Se la voce è stata a lungo considerata al centro del repertorio folklorico abruzzese, non si può trascurare una variegata realtà di pratica della danza, messa in luce dagli studi di Carlo Di Silvestre e, soprattutto, di Giuseppe Michele Gala. Al meticoloso impegno di indagine etno-coreutica del secondo attinge Sebastian Giovannucci per il suo “il ballo della sala”, album che porta come sottotitolo “Danze di società abruzzesi all’organetto” e che si avvale anche del contributo di studi di Francesco G.M. Stoppa, antropologo e etno-coreologo.
Nativo di Sulmona, nell’aquilano, classe 1995, Giovannucci è musicista e ricercatore indipendente di musiche di tradizione orale, che così si presenta: “mescolo le radici della mia terra al personale mood della fisarmonica bitonale (organetto) e del pianoforte moderno”. Inizi da organettista con il nonno, poi formazione jazzistica al Conservatorio de L’Aquila e, successivamente, a Bologna con un interesse rivolto al rapporto tra canti popolari e jazz e all’oralità abruzzese. Artisticamente è impegnato con diversi gruppi musicali e teatrali, tra cui i Lupi della Majella https://www.blogfoolk.com/2019/01/i-lupi-della-majella-delladamonne.html
L’album di debutto da solista è stato pubblicato dalla toscana Radici Music e nel formato fisico si presenta con un digipack su carta artistica speciale, accompagnato da un libretto di sedici pagine contenente le note esplicative dei balli e un codice qr che consente la visione di video che presentano i balli della tracklist.
Il repertorio proposto si concentra sui balli ottocenteschi di società (contraddanze contadine), di cui sono poste in rilievo le caratteristiche ritmico-melodiche dello strumento organetto, al fine di rievocare la dimensione di una serata a ballo a carattere familiare. Così introduce il senso del suo studio lo stesso Giovannucci, al quale lasciamo la parola: “Nella seconda metà dell’Ottocento, in Italia, le forme di ballo colto migrano verso il repertorio popolare, adattandosi allo stile e all’etica del ballo tradizionale. Questi balli vengono rimodulati in maniera semplice e adattati alle possibilità tecniche e musicali. Riscontrano presto il favore generale, poiché generano occasioni di socializzazione e propongono schemi meno rigidi e più divertenti del ballo tradizionale atavico. Con l’avvento dell’organetto a due e otto bassi nelle campagne abruzzesi, nei primi decenni del Novecento, il mondo contadino genera con creatività un repertorio ‘rubato’ alla musica da ballo di cultura egemone (scottish, mazurka, polka, walzer) che determina la fine quasi definitiva del ballo a coppia aperta, introducendo figure circolari derivanti dai balli atavici (es. spirali). Buona parte di queste figure diventano presto il cuore pulsante di un grande contenitore coreutico, che prenderà il nome di quadriglia. L’Abruzzo del dopoguerra suona e balla questo repertorio nelle case, nelle stalle, durante le feste di contrada o di paese, nelle aie o nel pieno di uno sposalizio, rispondendo spontaneamente alla necessità di ricomporre i legami sociali martoriati dal secondo conflitto mondiale. Giungendo ai tempi moderni è bene distanziarsi dal ballo folkloristico, pensato per rivolgersi esclusivamente al pubblico e non ai ballerini stessi: un processo che ha deformato totalmente il ballo. Il cerchio, infatti, viene compresso in movimenti lineari, dx- sx, avanti-dietro. Si perde il rapporto con il suonatore e con il gruppo di ballo, per favorire l’aspetto frontale e edonistico. Questa riproposizione del ballo tradizionale modifica il ballo nella sua essenza, eliminando il senso sociale e identitario che gli conferiva una funzione di collante per la comunità”.
Apre le scaletta “Il Ballo Della Sala”, un ballo-gioco in genere ballato a tempo di “passetto” (4/4), appreso dal nonno, che costituisce in un certo modo l’intro alla serata danzante che prosegue con le interessanti combinazioni di “Quadriglia A Gregorio / Quadriglia Del Tavo”. Spicca “Danzo Alla Frentana”, suonata con il ddu bòtte, una scottish a struttura semi-aperta a quattro coppie, che conserva in parte elementi di contraddanza colta. L’organetto a due bassi suona anche “Mazurca Fiorata”, caratterizzata da una pronta ed efficace vivacità melodica dell’esecutore. Invece “’Ntriccipiedi”, interpretata con un 18 bassi cromatico, mostra un tratto melodico di umore balcanico. Dalla provincia di Chieti arriva “Passetto a Oliviero”, ballo in 4/4, praticato fino alla fine degli anni ’90, qui suonato con un 8 bassi in tonalità Sol/Do. Sempre di area frentana sono “Mazurca Scambiata” e “Sirpitille”, quest’ultimo un ballo-gioco ancora a tempo di scottish, il cui titolo fa riferimento al comando che indica all’uomo di prendere la donna a braccetto alla sua sinistra, dando inizio a una catena inglese con gli uomini che procedono in senso antiorario e le donne in senso orario. Spiega Giovannucci che “la catena è caratterizzata da contrè singole, doppie e triple. La ritmica dell’organetto preme sul tempo debole creando una sorta di swing fino a provocare, insieme all’aumentare della velocità, la rottura della catena inglese e la riuscita del ballo”. Chiude questo lavoro “Valzer 1990”, con cui Giovannucci propone delle variazioni personali su un tema tradizionale.
Un album indispensabile come fonte di ascolto per la pratica del ballo.
Ciro De Rosa
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