Peppe Voltarelli – Voltarelli canta Profazio (Squilibri, 2016)

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Come «l’energia di un’onda che sbatte sulla riva»: il canzoniere del folksinger Otello Profazio riletto da Peppe Voltarelli

Dalla “Calabria vista da lontano” con l’ironico disincanto di “Doichlandia”, ai tempi del Parto delle Nuvole Pesanti, al “nostòs”, che è anche riconciliazione con la propria terra, pur senza rinunciare all’insoffernza verso l’oleografia meridionalistica: Peppe Voltarelli è interprete del canzoniere del corregionale Otello Profazio, statura notevole di folksinger e cantastorie dal forte impegno civile e politico, con uno statuto di mediatore culturale e di contaminatore, ricercatore ed interprete di stati d’animo, artigiano di suoni e professionista dello spettacolo. Profazio ha fatto interagire mondi culturali differenti: ‘anima bella’ da un lato, si è attiratogli strali di studiosi e musicisti dall’altro, per la sua estetica o per il riplasmare, edulcorandola, la musica popolare, tra creazione ed appropriazione. Come che sia, Profazio, ‘mastru cantaturi’, ha riletto senza sconti e senza stereotipila condizione del Sud con le sue lezioni di storia dal basso ha un ruolo imprescindibile nella vicenda della canzone italiana. È indubbio che Profazio non è stato dimenticato, né è la prima volta che artisti riprendono con grande vena il suo repertorio – pensiamo a Daniele Sepe o Massimo Ferrante, tanto per fare dei nomi –, ma l’operazione “Voltarelli canta Profazio”, in un elegante CD-Book pubblicato da Squilibri, inaugura una nuova collana di confine, “Crinali”, «dedicata ad opere dove la poesia si converte in musica e la musica si prolunga nella scrittura per raccontare vicende emblematiche della storia culturale nazionale o anche per offrire uno sguardo nuovo e inusuale sull'orizzonte della nostra quotidianità». 
La copertina e il progetto grafico di Anna e di Rosaria Corcione sono un omaggio all’artista calabrese Mimmo Rotella; la confezione contiene contributi scritti dello stesso Voltarelli, di Domenico Ferraro, Laura Lombardi e Carlo Muratori, quest’ultimo curatore degli arrangiamenti del disco, e citazioni da grandi nomi che si sono espressi sull’arte di Profazio. Questo disco è un progetto che viene da lontano, con il progessivo avvicinamento a questa multiforme personalità da parte di Voltarelli, uno che, proprio come Profazio, “pari fattu cu’ focu”, che non si ferma mai, tanto che questo lavoro appare come «un passaggio di consegne». Peppe ha abbracciato dieci canzoniscritte da Otello negli anni Cinquanta del secolo scorso, composizioni che aderiscono alla sua personalità, montando un disco che si rivela un tributo a un monumento vivente della cultura del Sud, ma si impone anche come affermazione determinata della forza espressiva del dialetto. Un bell’album, essenziale sul piano musicale, sul crinale tra canzone d’autore e canto popolare, opera costruita con pochi strumenti, che tiene in primo piano la voce ruvida e potente di Peppe. Abbiamo parlato con Peppe per farci spiegare le ragioni di “Voltarelli canta Profazio”. (C.D.R.)

Com’è nato l’idea di realizzare il Cd-Book “Voltarelli canta Profazio”?
Il tributo a Profazio nasce da due esigenze. Una è, senza dubbio, di tipo personale, intimo e psicologico e consiste sul far luce sul rapporto controverso con la mia terra. L'altra è di tipo sociale, didattico e politico ovvero l’esigenza di tramandare il repertorio di un grande autore ed avvicinarlo alle nuove generazioni

Come si è indirizzato il tuo lavoro in fase di selezione e scelta dei brani da reinterpretare?
Nel 2009 ho iniziato a studiare, ascoltare, suonare e ricantare i brani del repertorio di Otello. L’ho incontrato e ho letto molto su di lui. Ho cercato link, testimonianze e fatto una bibliografia, mentre dal vivo inserivo di tanto in tanto dei suoi brani. Quando mi sono sentito pronto ho scelto dieci che mi piaceva cantare e che aderivano alla mia personalità ed attraverso i quali mi era permesso di raccontare una storia e di mettere in piedi un recital. Poi fondamentale è stato il sostegno teorico dato dall'editore.

Il disco è stato prodotto da Carlo Muratori, qual è stato il vostro approccio agli arrangiamenti?
Conosco Carlo sin dal 1994 e da molti anni apprezzo il suo lavoro. Anni fa mi sono innamorato di “Sicily”, un suo album in cui rileggeva la tradizione siciliana, e quando o deciso di realizzare un disco dedicato a Profazio ho pensato subito a lui, alle sue geometrie armoniche e ritmiche ed ero certo che sarebbe stato una ottima guida musicale nel lavoro. Lui ha avuto piena libertà anche se spesso ci siamo confrontati brano per brano. Mi è sempre piaciuta l'idea di cantare su arrangiamenti di artisti che stimo e abbiamo ragionato insieme su uno schema semplice che rispettasse i brani originali. Mettendo la voce al centro e costruendo un incastro di corde, chitarre, mandolini, mandole e bouzouki, abbiamo tirato fuori dai pezzi l’attualità, dandogli peso ed allo stesso tempo conservando la loro essenzialità narrativa.

Ascoltando il disco si percepisce chiaramente come si sia creata una vera e propria osmosi tra te e il repertorio di Otello Prefazio e di Ignazio Buttata. Come sei riuscito a dar vita a tutto questo?
Amo il Sud, ci sono nato e penso spesso in dialetto ogni singola parola dei testi. Ogni intervallo tra le note è un pretesto per una riflessione, un’immagine. Fare questo lavoro era necessario per me.

Quanto è stato importante il contatto diretto con Otello Prefazio? In particolare per la realizzazione del disco?
Ci tenevo a non coinvolgere Otello nella realizzazione del disco per non essere influenzato dalla sua fortissima personalità. Conoscerlo mi ha aiutato molto a capire l'uso della voce, il modo di suonare la chitarra, il racconto e sopratutto le sfumature. La cosa sorprendente è stata scoprire a disco fatto le sue impressioni, alcune mie imprecisioni, errori, sviste come se il vero master fosse cominciato in quel momento. 

C’è qualcosa in particolare che ti ha colpito del repertorio e del modo di scrivere di Profazio?
Mi ha sempre colpito la sua essenzialità e la totale assenza di retorica. E’una freccia che scocca e centra il bersaglio, punto.

Quanto il suo repertorio ha influenzato il tuo approccio al songwriting?
Farsi influenzare è positivo, così come farsi ammaliare. Credo che il suo lavoro sia una grande fonte di ispirazione ma anche di conforto, come del resto le opere di Endrigo, Modugno e Jannacci, e di tutti quei cantautori che hanno usato il dialetto e che hanno parlato di paesi e strade. In fondo le canzoni se non ti aiutano a che servono? Comunque, appena comincerò a scrivere canzoni nuove te lo saprò dire in maniera più precisa.

Quanto sono attuali le canzoni di Otello Profazio oggi?
Quando Otello inizia a cantare e suonare, l'orologio e il calendario non servono più. E’ un fluire di energia viva e moderna che sfugge alla dinamica delle mode, come sono attuali una montagna o un onda che sbatte sulla riva e fa la schiuma.

Come saranno i concerti di presentazione del disco?
"Voltarelli canta Profazio" è un recital che faccio da solo con i brani del disco ed altre cose del suo vastissimo repertorio. L'ho scritto io, ci sono state delle anteprime e continuerà a girare i teatri e i club nella stagione invernale. E’ il racconto del mio incontro con Otello, dei viaggi in Germania, dei paesaggi del sud. La scena dove si svolge lo spettacolo è invasa dalle proiezioni dei lavori di Anna e Rosaria Corcione che hanno curato l'artwork del Cd-Book con un omaggio alla tecnica di Mimmo Rotella.

Concludendo, non può mancare un classico delle interviste. Quali sono i tuoi progetti futuri?
Non ricordo tracce della parola futuro nel dialetto...mi dispiace.

Salvatore Esposito



Peppe Voltarelli – Voltarelli canta Profazio (Squilibri, 2016)
Personalità ribollente come il maestro folk-singer di Rende, Voltarelli è anche lui artista capace di reggere la scena in veste di solista, seguendo la nobile arte del cantastorie. In un ruolo che gli è congeniale, Peppe rimodella un corpus di canzoni che vengono dal passato, che tracciano una possibile contro-storia del Sud, mescolando ironia e consapevolezza politica, metaforiche leggende e commento sociale; sono pagine che rappresentano racconti e stati d’animo in musica, raccogliendo indignazione e umori dolenti delle terre meridionali. Se ne appropria con rispetto, rilegge le composizioni offrendone un ritratto misurato ed essenziale sul piano musicale. Condivide le scelte estetiche con Carlo Muratori – un altro che sa il fatto suo, e che sa muoversi con passo autorevole e suadente come in passato ha già fatto con i repertori evergreen di Sicilia – che del disco ha curato la produzione artistica, gli arrangiamenti e ha suonato, mettendo in campo pochi strumenti (chitarre, bouzouki, mandoloncello, banjo, fisarmonica, basso, contrabbasso e percussioni), in compagnia di Lucia Consolino, Marco Carnemolla e Peppe Di Mauro. È dato pieno spazio alla condotta vocale di Peppe, potente, ruvida e persuasiva, agile nello spostarsi su registri diversi. Nel programma in dieci canzoni riascoltiamo la lingua delle favole de “La leggenda di Colapesce”, i paradossi sarcastici e grotteschi del «paese bello assai» raffigurato nella celebre, irresistibile “Qua si campa d’aria” (che è anche un videoclip realizzato da Giacomo Triglia), la ricca ambientazione sonora della storia di “La vecchia crapa d’agustu”, l’adesione alle modalità dei contastorie e alla denuncia derivata dall’incontro con il poeta siciliano Ignazio Buttitta (“A lumèpaisi”, “Mafia e parrini” e “La mafia”), il fondale di intrecci di corde e di pelli percosse nel “Lamento del carrettiere”, i sospiri di fisarmonica che accompagnano gli “Stornelli calabresi”, l’accorato “Amuri, amuri”, il racconto in prima persona  de «la ‘ngrata sorti e lu malu distinu» del brigante aspromontano Musolino (“A Santo Stefano”), proveniente da un concept album, che Otello Profazio inventò quattro anni prima di “Stg. Pepper” dei Beatles. Voci resistenti, da ieri ad oggi.


Ciro De Rosa

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