Genova polivocale: il trallalero dei “Raccögieiti” di Via Luccoli

Mario Olivieri e Giovanni Parodi
La nostra ricerca si concentra oggi nel centro di Genova, città affascinante, ricca di storia e di cultura, nella quale, in epoche diverse, si sono formati musicalmente numerosi personaggi carismatici (solo per citarli tutti servirebbe un articolo intero). Da un punto di vista etnomusicale, Genova possiede tradizioni invidiabili soprattutto per quanto attiene la polivocalità orale cantata a cinque voci, che è stata studiata con encomiabile attenzione da studiosi quali Roberto Leydi, Edward Neill e Mauro Balma, ai quali si devono importanti pubblicazioni specialistiche che suggerisco di leggere per approfondire l’argomento. Nel 1954, Alan Lomax, ricercatore americano, durante la campagna di rilevamento in Liguria, rimase positivamente impressionato dalla ricchezza della polivocalità genovese, definendo gli esecutori del trallalero “ the most perfect choristers in Western Europe”. Un po’ come avviene oggi per il calcio, in passato, praticamente ogni quartiere di Genova possedeva una propria “squadra” di canto polivocale specializzata nell’esecuzione dei cosiddetti trallalero, composta variabilmente da otto a dodici esecutori. La diffusione delle Squadre di canto era allargata a numerosi paesi della provincia genovese. Gli esecutori di questo tipo di canto sono (prevalentemente) maschili e l’apprendimento dell’articolato repertorio si è perpetuato oralmente, ascoltando e osservando gli esecutori più esperti nelle bettole, nelle “ostaìe” o nelle piazze. Le esecuzioni dei trallalero polivocali sono state commercializzate anche da parte di case discografiche, dalla fine degli anni Venti del secolo scorso. Tuttavia, dal secondo dopoguerra, essendo progressivamente mutate le condizioni sociali ed economiche, con l’avvento e l’uso massiccio delle moderne tecnologie mediatiche e dei dischi, il canto polivocale di tradizione orale genovese si è progressivamente indebolito. In mancanza di un piano generale di tutela e di salvaguardia, poco per volta le Squadre si sono sciolte o sono giunte a naturale estinzione e, nel giro di pochi decenni, si sono ridotte a un numero di cinque in tutta la provincia. In passato, è stato calcolato, erano un centinaio! Attualmente queste cinque Squadre di canto tengono alto il valore della cultura polivocale popolare genovese, essendo peraltro spesso invitate a partecipare a rassegne musicali internazionali di musica folclorica. 
Franco Sacchi e "Ninni"
Tuttavia il dato storico primario è sotto gli occhi di tutti. Se non s’interverrà in modo incisivo e sinergico per rivitalizzare il canto polivocale di tradizione orale genovese, questo potrebbe essere destinato a un ulteriore declino. Franco Sacchi, classe 1935, ha lavorato per decenni al porto come scaricatore. Musicalmente si considera un appassionato conservatore e valorizzatore della cultura della propria città. Non è mai stato disposto ad accettare passivamente il declino delle tradizioni vocali del trallalero. “Finché avrò energie”, ha riferito, “continuerò a tenere vive queste tradizioni proprio nel cuore di Genova, così come le appresi quando ero ragazzino”. Nel centro storico, a pochi isolati dal Teatro Comunale “Carlo Felice”, in Via Luccoli, presso l’omonimo bistrot gestito da due giovani imprenditori (Moreno e Alessandro), dal 1992, Franco Sacchi coordina il Gruppo dei cosiddetti “Raccögieiti” (“Raccogliticci”), composto da appassionati che ogni sabato, dalle ore 16 alle 18, si ritrovano per esercitarsi nel canto polivocale e per tenere vive le tradizioni musicali genovesi. Per “Raccögieiti” s’intende un gruppo che non ha una Squadra di canto stabile e che, di volta in volta, propone esecuzioni in base al numero dei presenti. Durante le prove, i cantori si riuniscono per scaldare la voce al piano superiore del locale nel quale sono ospitati. In seguito, si spostano nell’adiacente Piazza Luccoli per cantare dal vivo, con grande gioia dei passanti e dei curiosi, i quali con attenzione ascoltano applaudendo con entusiasmo alla fine di ogni esecuzione. “Questa era la consuetudine a Genova”, continua Sacchi, “i nostri trallalero venivano cantati nei locali, nelle strade e talvolta nelle feste. Questa era la nostra Zena, una città fortemente caratterizzata nei differenti rioni da gruppi spontanei o da quelli più organizzati di Squadre di canto a più voci. Non accetto che le nostre trazioni si perdano. Non possiamo stare con le mani in mano. Dobbiamo fare qualcosa per la nostra Genova. Come me la pensano gli altri cantori del Gruppo, alcuni sono genovesi altri provengono dai paesi limitrofi. Tuttavia non siamo più ragazzini. Servirebbe il ricambio, servirebbe che a questo canto si affezionassero i giovani. Servirebbe, inoltre, che le istituzioni fossero più vicine alla nostra opera di tutela musicale, ma purtroppo latitano. Ci chiamano talvolta per fare rappresentanza, qualche altra volta abbiamo provato anche a cantare nelle scuole, ma servirebbe ben altro per ridare vitalità ai canti e ai gruppi del trallalero, perché sono canti che richiedono impegno e anni per essere appresi e cantati secondo il giusto modo”. 
Stefano Ardigò Contraetu
Sentire cantare dal vivo questi esecutori fa venire i brividi. Coloro che lo desiderano potranno trovare su You Tube centinaia di esempi, ma ascoltare in video è un’altra cosa. Ciò che colpisce dal vivo è l’atmosfera (anche scenografica) e l’entusiasmo che caratterizza un po’ tutti i cantori, inoltre la grinta con la quale durante le prove le singole voci si contrappuntano. Altra particolarità è la libertà esecutiva delle singole voci, che caratterizza l’aspetto timbrico dell’amalgama polivocale. Le voci gravi, i bassi più profondi, tengono bordone, ma mai in maniera statica anche perché sono sempre arricchiti ritmicamente da una particolare voce detta “a chitara”, in quanto ricrea l’effetto strumentale del plettro sulle corde. Per fare ciò e per rendere l’effetto più verosimile, il cantore “a chitara” mantiene davanti alla bocca la mano semichiusa inviando il suono tra il dito indice e quello medio. Nel gruppo “Raccögieiti”, la voce di “chitara” è Emanuele Accheriuso, detto “Ninni”, nato nel 1930. Serissimo e sempre attento allo svolgersi della composizione, durante le esecuzioni il suo sguardo è di solito puntato verso il basso, con le orecchie protese ad ascoltare l’accordo delle altre voci. Posizionato sempre alla destra del direttore, a un suo gesto, prontamente, avvicina la mano alla bocca e inizia la scansione ritmica. Ciò che colpisce è il suo ingresso, mai invasivo negli attacchi. Le voci più in vista della Squadra di canto genovese sono le altre voci soliste dette “Tenore”, “Contraetu”, “Contrabbassu”. Avendo militato nel corso della vita in ben tre differenti Squadre, il signor Mario Olivieri è considerato il “tenore” storico della tradizione polivocale genovese. Apprezzato da tutti e bonariamente denominato “Marietto”, sebbene minuto di corporatura, quando entra in Squadra riesce a imprimere alla stessa una vitalità senza pari, sia in termini vocali sia da un punto di vista gestuale e scenico. Sono rimasto stupito nell’apprendere che è il cantore più anziano del Gruppo, essendo nato nel 1929. A prima vista, infatti, dimostra venti anni meno e possiede un’energia e una vitalità impareggiabile. Ha raccontato di aver iniziato a cantare da ragazzo, seguendo un training tipico delle tradizioni orali. Non ha studiato musica e ha chiarito che non esiste un unico modo per cantare bene da “tenore” nel trallalero genovese, poiché una delle particolarità delle singole Squadre consiste proprio nell’apporto timbrico ed espressivo conferito dai singoli cantori. Certo per lui da giovane è stato determinante imparare a cantare stando a diretto contatto con gli esecutori più anziani, ma al contempo ha spiegato di aver sempre ascoltato con interesse le voci liriche espressive, come ad esempio quella di Claudio Villa. “Marietto” non colpisce solo per le indiscusse capacità vocali ma anche per la gestualità continuamente mutevole, caratterizzata dalla vivacità espressiva degli occhi costantemente protesi in modo dialogante verso il proprio principale interlocutore, il cosiddetto “contraetu” che canta con voce di falsetto. 
I Solisti
Raramente tra i cantori popolari ho avuto modo di ascoltare un falsetto con una voce così intensa e raffinata come quella di Stefano Ardigò, nato nel 1952. Di lui colpisce la tecnica virtuosa utilizzata per impiegare i risuonatori craniali, la continua varietà nell’uso dei timbri vocali, inoltre, una partecipata postura durante le emissioni sonore. Questa del “contraetu” è senza dubbio una voce che deve "faticare”, dovendo connotare la vocalità generale della Squadra, sostenendo la melodia nelle note più acute. Nella vita Ardigò svolge la professione di vigile del fuoco. La passione per il canto l’ha sviluppata quando aveva quindici anni, stando a contatto con la Squadra della sua contrada a Voltri. Egli possiede consumata esperienza e un’abilità particolare nel sapersi contrappuntare con la voce del “ primu” che cambia a rotazione nelle differenti esecuzioni. Bisogna chiarire che nei “Raccögieiti” oltre a “Marietto”, alternandosi, cantano come “primu” altri due cantori e più precisamente “Aldin”, nato nel 1931, e Lucia Cogliolo, nata nel 1971, unica donna esecutrice. Quest’ultima si è avvicinata al Gruppo due anni or sono, possiede voce da contralto ed è stata attratta dal canto dei trallalero ascoltando, sabato dopo sabato, i cantori più anziani. Lei normalmente esegue musica moderna (stile anni Settanta), ma ritiene importante poter dare il proprio contributo per rafforzare anche numericamente la struttura del gruppo tradizionale. Scrivevo in precedenza che Ardigò è particolarmente abile nel sapersi adeguare ai propri interlocutori che cantano da “tenore”. Ha avuto modo di chiarire che nel trallalero si usa l’espressione “a detta”, con la quale s’intende evidenziare che è importante sapersi esprimere secondo schemi generali ma dando un’impronta vocale personale, che può variare secondo la composizione del gruppo. Ardigò è particolarmente sensibile rispetto al tema della continuità della tradizione vocale nel genovese, ma ha evidenziato in modo molto schietto le difficoltà oggettive incontrate dai più anziani nel motivare i più giovani ad apprendere il repertorio polivocale. Una prima difficoltà è di tipo conoscitivo. 
Bassi Tenore
Per i giovani della sua generazione le distrazioni non erano numerose e i cantori delle Squadre erano apprezzati e ascoltati con interesse nelle differenti comunità. Ricorda che vi erano cantori che “mesceva’ case” (facevano venir giù le case) da tanta sonorità e potenza che erano in grado di sprigionare con il canto. Ogni paese selezionava naturalmente chi possedeva la “materia prima”, cioè le voci naturalmente dotate. Gli esecutori più anziani, di solito, erano persone con preparazione scolastica e musicale limitata, tuttavia, nel canto della Squadra sapevano fornire un contributo notevole, dando lustro e personalità musicale al proprio rione o al proprio paese. I più giovani ascoltavano e quelli dotati provavano a imitarli. Nel tempo potevano essere inseriti nelle Squadre. Se un aspirante non è dotato, dice Ardigò, dopo un po’ crolla. Oggi, il problema è che molti giovani questi canti polivocali non li conoscono proprio. “Capita ai ragazzi genovesi di ascoltarci cantare, ma spesso ci guardano come se vivessimo su un altro pianeta anche perché non conoscono il dialetto e sono abituati ad ascoltare musica solo attraverso la radio, la televisione e i dischi”. “A ciò” - ha commentato Ardigò - “è necessario aggiungere che imparare a cantare a trallalero richiede tempo e impegno. Inoltre serve passione, gusto e piacere nel cantare in gruppo. Chi pensa che i canti popolari della tradizione genovese siano semplici, solo perché sono di tradizione orale, fa un grosso errore. Servono qualità vocali e anni di prove, perché solo col tempo s’impara il repertorio. Ogni volta s’impara qualcosa, anzi non si finisce mai di imparare, soprattutto se si ha la necessità di cantare con più Squadre o con Squadre dalla formazione variabile, come nel caso dei Raccögieiti”. Voce di mezzo indispensabile per rafforzare il duetto “primu-tenore” e “contraetu-falsetto” è la voce di “contrabbassu” (il baritono del Gruppo). Bravo e rigoroso è Giovanni Parodi, genovese, nato nel 1950. Di poche parole, ma di grande esperienza, sa di avere un ruolo regolatore nei confronti delle altre due voci soliste. La sua voce è possente e sicura. Mi ha colpito, in particolare, la sua flessibilità vocale, sempre pronta ad assecondare o a sostenere il dinamismo sonoro delle voci più acute. Il massimo dell’espressività la raggiunge quando sono affiancati “Marietto” e Ardigò, insieme formano un trio vocale decisamente coinvolgente. 
Prove di gruppo
Di seguito ritengo importante nominare anche i bassi dei “Raccögieiti”, ognuno con una propria storia musicale alle spalle. Oscar Gabutto (1947), il quale canta anche con i “Canterini” di Sant’Olcese coordinati da Paolo Bisagno, attivo promotore culturale; Vito Gulli (1955), originario di Milano, ma trasferitosi a Genova da ragazzo. È un appassionato di musica popolare e partecipa a un gruppo di ricerca con il quale canta un vasto repertorio che spazia dai canti polivocali corsi fino alle musiche strumentali da ballo delle Quattro Province o del repertorio piemontese; Giancarlo Aimo (1941); Giulio Cugliara (1932) e ovviamente il direttore, Franco Sacchi - voce calda e precisa - il quale, oltre a cantare da “bassu”, è costantemente impegnato a dare gli attacchi secondo una gestualità personalizzata rispetto agli standard accademici. A lui, tra l’altro, spetta il compito d’intonare le note di base, avendo come riferimento il suono prodotto da un “diapason” monotonico a fiato, come quello usato dai chitarristi. I cantori dei “Raccögieiti” mettono tanta passione a favore della musica popolare, costante è l’impegno per allenarsi settimanalmente, tuttavia hanno la sensazione che la loro attività rischi di restare emarginata rispetto al tessuto musicale della città, contrariamente a quanto avveniva in passato. Se a livello politico-culturale locale e regionale esistesse la volontà di dare vigore a questa particolare tecnica esecutiva polivocale genovese, sarebbe indispensabile agire secondo un’ottica globale. Un primo intervento dovrebbe verosimilmente riguardare la diffusione della conoscenza, tesa alla sensibilizzazione dei giovani. In merito, potrebbe essere utile che gli Assessorati alla Cultura degli Enti Pubblici unissero le forze per organizzare e promuovere in tutte le scuole cittadine e della provincia delle lezioni-concerto, coinvolgendo a turno i cantori delle differenti Squadre genovesi. Alla fine della lezione sarebbe opportuno regalare a ogni studente un cd dei cantori (oggi costano poco le ristampe), con accluse almeno le informazioni storico-musicali di base, rimandando eventuali approfondimenti tecnici alla consultazione di siti specialistici reperibili nel web. Parallelamente sarebbe importante far conoscere attraverso i media e i mezzi pubblicitari l’opportunità di frequentare stabilmente e gratuitamente le lezioni dei cantori più esperti, quali di fatto sono le prove del sabato pomeriggio dei “Raccögieiti” di via Luccoli. In termini di promozione dei canti di tradizione orale, per esperienza, ritengo di poter dire che molto contano i media. Se un concetto viene espresso attraverso un mezzo televisivo per i giovani acquisisce subito valore, soprattutto se chi trasmette le informazioni è credibile in termini culturali e di comunicazione. 
Chitara e Bassi
Di conseguenza, sia le televisioni locali sia quelle nazionali potrebbero fare molto per diffondere e dare rilievo alla polivocalità genovese. Ricordo, ad esempio, come negli anni Novanta i canti sardi “a tenore” ricevettero forte impulso a seguito delle ripetute partecipazioni a trasmissioni televisive nazionali di ampia diffusione o a concerti pubblici al fianco di personaggi di spicco della canzone italiana. Vi sono numerosi genovesi e liguri illustri nel mondo dello spettacolo, della musica e della cultura. Ritengo che qualcuno di loro sarebbe meritevole e socialmente apprezzato se, in modo carismatico, investisse energie e immagine personali a favore della polivocalità dei trallalero. Bisognerebbe, inoltre, acquisire la consapevolezza che la polivocalità genovese ha interesse etnomusicologico sia locale sia internazionale, avendo oltretutto numerosi riscontri con la musica religiosa colta e con gli stili vocali lirici, che permetterebbero di promuovere anche presso Accademie e Università percorsi di ricerca e di studio interdisciplinari e interculturali. In termini di conoscenza e di diffusione, un altro contributo sostanziale potrebbe derivare dai cori liguri d’ispirazione popolare o da quelli amatoriali di musica polifonica, inserendo stabilmente nel proprio repertorio canti eseguiti secondo la tecnica del trallalero, magari specializzando un gruppetto di 8-12 cantori delle corali proprio in questo tipo di canti, cercando naturalmente di mostrare un minimo di sensibilità etnomusicologica in termini di vocalità e di reale affezione verso le tradizioni musicali popolari. Da Via Luccoli, da anni, il Gruppo dei “Raccögieiti” sta inviando dei segnali precisi che, a mio avviso, non possono restare inascoltati per altro tempo dal mondo della cultura. Servono intelletti sensibili, i quali, pur nel rispetto della modernità, della multiculturalità cittadina e di quelle che sono le tendenze musicali del momento, si diano da fare unitariamente per ridare vitalità al canto genovese di tradizione orale. In un passato non troppo lontano, le Squadre di canto erano un centinaio e rappresentavano il tessuto musicale popolare di base dei diversi quartieri. A livello cittadino e regionale io ritengo sia possibile porsi come “mission” quella di ridare vitalità diffusa a questa tradizione polivocale orale. Serve ovviamente una mirata strategia e obiettivi da conseguire con metodo. Girando molto ho avuto modo di appurare che la sensibilità verso le tradizioni locali è notevolmente aumentata negli ultimi anni, talvolta grazie anche a provvidenziali sponsorizzazioni che giungono dai privati e dal mondo dell’imprenditoria. Il mio compito di ricercatore è di stimolare il dibattito, di evidenziare le questioni socio-musicali e, se necessario, di fornire un contributo come etnomusicologo. Nel caso dei “Raccögieiti” li ho incoraggiati ad auto promuoversi, pubblicando un disco corredato di note illustrative. Un “main sponsor”, con modico investimento, potrebbe dare loro concreto sostegno, ma sarebbe solo un inizio. Per il resto servono interventi culturali di ben altra portata con il supporto delle Istituzioni. Nel frattempo anche i cittadini comuni, non necessariamente competenti musicalmente, potrebbero dare il proprio concreto contributo andando numerosi a trovare il sabato questi intrepidi e irriducibili cantori, mostrando loro affetto e riconoscimento durante le libere performance presso il Bar o la Piazza Luccoli. E sono propenso ad asserire che, se si agirà con criterio, con volontà propositiva e muovendo le giuste leve in termini di pubblica informazione, in breve tempo, questa piazza, il sabato pomeriggio, potrebbe diventare un luogo affollato di ascoltatori eterogenei provenienti da ogni dove anche perché, desidero ricordare, il centro storico di Genova è affascinante sotto tutti i punti di vista e merita senz’altro una visita essendo peraltro facilmente raggiungibile dalle stazioni ferroviarie cittadine. In conclusione desidero elogiare l’attività di tutti i cantori di Genova e del genovese oggi impegnati a tenere viva la polivocalità del trallalero. In particolare ritengo ammirevole e lodevole l’impegno del gruppo dei “Raccögieiti”: tenete duro guardando sempre avanti con gioia, avendo la convinzione che la vostra opera sarà utile e ascoltata. Se a livello comunitario pensate che sia ancora troppo poca la sensibilità pubblica verso i vostri canti, perseverate affinché le condizioni possano cambiare, operando con la consapevolezza che, grazie soprattutto al vostro contributo, “Zena”, come merita, nel tempo, potrebbe tornare a essere uno dei centri più rilevanti della cultura musicale di tradizione orale, con ammiratori in tutta Italia e nel mondo.



Paolo Mercurio

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