Polistrumentista eclettico ed innovativo, Roberto Fega si definisce un “musicista non allineato” e per comprendere il senso di questa affermazione, basta ripercorrere la sua lunga ed articolata carriera, nel corso della quale ha attraversato diversi ambiti musicali dal jazz alla musica elettronica passando per la world music, spinto dalla contante tensione verso la ricerca e la sperimentazione. Dopo aver debuttato in ambito avant-rock destreggiandosi tra elettronica e campionatori, ai quali ha affiancato sassofono e clarinetto, si è dedicato all’improvvisazione radicale con il collettivo romano Cervello a Sonagli e quello nazionale del Circa, e ai suoni del mondo declinati in chiave jazz con Titubanda. Nel corso degli anni, ha messo in fila una lunga serie di prestigiose collaborazioni e progetti, tra cui “Fraili” con Paolo Angeli, il duo Timbuctu con Pasquale Innarella con cui ha pubblicato “Monktronik” nel 2015 un intrigante omaggio a Thelonius Monk, e il trio Taxonomy con Elio Martusciello e Graziano Lella, ai quali ha affiancato un interessante produzione discografica come solista nella quale spiccano “Daily Vision” e “Echoes From The Planet”. Il suo nuovo album “Playing The Foolk” prosegue il cammino intrapreso con i due volumi di “Folk!” del 2022, nel quale sperimentava l’incontro tra jazz, elettronica e musica tradizionale, e ne amplia il raggio d’azione nei territori della world music, della musica dub e della techno. Seguendo la formula collaudata nel precedente, Fega elabora le sue composizioni partendo dalla materia viva delle voci della cantante turca Selen Çapaci, del curdo Mübin Dünen e della portoghese Juliana Azevedo e degli strumenti di Federico Pascucci (sax tenore), Massimiliano Felice (organetto), Valerio Mileto (oud), per destrutturarle e ricontestualizzarle in ardite architetture sonore in cui passato e futuro sembrano sovrapporsi. Si compone così un viaggio sonoro che parte dal jazz e si dipana tra latitudini e longitudini differenti, intrecciando ritmi, corde, voci e beat elettronici, per dirigersi verso la sperimentazione, le avanguardie e il futuro. Ad aprire il disco è “Gaza Kids Voices”, nella quale viene evocato la distruzione di Gaza ad opera delle truppe israeliane, con le voci dei bambini che fanno capolini tra i beat techno e le trame dell’oud di Valerio Mileto. Si prosegue con la sinuosa “Oriental Sunrise”, in cui spicca la linea melodica tracciata dal sax di Federico Pascucci che in crescendo viene trasfigurata tra synth ed elettronica, e “Inside The Head” in cui viene rielaborato il medley tra “Uirapuru” di Waldemar Henrique e il canto tradizionale portoghese “Meu lírio roxo” cantati da Juliana Azevedo. L’oud di Valerio Mileto e la voce della cantante turca Selen Çapaci sono protagonisti del canto tradizionale di Smirne “Ah Bir Atas Ver” che Fega declina in chiave elettronica, mentre nell’irresistibile ritmo funk di “Tô” di Tom Zé ritroviamo la voce di Juliana Azevedo. Uno dei vertici del disco arriva con “Accents 5:17”, un brano intenso e potente in cui l’oud di Mileto è la base di partenza per un vorticoso quanto imprevedibile climax che culmina in un finale sorprendente. La trasfigurazione del “Saltarello” suonato da Massimiliano Felice all’organetto diatonico ci introduce all’eterea “Wind” con la voce e il ney del curdo Mübin Dünen filtrate attraverso increspature elettroniche che esaltano l’intensità del canto. La sequenza world-jazz avantgard con “Kaleidoscope” in cui Juliana Azevedo interpreta “Vai Menina Amanhã de Manhã” di Tom Zé e il tradizionale turco “Drama Köprüsü” cantato da Selen Çapaci ci guida verso il finale con i sette minuti e quaranta di “Magical Atmosphere” in cui giganteggia il sax di Federico Pascucci, a suggellare un disco intrigante da ascoltare con grande attenzione.
Salvatore Esposito
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Contemporanea