Alberto Patrucco ha incontrato le canzoni di Georges Brassens molto tempo fa e, da qualche anno, si ripropone di farle incontrare al suo pubblico, facendone scoprire gli splendidi testi in versione italiana. Il suo terzo disco dedicato al grande Georges è stato pubblicato da Halidon nel giugno 2023 e contiene dieci canzoni. Il titolo è lo stesso di quello scelto per il libro scritto in collaborazione con Laurent Valois (Paginauno Edizioni, 2021), ovvero: “AbBrassens”. Il traduttore vuol riprendere così, grazie a questo originale neologismo, l’immagine di un abbraccio ideale al poeta della canzone francese.
L’ascolto del CD mette in evidenza i raffinati e suggestivi arrangiamenti che danno risalto all’interpretazione e paiono sottolineare le parole, intrecciandosi alle storie scritte da Brassens. Non mancano rielaborazioni musicali che un po’ alterano la canzone, come nel caso de “La non domanda di matrimonio (La non demande en mariage)” in cui, anche se le parole ben rispecchiano il testo, il ritmo più leggero che le accompagna fa perdere quella solennità che caratterizza l’originale. Ma forse il traduttore ha preferito un tono meno grave, ritenendolo coerente con una “non domanda di matrimonio”: la traduzione di una canzone, del resto, si fonda sulla variazione e questa interviene anche a livello musicale.
Le versioni di Patrucco, attente e fedeli, riproducono le sfaccettature del mondo brassensiano, mettendo in luce sia il carattere atemporale dei personaggi, sia la sorprendente attualità di tanti temi.
In alcune ricreazioni, il tocco del traduttore è evidente sul piano culturale; per esempio, nella canzone “La prima donna (La première fille)”, alcune celebri battaglie della Prima Guerra Mondiale sostituiscono quelle napoleoniche: “Mi son scordato le battaglie / Del Piave e di Caporetto (J’ai tout oublié des campagnes / D’Austerlitz et de Waterloo”). La successione di vittorie e sconfitte è mantenuta in queste prime citazioni, ma l’elenco è poi tralasciato a favore di una personale presa di posizione di stampo antimilitaristico che Brassens avrebbe potuto condividere: “Tutte le guerre e le schermaglie / Di teste calde con l’elmetto (D’Itali’, de Prusse et d’Espagne, / De Pontoise et de Landerneau!)”.
Patrucco gioca con le frasi idiomatiche che sono un modulo stilistico tipicamente brassensiano; si veda “La cattiva reputazione (La mauvaise réputation)”, dove ne adopera in successione, anche in forma allitterativa: “Che mi agiti o passi la mano, / passo comunque per un tipo strano […] Musica e banda che tengono il passo (Qu’ je m’ démène ou qu’ je reste coi / je pass’ pour un je-ne-sais-quoi. […] La musique qui marche au pas)”. In tale serie, riconosciamo le espressioni: “passare la mano” “1. spec. nel poker, saltare volontariamente il proprio turno. […] 2. fig., astenersi volontariamente dal fare qualcosa.”1 ; “passare per qualcuno”: “essere considerato, avere fama di” e, nella strofa successiva: “tenere il passo”, “milit. seguire il ritmo di marcia”.
La ricerca della naturalezza è l’imperativo di Patrucco; il suo omaggio a Brassens si fonde così con la volontà di creare canzoni che non sembrino traduzioni, pur nella fedeltà della riproposta. Notiamo che nella canzone “Gli amori di un giorno”, la frase “Questo tocca ai marinai”, suona “normale” in italiano, al posto di “C’est là l’ sort de la marine”; in questo caso, va precisato che l’originale è una poesia di Paul Fort, “La marine”, messa in musica da Brassens. In un’altra poesia, “Marquise”, che è di Corneille, il traduttore azzarda, nella sua “Marchesa”, un tono “letterario”: “E vagano senza mete / Stelle, astri e il mio desio (Le mesme cours des planètes / Règle nos jours et nos nuits)”.
La scrittura di Patrucco è discorsiva, connotata anche da trovate originali, piccole “licenze poetiche” del traduttore, come nella canzone “I due zii (Les deux oncles)”. Dopo l’inizio, che ha l’andamento della narrazione: “Piacevano gli inglesi, allora, a Zio Silvano / Ai tempi in cui, coi Crucchi stava Zio Germano. / E per i loro amici, son morti tutt’e due”, vediamo comparire, a sorpresa, un terzo zio: “Zio Giorgio, invece, visse. Ma, stava sulle sue”, il che diventa una sorta di omaggio a “Tonton Georges” che illumina la divagazione: Brassens, infatti, ha sempre rivendicato il fatto di non voler prender parte direttamente a nulla, di volersene restare in disparte, “à l’écart de la place publique (Les trompettes de la renommée)”. Se mettiamo a confronto i due testi, scopriamo una motivazione traduttologica; vediamo infatti che nell’originale, dopo l’inizio, che coincide: “C’était l’oncle Martin, c’était l’oncle Gaston / L’un aimait les Tommi’s, l’autre aimait les Teutons. / Chacun, pour ses amis, tous les deux ils sont morts", nell’ultimo verso, Georges entra effettivamente in scena: “Moi, qui n’aimais personne, eh bien! Je vis encor". Ecco allora che Patrucco viene a ristabilire i ruoli autore/traduttore evitando pure il rischio di produrre e firmare un testo non verosimile, soprattutto per ragioni di età. Un’efficace equivalenza traduttiva riguarda il ricorso alla maschera bergamasca di Gioppino, nota figura lombarda del teatro dei burattini che viene a sostituire il personaggio della canzoncina infantile francese, risalente al XVIII secolo, “Malbrough s’en va-t’en guerre: Que les seuls généraux qu’on doit suivre aux talons, / Ce sont les généraux des p’tits soldats de plomb. / Ainsi chanteriez-vous tous les deux en suivant / Malbrough qui va-t’en guerre aux pays des enfants; Che gli unici graduati degni di sostegno / Sono i generali dei soldatini in legno. / Così, voi cantereste, seguendo i burattini / "Gioppino va alla guerra" nel paese dei bambini. Infine, nei versi: Se i miei due zii vedrete, e sottolineo se / A loro offrite questi non ti scordar di me...”, come non trovare un’eco nel mondo della canzone italiana, in virtù dell’espressione e sottolineo se, diffusa, negli anni Sessanta, da Mina in “E se domani” (di Carlo Alberto Rossi, Giorgio Calabrese), e rimasta nella memoria?
La celeberrima “Les copains d’abord” diventa “Amici e niente più”; il titolo della canzone è anche, come nell’originale, il nome della barca in questione e viene a rimare con una felice espressione: “Erano fari in mezzo al blu”. Nei versi significativi della parte finale della prima e dell’ultima strofa: “E navigava, si capisce, / Nel grande stagno delle bisce”, un apparentemente semplice gioco di rime ha un’eco interessante nella citazione della biscia; la parola è, “Nell’uso pop., nome generico d’ogni serpe innocua”; l’animale “È d’indole mansueta e per niente aggressiva”, cfr. il Vocabolario e l’Enciclopedia. La biscia è anche la protagonista di racconti e leggende contadine. Vi è quindi un riflesso culturale che può evocare il mondo infantile, così come nell’originale c’è “la grande mare des canards" che certo è la trasfigurazione un po’ fiabesca dell’Étang de Thau di Sète, il lago dove Brassens giocava da bambino. Il senso della canzone, il leitmotiv dell’amicizia, viene qui ad avere una valenza in più dato il coro di amici di Patrucco; vi è infatti la partecipazione di due cantanti ospiti, Luca Ghielmetti ed Enrico Ruggeri, quest’ultimo coinvolto anche nella produzione del CD. Vi sono le grandi linee del testo di Brassens, ma è, naturalmente, impossibile ricreare in altra lingua quell’incredibile intreccio di citazioni che struttura questa canzone. Nella versione di Patrucco restano comunque i riferimenti, più noti, a Sodoma e ai Vangeli.
Particolarmente riuscite sono le versioni delle canzoni “Lo scettico” e “Il modesto”. Nella prima, da notare lo sviluppo degli stereotipi religiosi: “E il Kippur, e il Ramadan, e i feticci consacrati...” mentre in francese si parla soltanto di “olio santo” e “pane benedetto” (“Et l’huile consacrée comme le pain bénit”). E poi la bella trovata della conclusione, che, come sempre in Brassens, coglie di sorpresa: “Mais j’envie les pauvres d’esprit pouvant y croire"; nell’originale, “i poveri di spirito”, che sono beati nel Vangelo e che il poeta “invidia”, molto probabilmente con ironia, sono resi in italiano in modo più generico, “Ma invidio chi si beve il tutto e non fa storie”, con il supporto di due frasi idiomatiche: “bersela” ovvero “credere ingenuamente a qcs. di improbabile”, e fare storie “sollevare obiezioni e difficoltà, fare resistenza, tergiversare”. Viene così ripresa la parola “storie”, significativamente ripetuta per tutta la canzone e fulcro della “massima-ritornello” inventata da Brassens: “Non credo a una parola di tutte queste storie (Je ne crois pas un mot de toutes ces histoires)”. Se, in questa canzone, il pregio della credibilità può essere attribuito all’interprete che propone il suo modo di essere, la sua visione della vita, tale effetto “personale” si accentua ne “Il modesto (Le modeste)”, in cui è facile riconoscere la presenza dello stesso Brassens. Così, quell’abbraccio tanto desiderato dal traduttore lo porta ad assumere, in prima persona, delle immagini legate all’autore: “Lui, senza far tante menate / Ha aperto gli occhi a Carate… (Lui, la nativité le prit / Du côté des Saintes-Maries)”. La natia Sète di Georges, qui citata indirettamente per il tramite di una località vicina, (Saintes-Maries-de-la Mer), si trasforma in Carate (Brianza), la città natale di Alberto.
Mirella Conenna
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1 Tutte le definizioni riportate sono tratte dal Dizionario Italiano De Mauro
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