Vincenzo Santoro – Memorie della Terra – Racconti e canti di lavoro e di lotta del Salento, Libro con CD, Squilibri, 80 pagine, Euro 16,00

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Nella prima metà del Novecento, il Salento fu segnato da una intensa stagione di lotte sociali, cominciate con la rivolta di Tricase del 15 maggio 1935 sfociata poi con la feroce repressione di una manifestazione di piazza delle tabacchine dell’Acait, e chiusasi con un altro evento drammatico, ovvero l’occupazione del feudo d’Arneo nel 1949-51, ricordata come l’azione più eclatante intrapresa dal movimento sindacale e contadino. A questa indimenticabile ed allo stesso tempo dura stagione di lotte, è dedicato Memorie della Terra, libro con cd edito da SquiLibri, che documenta un lungo ed articolato percorso di ricerca su quelle vicende compiuto dal ricercatore, Vincenzo Santoro. Tale lavoro documenta due facce della stessa medaglia ovvero le storie dei protagonisti di qui giorni di lotta sociale ma anche la tradizione musicale dei canti di lavoro del Salento, di cui diversi di essi furono composti proprio in quei giorni in occasione delle manifestazioni dei contadini. Coerentemente a quanto già ampiamente esplicato nel disincantato saggio Il Ritorno della Taranta, il ricercatore salentino con questo nuovo saggio getta nuova luce sulla complessa storia del tacco d’Italia, cercando di sfatare l’immagine bucolica di una terra troppo spesso identificata solo con la massa festante della piazza di Melpignano, e quasi mai ricordata per il coraggio e per la forza dei suoi abitanti, veri antesignani della protesta del 1968. Nei primi anni del Novecento, i contadini salentini vivevano una vita fatta solo di povertà, sfruttamento e umiliazioni continue da parte dei latifondisti locali che detenevano non solo gran parte delle terre ma soprattutto il potere. Un medioevo sociale a noi ancora troppo vicino per poter essere archiviato nei libri di storia, è per questo che servendosi delle testimonianze dirette di molti dei protagonisti di quei giorni e di un ricchissimo apparato fotografico, Santoro è riuscito ad aprire uno spaccato spazio temporale ancora di grande attualità, che ci restituisce non solo un interessantissimo corpus di canti di lavoro ed arriva a ricreare lo spirito che animava i giorni di protesta nelle piazze del Salento. Da questo percorso di ricerca è nato anche lo spettacolo omonimo (la cui registrazione live è contenuta nel cd allegato), una sorta di teatro canzone civile, nel quale a fare da collante tra i vari brani tradizionali sono le memorie della gente comune, una storia non ufficiale, non documentata in nessun libro di storia, ma autentica, che ha segnato per sempre l’animo e il corpo dei braccianti, delle tabacchine e degli operai salentini. L’ascolto del disco è un esperienza intensa, infatti i canti sono intercalati dalle letture drammatizzate dai racconti dei protagonisti, raccolti durante la ricerca da Santoro, e nell’insieme compongono un intreccio di musica e parole in grado di ricostruire in modo molto fedele la condizione dei lavoratori nel Salento dei primi del Novecento. Nell’insieme questa registrazione dal vivo dello spettacolo da cui è tratto il libro, ci da modo di compiere un vero e proprio viaggio nel tempo, e basterà porgere un po’ di attenzione per vedersi materializzare davanti agli occhi, le rivolte del 1935 quando perirono cinque manifestanti o ancora i poliziotti che “fanno a pezzi le biciclette” dei contadini che avevano occupato l’Arneo nel 1950, storie raccontate dal poeta Vittorio Bodini, e che videro protagonista il grande sindacalista Giuseppe Di Vittorio. Di grande intensità sono anche le riproposizioni di alcuni canti di lavoro nati in quegli anni e poi diventati famosi come Lu Sule Calau Calau, Fimmene Fimmene, La Tabaccara e La Ceserina, o altri poco noti ma non meno affascinanti come Masseria Stanese e La Cupa Cupa Vene de Pisticcia, il tutto ad opera di un ensamble che riunisce alcune eccellenze della musica salentina come Anna Cinzia Villani, Maria Mazzotta, Daniele Girasoli ed Enrico Novello. Si tratta di riproposizioni scarnificate per soli tamburelli, voci e chitarre, che ci restiuiscono integra la ruralità delle versioni originarie, dando vita insieme alle parti recitate ad una ricostruzione socio-antropologica di grande spessore intellettuale.

Salvatore Esposito

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