Arcade Fire – Reflektor (Merge/Mercury, 2013)

Vorrei evitare la tipica recensione da blog indipendente, anche perché non è questo lo spirito che anima Blogfoolk, e vorrei dirvi che questi Arcade Fire mi piacciono. Mi piace lui, Butler, che guida con mano ferma questo ensemble nutrito, dove suona e si esprime la sua Regina, moglie e madre. Loro mi son piaciuti da subito, per le evidenti derivazioni “sane”, per quel fare canzoni che faceva capo ad un immaginario di problematiche moderne e giovanili, legate a un fare musica capace di grandi atmosfere e crescendo più da musica classica che da rock, e per quel loro usare strumenti bizzarri anche come scelta. Quello che non mi è mai piaciuto è il produttore di questo nuovo lavoro, quel Murphy degli LCD. Quando va bene la collaborazione fa diventare i nostri più Talking Heads che mai, ma quando va male li fa pendere dalla parte di un genere cassa in quattro molto sospettosamente Daft Punk, senza il loro essere autoironici. Il disco chiede di essere ascoltato in tanti modi diversi, anche distrattamente, diventando una sorta di sottofondo di quelli che si sentono nei negozi di abiti per adolescenti, avete presente quei sottofondi che suonano benino in ottemperanza a una sorta di adesione a un canone alla Eno, e alla sua “Music For Ambient”? A un ascolto approfondito si può cogliere la cifra stilistica di Butler venir fuori, le linee vocali che si intersecano, armonizzano e si raddoppiano, tastierine da discoteca, con sempre quei tre quattro accordi tipici di quel fare musica si fanno prevedibili. Alcuni brani escono da questo schema, per fortuna... “We Wxist” però sembra “Black is Black”. A parte gli scherzi, ci sono cose belle, il lavorio della parte maschile e di quella femminile muove lungo coordinate eleganti e quasi alla Prefab Sprout, riarrangiati e corretti temporalmente. Gli Arcade Fire poi, per meriti loro, non sono come noi e voi, loro possono stare un buon sei mesi in studio se ne hanno voglia. Possono spaccare il capello in quattro e, come diceva il geniale Nick Lowe, “lucidare lo stronzo, che però rimane tale”, che era la geniale definizione del grande musicista inglese in merito al lavoro di studio. Credo che su questo disco i nostri eroi abbiano lucidato abbastanza. Mi aspettavo di più, e non credo basti fare un pezzo glam alla T-Rex per riprendersi. Nel suo insieme questo è un disco furbetto, e non aggiungo altro.


Antonio "Rigo" Righetti
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