In origine si chiamavano “Hypnotic Wheels” (l’esordio è del 2014); diventati Muddy Gurdy, pubblicano il disco eponimo che dall’Alvernia procedeva verso il Mississippi. Il successivo, “Homecoming” (2020), scorreva nella direzione opposta: un ritorno a casa ma sempre nel solco di inusitate confluenze tra folk della regione sud francese e l’hill country blues. Nel nuovo capitolo intitolato “Seven” si rimettono in viaggio, questa volta da Romagnat verso il Bayou, producendo il resoconto musicale on the road di un’altra scorribanda nel Sud della Louisiana. Il lavoro è dedicato a Marco Glomeau, il percussionista ideatore e fondatore del trio, prematuramente scomparso nel 2023.
I Muddy Gurdy sono la cantante, chitarrista, compositrice e arrangiatrice Tia Gouttebel, compagna di Glomeau, il celebre ghirondista Gilles Chabenat e Fabrice Bony, nuovo ingresso nella line-up, a percussioni e cori. Dicono della loro musica: “Nessun dogma, nessuna pretesa etnomusicologica, solo il piacere dell’incontro e della condivisione. ‘Seven’ non è una lezione di storia, ma una lezione di vita e forse anche di sopravvivenza”. Ci si chiede: perché il titolo “Sette”? Perché sono partiti per la Louisiana in sei (i tre musicisti, i tecnici del suono Pierre Bianchi e Didier Lamaze con il loro studio mobile e il filmaker Yannick Demaison), ma lo spirito di Marco è stato con loro durante il viaggio, nei loro cuori e in molte delle dieci canzoni.
Una registrazione raccolta nel giardino di Frozard, casa colonica nei pressi di Arnaudville, apre il programma: si tratta di “Jambalaya” (da ascoltare a tutto volumee!), il celebre brano di Hank Williams, con dentro ad affondare l’archetto è Bobby Michot, uno dei “Les Freres Michot”, rinomata famiglia di maestri suonatori di Lafayette. La voce e la fisarmonica dall’indole zydeco del texano Ruben Moreno si prendono la scena nel R’n’B “I Got Loaded” di Lil’ Bob, mentre con il tradizionale “Jure in the Morning” entriamo nel soggiorno di Jeffery e Millie Broussard a Opelousas: sono le Broussard Sisters, che portano la loro tradizione familiare di performer di “jure”, il canto con l’utilizzo di percussioni a mani e piedi. Lo spirito del Mardi Gras deborda da “Morning Comes”, che vede Big Chief Juan Pardo (dei Golden Comanches) alla voce e al tamburello al BJ’s Lounge della Big Easy. Al New Orlean Jazz Museun i Muddy Gurdy suonano la struggente e avvincente “Plain Gold Ring” di Earl Solomon Burroughs, conosciuta soprattutto nella versione che ne diede Nina Simone nel suo album di debutto “Little Girl Blue” (1959), con la sua inconfondibile linea di basso che fu ripresa dai Doors. Invece “Un Pas Vers Toi” è un numero accorato e carezzevole, che Tia Gouttebel canta ricordando Marco, il suo partner scomparso, insieme al coro di bambini del 4th Grade della scuola primaria francofona Myrtle Place di Lafayette. Ci riporta in Francia, dove è stato fissato, il singolo che segue, il classico “Louisiana Blues” di Muddy Waters, che era stato arrangiato in maniera originale, con enfasi percussiva, da Glomeau. Ritorniamo a La Fayette, in cui la chitarra è in dialogo con la fisa di Ruben Moreno, che ritorna nella sua “Almost Lost My Mind”, aggiungendo la profondità data dal suo timbro canoro. Da una session su un battello sul Lago Martin proviene un’altra canzone emozionante, “Laisser Mon Coeur”, in cui Gouttebel canta i suoi sentimenti per Marco. La band si congeda riproponendo “Plain Gold Ring”, in una versione fissata sul Lago Martin, galleggiando tra antichi cipressi a Breaux Bridge. L’acqua lambisce il fianco del battello, sentiamo il canto delle rane, poi ghironda (che riprende la linea del basso) e percussioni aprono la toccante canzone, sostenendo la voce di Gouttebel che canta, accompagnandosi con minimali di chitarra: Alla fine della canzone ascoltiamo ancora l’acqua e un motore.
Bravissimi i Muddy Gurdy, che ci consegnano un album che scalda il cuore, nel segno di musica suonata con onestà, passione e freschezza.
Ciro De Rosa
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