Quarto lavoro discografico per il cantautore leccese Gianluca De Rubertis. Nove tracce inedite prodotte insieme a Carlo Giardina, che ha curato anche la registrazione e il missaggio.
“L’equazione del destino” (“Risolveremo l’equazione del destino, annulleremo le distanze che separano il lontano dal più vicino, ci spareremo come missili in mezzo al vento, come lampi dentro a un cielo bianco”) apre il disco con un pianoforte martellante, sostenuto da synth e batteria, più delicata è “Il concetto di virtù” (“Giudica quanto brilla una stella tra le tenebre, sai che c'è stabilisco il concetto di virtù e dentro ci sei tu”) cantata insieme a Dente e macchiata dalla chitarra elettrica. Un arpeggio di pianoforte accarezza l'inizio della magica “Il Pellicano” (“Se chiudi il becco non pronunci più parole, ma il pensiero nel silenzio può parlare e voli a picco nei ricordi di un bambino che per ore dopo pranzo masticava il suo boccone, la quercia gelida nel parco madre austera, dei bambini che si sanno arrampicare e la corteccia con la mano a tormentare”) che poi si trasforma in un ritmo più trascinante, la voce di Elena Del Bianco arricchisce l’arrangiamento quasi barocco della valida “Il Tragitto di un lampo” (“Ma ci potremmo amare nel tragitto d’un lampo, ne hai già vissute di cose belle, tessuti molli sfiorati dai baci di una formidabile pelle, miliardi di caduti ti hanno dato già l'esempio, ci dovrai rinunciare nel tragitto di un lampo”). Echi di Battiato si colgono nella successiva e orecchiabile “L’intelligenza del dolore” (“L'intelligenza del dolore ti aiuta spesso a rinnegare, la deficienza più totale di quel che sia desiderare, feroce è l'empatia dei deboli, la negativa ideologia degli invisibili”) con un tappeto di sintetizzatori e pianoforte, un elegante arrangiamento di archi curato da Enrico Gabrielli culla la bellissima “Notte oscura” (“E tu sei estremamente bianca nell'estremo nero, nera è la vita, immensamente bianco il mistero ed ogni vuoto, anche se piccolo e profondo e non è un caso se poi il cuore pesa come il piombo e ogni nuvola è un messaggio nel cielo quaderno, il paradiso in fondo a destra dopo l'inferno”). Ancora un trionfo di archi unito ad un andamento più serrato si coglie con “Le Piramidi” (“La superba piramide ci irradiava di pace, tu stendevi un filo elettrico dal tuo cuore al mio cuore e non siamo lunatici perché siamo solari e le grandi piramidi nella notte diventano fari”), “Sua discografica maestà” (“Carmelo Bene lo ha prescritto, signori attenti all'entusiasmo, che se si è troppi sopra un tetto, il cosmo può durare un giorno”) è un'efficace invettiva scandita da chitarre elettriche e synth. “Eterno Rosso” (“Qui fermi al semaforo, ed io mi innamoro, con gli occhi che sanno di dopolavoro, che spingono dai vetri delle macchine, che uccidono la noia e l'abitudine, che mettono inquietudine”) è un rock tagliente dal sapore dance, con la bella voce di Camilla dei Ros, in chiusura troviamo “Era già tutto previsto” una cover ben rivisitata di Riccardo Cocciante.
Un ottimo ritorno, De Rubertis si conferma come uno dei cantautori più interessanti della sua generazione con una voce calda e particolare. La sua è una scrittura sempre ispirata, originale, incisiva che si sposa con degli arrangiamenti curati, di ampio respiro, dove echi pop convivono con la canzone d'autore più classica. “L'equazione del destino” è un disco necessario ed intrigante, tutto da scoprire e soprattutto da amare.
Marco Sonaglia
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