI, LA, DO # sia in apertura che in chiusura.

Come si fa a rendere appetibile il suono di cinque mantici che a qualcuno potrebbero apparire monolitici?
Tesi - Quello che è importante è la varietà delle composizioni e l’uso diverso, talvolta anche poco ortodosso, che si può fare dello strumento! Certo un ruolo importante lo svolge la scrittura e l’arrangiamento. Per scongiurare la monotonia timbrica nel nostro caso facciamo appello anche all’uso di effetti sullo strumento (Bottasso), di octaver (Lëpistö), di stomp box e, in occasione del disco, abbiamo approfittato dell’abilità percussiva di Kepa.
Bottasso - Ogni strumento e strumentista ha un suono e un fraseggio molto diversi e riconoscibili. Ognuno di noi si è occupato non solo della composizione ma anche della produzione dei propri brani nel disco, e questo dettaglio secondo me rende il suono del disco molto vario nonostante l’omogeneità degli strumenti. Sul piano compositivo, la lezione di Steve Reich, che ha dedicato la maggior parte della sua attività compositiva per ensemble di strumenti uguali (Electric counterpoint, Four Organs ma anche Clapping Music e Music for Pieces of Wood), per me è stata fondamentale nell’affrontare la composizione per questo quintetto di organetti.

Come è concepito l’ensemble in termini di ruoli da ricoprire?
Tesi - L’organetto è uno strumento che da solo può fare sia la melodia che l’accompagnamento per cui suonare in cinque richiede disciplina e organizzazione sonora per evitare l’intasamento delle frequenze ed il caos sonoro. 
Come in un quartetto d’archi si tratta di un gioco di squadra, ognuno deve ricoprire ruoli diversi a seconda delle necessità musicali ed in funzione anche delle caratteristiche personali. A me piace spesso ricoprire il ruolo di bassista, quello che sta dietro e fornisce il groove, ma non disdegno talvolta di stare in prima linea per un tema o un chorus. 
Bottasso - In generale, i ruoli sono scelti in base alle caratteristiche degli strumenti musicali e dei musicisti. Kepa e Dave sono più spesso i melodici, io, Markku e Riccardo abbiamo degli strumenti con più possibilità alla mano sinistra e quindi ci occupiamo più spesso del ritmo e dell’armonia. Ma a volte i ruoli si invertono, o in altri momenti ci concentriamo tutti solo su un ruolo, come ad esempio la melodia. Momenti del genere creano dei contrasti molto interessanti, perché mettono in primo piano la diversità dei timbri dei nostri strumenti.

Concepite Samurai più come un combo rock, un ensemble “classico” o altro ancora?
Tesi - Decisamente rock!
Munnelly - Direi, classico.
Junkera - Un gruppo sperimentale: non c’è niente di simile, il che lo rende originale e speciale e difficile da classificare.  
Lëpistö - Anche io penso che Samurai non sia un gruppo rock o classico. Per me l’approccio alla musica è davvero unico e mi sembra che la musica dei Samurai sia una musica folk contemporanea con elementi provenienti da diversi paesaggi sonori che circondano tutti. Ma tutti i suonatori provengono dal loro stesso background folk e portano con sé la propria lingua madre musicale.
Bottasso - Dopo aver sentito “Symphonicities” di Sting ed ensemble da camera come yMusic o collettivi come Bang on a Can preferisco andare oltre la distinzione tra gruppo rock o ensemble classico. Per me una delle sfide più interessanti per i musicisti di oggi è quella di creare un suono di gruppo utilizzando combinazioni di linguaggi e setup diversi ed inaspettati, a seconda delle necessità narrative della musica che si sta suonando. Credo che i gruppi che oggi hanno successo nel far incontrare sonorità diverse non prendono semplicemente a prestito da altri generi le scale, gli accordi o le melodie ma fanno incontrare anche le diverse pratiche e prassi musicali, fanno una fusione di linguaggi. 
Non mi piace lo snobismo da appartenenza ad un unico genere musicale, e stimo di più i musicisti che fanno della malleabilità e della curiosità il proprio marchio di fabbrica: sono quindi felice di collaborare in questo progetto con quattro musicisti di questo tipo!

Come è stato sviluppato il processo compositivo e di arrangiamento?
Tesi - Ci siamo dati la regola di un numero paritario di composizioni. Queste possono essere completamente organizzate e definite, ma la maggior parte delle volte sono dei brani allo stadio iniziale su cui lavoriamo collettivamente per arrivare alla stesura finale. È questo il processo più importante che dà alla composizione il marchio Samurai e lo rende riconoscibile. Tutto questo lo facciamo suonando insieme intorno ad un tavolo durante le sessioni di prova che normalmente si svolgono in Belgio a casa della nostra manager Frederique Dawans, che è all’origine di questo progetto.
Bottasso - Ognuno di noi ha avuto un approccio diverso: alcuni hanno portato melodie che poi abbiamo riarrangiato o riarmonizzato insieme, altri hanno portato composizioni già arrangiate che abbiamo lavorato insieme per migliorare dal punto di vista dell’orchestrazione per quintetto di organetti. In generale, ogni composizione del disco è stata in un primo tempo pensata e preparata da una persona e in un secondo momento è stata “liberata” affidandola ai cinque elementi della band che l’hanno “digerita” e migliorata insieme. Poi il fatto di aver suonato più volte dal vivo le composizioni prima di registrarle sicuramente ci ha aiutato molto ad affinare il suono e gli arrangiamenti.
Lëpistö - Su questo nuovo disco per i miei temi ho scritto in anticipo le idee di base per tutti. Quindi, abbiamo messo tutto insieme durante le prove,  considerando tutte le diverse idee e gli elementi di tutti i suonatori. In generale, nel nuovo album, ho preso più di responsabilità nelle linee di basso e nell’aspetto ritmico rispetto al primo disco. In parte questo è successo ora perché il mio nuovo strumento ha la possibilità di suonare cromaticamente.

Che ruolo ha avuto lo studio di registrazione nella fase di editing e mixaggio del suono?
Tesi - Abbiamo registrato in una condizione ideale! In uno studio molto grande nelle colline non lontano da Bilbao, completamente isolati dal mondo. 
Il telefono non prendeva, segnale internet quasi assente, dormivamo e mangiavamo  al primo piano mentre al secondo piano c’era quest’immenso studio super attrezzato. Passavamo il giorno a registrare ma spesso la sera tardi o la mattina presto ci mettevamo noi stessi a fare editing e scegliere i vari takes. Abbiamo registrato suonando tutti in diretta  ma in stanze separate e questo ci permetteva di correggere eventuali errori individuali e mantenere allo stesso tempo lo spirito dell’esecuzione live. Dopo questa fase ognuno ha curato l’editing ed il mix dei suoi brani , lavorando con i tecnici di fiducia, anche per moltiplicare lo sguardo su un suono cosi monolitico.  Io devo ringraziare Stefano Melone che ha fatto un ottimo lavoro .Comunque nonostante qualche sperimentazione di reverberi ed  effetti vari nei mix, “TE” rimane un disco molto spontaneo e suonato live.
Bottasso - Il fatto che ognuno abbia seguito indipendentemente i mix e la produzione dei propri brani ha reso il disco più vario a livello timbrico e di suono. Alcuni di noi hanno optato per produrre maggiormente i propri brani, per esempio tramite l’utilizzo del vastissimo parco percussioni di Kepa: per dare un’idea della sua fantasia, una delle sue percussioni che mi piace di più del disco è la latta d’olio vuota percossa con un battente di legno. Alcuni brani, come “Herfst” ad esempio, sono invece basati su semplici ed affascinanti elementi acustici dei nostri strumenti e rispecchiano totalmente il suono che abbiamo dal vivo. In altri casi, come ad esempio in “Getting lost in Bagdad”, ho fatto numerosi overdubs che rendono il brano una sorta di tributo contemporaneo alle orchestre di mantici che erano molto diffuse all’inizio dello scorso secolo.

Tra maestri come voi, le cose possono sembrare facili, ci sono stati, tuttavia, momenti difficili nella gestazione del disco?
Munnelly - Niente è veramente difficile, siamo buoni amici, amiamo reciprocamente la musica che suoniamo, e amiamo il nostro strumento.  Componiamo e lavoriamo molto nei nostri campi e, come suggerisce il nome, siamo davvero Samurai dell’organetto.
Tesi - No, devo dire che abbiamo finito prima del tempo perché tutto è filato liscio. Kepa ed Elena hanno organizzato le sessioni in maniera impeccabile  e questo ha reso tutto più semplice, il clima era sereno e c’era una grande energia.
Junkera - Non c’è niente di difficile perché l’atteggiamento è sempre molto positivo: è godere, imparare, condividere. La parola difficile non esiste all’interno del progetto Samurai, piuttosto si riscontra la facilità e l’aiuto tra tutti. Forse ognuno ha le sue difficoltà tecniche quando si tratta di suonare, ma tutto diventa è facile, perché c’è quell’interesse per renderlo bello, per divertirsi e per imparare.
Lëpistö - Penso che la cosa più difficile con le cinque scatole sonore sia come arrangiare le melodie in modo che da conciliare i diversi stili di suonare e dare il suono di un ensemble unito allo stesso tempo. Penso che la ricchezza del nostro gruppo sia il combinare i diversi stili di suono, ma anche la cultura musicale che esiste dietro ogni strumentista. Quindi la cosa più importante, e talvolta anche più difficile, è fa sì che tutti possono sentirlo nel risultato finale.
Bottasso - Non sarebbe credibile dire che va sempre tutto bene, perché un pizzico di tensione è parte integrante di qualsiasi processo creativo. Forse la cosa più difficile è stata riuscire a registrare, mixare e stampare il disco in soli due mesi, sapendo che le nostre agende sono molto difficili da conciliare!

Simone, cosa si prova a stare accanto a maestri, i cui dischi probabilmente hai imparato a memoria?
Bottasso - Non immaginavo che suonando insieme ai miei ex maestri avessi potuto imparare ancora così tanto. Se sulle note musicali, sugli accordi, sull’estetica e sulle scelte compositive sono giunto ad una mia sintesi personale (influenzata parecchio da ciò che loro hanno fatto loro in passato, ma non solo) vedere da vicino la ‘craftmanship’ del musicista professionista è stato ancora una volta una grande lezione di vita. È stato interessante capire in che modo si affrontano tutti gli aspetti che determinano il successo di un progetto musicale che, nella sovrabbondanza di offerta di progetti di world music che c’è oggi, purtroppo non dipende solo da quanto scrivi bene una melodia, quanto sei bravo a suonare, quanto hai studiato o da quanto è innovativo ciò che fai. 
E poi è un piacere ed un onore enorme confrontarmi con loro come un collega musicista e non solo come un loro studente o fan, e anche vedere quanto impegno e passione hanno messo nel suonare la musica che ho pensato per loro.

Dave e Markku, in che misura i Samurai vi hanno aiutato ad espandere il repertorio?
Munnelly - Mi ha aperto la mente a nuove possibilità e modi di usare lo strumento. Imparo tutto il tempo dai ragazzi della band dal modo in cui suonano, da ciò che fanno di diverso da me. E uso questi insegnamenti nella mia musica.
Lëpistö - È stata una grande opportunità per ascoltare e lavorare a fondo con suonatori di diverse culture musicali. Come dicevo prima, tutti i suonatori hanno il proprio stile di composizione, arrangiamento e il modo di pensare la musica. Quindi penso che tutti abbiano avuto un effetto l’uno verso l’altro nel creare nuova musica.

Kepa, per te che sei nuovo del progetto? 
Junkera - Nella nostra musica minoritaria, che proviene anche da piccole culture, qualsiasi progetto ti aiuta sempre a diffonderla. Una cosa che trovo molto interessante anche perché basata sulla reciprocità, sul contributo reciproco. Inoltre, chi è interessato all’organetto può scoprire nuovi suoni. E anche importante lasciare la tua area per aprirti ad altri posti.

Riccardo, come mai hai ripreso, tra le tue due composizioni, un tuo classico “Tarantella Rouge & Noir”?
Tesi - In realtà, ne avevo proposti altri, ma Simone già la conosceva perché l’aveva analizzata per la sua tesi di laurea e gli altri ne erano entusiasti e mi sono detto: perché no? A posteriori devo dire che questa versione è riuscita benissimo, ne sono molto soddisfatto.

Aprite il disco con “Sushi Time”, cosa ti ha ispirato nella creazione?
Tesi - Ho unito la passione per la cucina giapponese al fatto che ci chiamiamo Samurai. Ho costruito questo brano pensando all’inizio dello spettacolo: l’orologio, l’effetto del respiro fatto con l’aria dell’organetto, il battito cardiaco.... Poi Kepa ha avuto l’idea di dire sushi time nelle varie lingue del gruppo! A quel punto non poteva mancare  il giapponese ed allora ho contattato il mio amico Taro Okamoto che via internet mi ha mandato la sua voce!

Simone, ci parli dei tuoi due brani, “Il Sogno di Fellini” e “Getting Lost in Bagdad”, i cui titoli meritano una spiegazione? 
Bottasso - “Il sogno di Fellini” è il primo brano che ho composto per Samurai quando Frederique Dawans, la mente e la creatrice del progetto, mi ha contattato per diventare uno dei “5 guerrieri”. Mi ha chiesto di portare una mia composizione alla prima prova e quindi mi sono messo a guardare tutta la filmografia di Fellini per prendere ispirazione. In questo brano il circo, i sogni surreali e le donne felliniane, perfettamente personificate dal coro basco Sorginak che ha collaborato con noi, ritornano periodicamente per rappresentare una notte di sogni. Questa storia è rispecchiata anche nella forma del brano: l’addormentarsi, probabilmente a seguito di una cena un po’ pesante, una rapida successione di sogni surreali e poi un risveglio un po’ traumatico in cui si cerca a tutti i costi di aggrapparsi alle immagini più forti che si ricordano delle proprie vagazioni oniriche, in questo caso la citazione distorta di Amarcord del finale...
L’assolo un po’ irlandese e un po’ contemporaneo di Dave in mezzo al brano mi piace tantissimo: è riuscito a rendere ancora più surreale la situazione! Invece, “Getting lost in Bagdad” è una composizione che avevo scritto durante i miei primi anni di studio al Codarts a Rotterdam, buttata su carta di getto dopo aver visto le strazianti immagini di un bombardamento a Baghdad. La composizione era nata per sette strumenti a corda: tre violini, tre bassi elettrici ed un kemençe: come vedi mi sono già scontrato una volta con la necessità di dover scrivere per una line-up di strumenti omogenei! E forse è questa la ragione per cui il brano è piaciuto così tanto ai Samurai da chiedermi di farne una versione per loro.  Visto che mi è stato assegnato il brano di chiusura del disco ho pensato a che cosa avrebbe potuto chiudere perfettamente il disco “TE” e mi sono lasciato ispirare nella produzione di questo pezzo da brani come Beirut di Ibrahim Maalouf, dall’elettronica glitch di Aphex Twin e dal suono del disco 22 a Billion di Bon Iver. Ho provato ad immaginare cosa potrebbe succedere se questi artisti collaborassero con un’orchestra di mantici: chissà che non sia un buon inizio per rendere propizio un incontro con uno di loro! La ciliegina sulla torta è stata la collaborazione con Neda, Raffaele D’Aniello del MeatBeatStudio, che nel mixare a distanza i miei brani (io a Rotterdam, lui ad Aosta) ha saputo rendere perfettamente il suono che avevo in mente: un suono molto acustico e naturale, ma un po’ sfrontato e giovanile.

I tuoi due contributi, Kepa?
Junkera - “Gernika” si basa su un ritmo caratteristico della trikitixa come è il fandango, e è anche dedicata a una città emblematica per i baschi. L’altro tema, “Lisbao”,  è un misto tra Lisbona e Bilbao. Ho provato a dare il colore che sento quando suono. Sono contento di questo contributo.

I tuoi temi, Dave?
Munnelly - Come gli altri ho composto due melodie, sottoponendole alla band. Abbiamo lavorato sull’arrangiamento, aggiungiamo le nostre idee, parlando molto su come ci piacerebbe suonarlo. Conoscendo ciascuno la musica degli altri, sappiamo in anticipo cosa aspettarci. È un bel processo per creare nuova musica. Il primo brano “Herfst” (“Autunno” in olandese), l’ho scritto anni fa e riguarda i mutamenti del tempo e delle stagioni. Il secondo “New Years End”, l’ho composto alla fine dell’anno scorso ripensando all’anno precedente e chiedendomi che cosa mi sarei aspettato per quella stessa data. 

Infine, cosa arriva dal freddo nord?
Lëpistö - Le mie composizioni sono fondamentalmente musica folk finlandese contemporanea. “January Sun” deriva da un’idea musicale un stile di valzer finlandese chiamato “juoksuvalssi”. L’altra melodia, Kuru”, è una polska in stile tradizionale composta nel 2013. La polska è la danza popolare ha una lunga tradizione in tutti i paesi scandinavi come la Finlandia, la Svezia e la Norvegia. Nella mia contea di Ostrobotnia meridionale la polska era anche una danza molto popolare in genere accompagnata da fisarmoniche diatoniche.

Qual è il pubblico dei Samurai?
Tesi: Molto vario: va dal folk agli appassionati della fisarmonica , dai jazzisti agli amanti del contemporaneo. 



Samurai Accordion – TE (Visage Music/Materiali Sonori, 2017)
I cinque mirabolanti, conclamati maestri dei mantici rispettano le promesse in questa seconda opera discografica, offrendo un compiuto palinsesto, segno di confluenze ed intrecci magistrali di forme di tradizione orale, linguaggi colti contemporanei e popular, jazz e minimalismo, inimitabile per l’approccio tecnico e creativo, per la condivisione e il lavoro collettivo di composizione e arrangiamento, per l’immancabile dose di ironia che si riversa quando ci si diverte suonando. Gli italiani Riccardo Tesi e Simone Bottasso, il finlandese Markku Lepistö, l’irlandese David Munnelly dall’Irlanda e il basco Kepa Junkera si misurano con le possibilità generate dalle diversità dei timbri degli strumenti, con la duttilità nel ricoprire ruoli di portatori di melodia, di sostegno ritmico o di funzione armonica. “Sushi time” è l’appetibile biglietto da visita, firmato Tesi, cui seguono la sbrigliatezza di “January Sun” e i passaggi e i salti di ritmo di “New Years end”. Il ritmo di fandango si sprigiona nell’emozionante “Gernika” (a cui partecipa il coro basco Sorginak e sono presenti effetti sonori che evocano l’eccidio aereo nazi-fascista). L’articolato e surreale racconto sonoro de “Il sogno di Fellini”, così come il successivo “Herfst”, sono un’epitome del rigoglioso periodare sonoro del quintetto; il primo non manca di effetti, il secondo è il trionfo degli strumenti acustici. “Tarantella rouge & noir”  è un elegante, frizzante cavallo di battaglia di Tesi & Banditaliana, il suo profilo luminoso con inserti reggae si rinnova nello sviluppo dei Samurai con il finale che vi lasciamo scoprire nell’ascolto. Invece “Kuru”, portata in dote da Lëpistö, ci riporta nell’estremo nord: è una polska finlandese che si snoda tra propulsione danzante e rarefatto lirismo. Le screziature atlantiche di “Lisbao” procedono misurate e descrittive, dopodiché tutto va a concludersi nella sapiente orchestrazione dei mantici di “Getting lost in Bagdad”. Organettisti supremi.


Ciro De Rosa

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