Carmen Consoli in cattedra all’Università del Salento

Che Carmen Consoli fosse così a suo agio nei panni di oratrice in un’aula universitaria non è forse risaputo ai più. Eppure la raffinata cantantessa catanese, maestra concertatrice in carica della diciannovesima edizione de La Notte della Taranta, lo scorso 22 luglio ha intrattenuto gli studenti dell’Università del Salento imbastendo una lectio appassionata e ricca di spunti sul mestiere della musica. Si è presentata puntuale nell’aula magna dell’ateneo salentino al cospetto di un folto uditorio di studenti, con fare umile e cordiale, con un’attitudine naturale al rispetto di qualsiasi pubblico. È entrata nel discorso in punta di piedi, ma ha disquisito di musica con profonda consapevolezza, con spirito critico e con lo slancio civile che la contraddistingue. Sì perché, analizzare le dinamiche della creazione e della distribuzione del prodotto musicale oggi in Italia può essere al tempo stesso un garbato, ma incisivo discorso civile. Un discorso civile, e quindi per definizione appassionato, che Carmen Consoli ha sapientemente articolato percorrendo tematiche di grande attualità: il tempo, la creazione artistica e l’etica del musicista. E poi, il suo personale rapporto con La Notte della Taranta, con il Salento e qualche considerazione a caldo sulla sua esperienza in corso di maestra concertatrice del più grande festival italiano di world music. 

Il tempo
“Per lavorare bene ci vuole tempo e passione”, questo è in qualche modo il leitmotiv dell’allocuzione della cantantessa. E il tempo è la parola chiave che l’artista catanese declina nelle plurime accezioni del termine, senza dimenticare il tempo musicale. Allora, il lavoro artistico concepito come dedizione che richiede tempo non è che una pubblica dichiarazione etica. Una critica incisiva ma educata alla “civiltà dello spettacolo” dove l’arte è una merce di consumo e una canzone un prodotto che deve funzionare. E così la cantantessa si fa storica della musica popular e ricorda, per averne fatto esperienza, che negli anni novanta dettava legge il pensiero unico de “il pezzo deve girare”, secondo la filosofia pop dei discografici di allora con spiccato accento milanese. Oggi il pezzo deve andare in radio – aggiunge – e allora deve rispondere a una serie definita di canoni che lei stessa ha sempre sentito come delle vere e proprie limitazioni artistiche. Nella composizione di una canzone, l’autore non deve superare i classici due o tre accordi, deve affidarsi alle soluzioni armoniche più semplici, e, dal punto di vista dei contenuti, non affrontare tematiche scomode. Il processo di confezionamento dell’oggetto musicale è sottomesso alla legge della rapidità, della semplificazione del messaggio perché sia fruibile ai più e di facile consumo. La musica che suona nei dischi è regolata dal click, dal metronomo. I ritmi biologici sono quantizzati e resi più semplici per un ascolto standardizzato. Il tempo musicale e il tempo biofisico ed esperienziale dell’artista non coincidono più. 
E allora sarebbe il caso – chiosa l’artista – di prenderci il tempo necessario per fare bene le cose, perché fare le cose per bene richiede un certo tempo.  Gli spazi e il tempo per coltivare e sviluppare il proprio talento musicale sembrano, invece, progressivamente ridursi. E qui la cantantessa spende parole di sincera stima e riconoscenza per quei rari luoghi della musica come La Notte della Taranta dove artisti e musicisti hanno modo di misurarsi con il proprio talento. Di contro, si suona sempre meno nei locali, le occasioni di formazione si riducono, mentre si è da subito esposti nei reality o ci si autoproduce su internet prima che i tempi siano maturi. Il messaggio è chiaro e inequivocabile e risuona con delicato garbo femminile nell’aula magna dell’ateneo salentino: dopo vent’anni in cui la cultura è stata violentemente mortificata, è tempo di liberarsi delle limitazioni artistiche che la “civiltà dello spettacolo” impone.

Il mistero della creazione artistica
Carmen Consoli è un’artista che studia e questo pare chiaro all’intero auditorio già dopo qualche battuta. La consapevolezza e l’umiltà con cui affronta tematiche più consuete in un corso di sociologia della musica o di storia della popular music che in uno studio di registrazione, che di certo le è più familiare, denotano una certa attitudine all’approfondimento critico, all’analisi. E non avevamo dubbi che quella stessa attitudine, quella stessa dedizione, amplificata dal potere della passione guidassero il lavoro musicale della cantautrice catanese. 
Le sue canzoni, la sua musica sgorgano dall’urgenza di scrivere, ma si accompagnano alla disciplina. Dopo l’istinto, d’altronde, ci vuole il mestiere – su questo Carmen Consoli non ha dubbi. E ancora una volta torna sul concetto che tempo e lavoro nobilitano l’arte. Nel lavoro di creazione artistica le conoscenze, quelle strettamente legate al mestiere ma non solo, incanalano e rafforzano istinto e potenzialità e, secondo una concettualizzazione particolarmente felice del lavoro di creazione, la Consoli suggerisce che la musica composta altro non è che codificazione dell’istinto. Ma allora, come si concilia la “società dello spettacolo” con l’etica della buona creazione musicale? L’artista non deve seguire le mode, ma farsi seguire dal proprio pubblico, crearla una moda e non avere paura di disattendere le aspettative. E qui è chiaro che è proprio il percorso che la Consoli ha seguito nella propria carriera musicale. L’aula è attenta e partecipe. Gli applausi a scena aperta si susseguono. Sì perché l’artista non solo dà prova delle proprie competenze, di un’intelligenza fine, di capacità oratorie e argomentative degne di un’aula universitaria, ma si fa mentore e guida al cospetto dei tanti studenti accorsi per ascoltarla e li esorta a credere nel proprio lavoro e nelle proprie inclinazioni, sottraendosi alla banalità delle leggi del mercato.

La Notte della Taranta e Carmen Consoli 
Era il 2006 quando Carmen Consoli calcò per la prima volta il palco de La Notte della Taranta come ospite. Quell’anno c’era anche Lucio Dalla, ricorda. Ma il più grande festival italiano di world music lo conosceva già, lo seguiva dalla prima edizione, quella del 1998 diretta da Daniele Sepe. Lo conosceva e lo seguiva con interesse e ammirazione. Sì perché, pensava, anche i siciliani dovrebbero avere un festival così. Un festival in cui radici e identità vengono recuperate, il dialetto e la poesia popolare nobilitati. “Ho sempre amato la musica popolare”, dice la cantantessa, e la ragione è chiara: ritornare alla nostra musica popolare ci ha permesso di distogliere lo sguardo dalla tradizione musicale americana. Grazie alla musica popolare abbiamo finalmente smesso di imitare gli americani e abbiamo cominciato a suonare la nostra musica. La Notte della Taranta, incarna un processo di lenta ma efficace consapevolezza del valore aggiunto delle nostre tradizione popolari e lei, siciliana, guardava “la Taranta” e il Salento come gli appassionati di blues guardano Memphis e New Orleans. La Taranta è un modello di sviluppo culturale e di internazionalizzazione della musica popolare che è la nostra. Dal Salento ci hanno mostrato che potevamo creare una risorsa economica, che potevamo diventare internazionali e far parlare di noi e della nostra identità musicale. Ed è proprio sull’identità che si sta giocando la sfida della Consoli come maestra concertatrice della diciannovesima edizione de La Notte della Taranta. 
L’identità è quella salentina, l’idioma, il linguaggio musicale sono quelli salentini ed è con questi ingredienti che l’artista sta lavorando. Ha studiato, sta ancora studiando perché – dichiara – volevo parlare di qualcosa avendone consapevolezza. C’è tanta passione nella sua conduzione musicale, tanto rispetto e tanta umanità e non è un caso che abbia tenuto a sottolineare che tutto il gruppo si sta impegnando e un po’ innamorando. La formula pare funzionare e quando si prova con l’orchestra, si suona insieme, si lavora l’atmosfera è quella di una famiglia, si respira armonia. Il gruppo è composto dai musicisti dell’orchestra e dai direttori artistici Luigi Chiriatti e Daniele Durante. “Sono una cuoca discreta – afferma con una metafora – ma ho degli ingredienti eccezionali”, alludendo a orchestrali e direttori artistici. Con Daniele Durante la Consoli lavora a stretto contatto per la preparazione del concertone e insieme stanno costruendo un nuovo percorso di ricostituzione dell’identità del linguaggio musicale salentino. 

Flavia Gervasi

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