Tri Nguyen – Duos - Alone. Dàn tranh and piano (Naxos World, 2023)

Un pianoforte e uno đàn-tranh per unire due Mondi. Arriva dal Vietnam la nuova proposta discografica del raffinato musicista vietnamita Tri Nguyen. Si tratta di una grande lezione su come due strumenti, apparentemente molto lontani, possano unire due mondi come l’Oriente e l’Occidente, arrivando a farli diventare uno solo, quello che conosciamo e che questo lavoro ci invita ad amare e custodire. L’anima occidentale è rappresentata dal pianoforte mentre quella orientale dal fratello cordofono đàn-tranh, la cetra tradizionale vietnamita a 17 corde, dal suono elegante, caldo e riverberante, di cui Tri Nguyen è anche virtuoso. Un felice e equilibrato incontro tra i due cordofoni, per esempio, viene raggiunto nel brano finale del disco “Your Flight to Heaven”. Ecco che allora i glissati, le pentafonie, gli spazi infratonali, i veloci raschiati nel registro acuto di questo strumento, arrivano come un graffio diritto al cuore, e, significanti dell’animo straziato dell’artista per il definitivo allontanamento dalla cara madre, si innestano nello spazio diatonico e temperato del pianoforte. La forma comunicativa scelta dal compositore è quella epistolare, infatti l’artista “invia” una serie di ‘lettere musicali’ alla defunta madre che ancora immagina di osservare dal sofà mentre prepara da mangiare e gli accarezza le mani. Ogni ‘lettera’ musicalmente si traduce in una forma brachilogica con molti elementi di iterazione, dove però, le formule ripetitive e non sviluppate non producono noia ma incanto e charme, direbbe il filosofo e musicologo Jankélévitch. Non è azzardato dire che per molti aspetti ci troviamo di fronte ad un nuovo Sakamoto. È un disco molto toccante, discreto, intimo che risveglia in profondità le corde sensibili di chi ha vissuto o vive l’esperienza del distacco da un proprio caro, che però rivive nella memoria dell’ascoltatore attraverso i brevi incisi melodici, le figure emergenti dello đàn-tranh sullo sfondo delle continue ripetizioni degli accordi sciolti del pianoforte. La formazione occidentale del musicista emerge esplicitamente in tutto il disco e in modo dichiarato in brani come “Sigh of Sorrow” (basato sull’ “Aria delle Variazioni Goldberg” di Bach), “That Bicycle Ride” (con citazioni dalla “Fantasia” di Mozart), “Our Last Waltz” (con passaggi dal “Concerto per Piano” di Ravel), “Drunk” (basato sull’Adagio dell’Autunno, dalle “Quattro Stagioni” di Vivaldi ). In particolare si nota una predilezione per forme barocche cicliche, come la passacaglia o la ciaccona, già dal brano iniziale “Weeping Mango Leaves”. Insomma si tratta di un lavoro di grande spessore, sia per la sincrasi musicale che raggiunge, sia per l’intima sensibilità emotiva che comunica, sia per il messaggio di universalità e pacifica convivenza che vi soggiace. Un disco importante che si consiglia di ascoltare e riascoltare con attenzione, ai frequentatori delle sale da concerto di musica classica così come ai cultori della world music. 


Francesco Stumpo

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