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emozioni, tecnica. La sua prima esibizione con il gruppo è dell'autunno 2017, quando avevamo già in lavorazione l’album con Milutin Sretenović Sreta, “The Balkan Autumn”, pubblicato nel 2018. Con lei abbiamo lanciato il singolo “Srdo moja” nella primavera del 2018 annunciando il nuovo album, ma è arrivato il Covid e la vita si è fermata. Poi, la morte improvvisa di Sreta all’inizio del tour estivo nel 2021 è stato un tale shock per tutti noi da arrestare ogni attività”. Proprio per registrare un omaggio a Sreta, i membri di MSR si sono ritrovati in studio a Mostar a dicembre 2021 e ne è nata “Kad muzika stane” che integra frammenti registrati dal vivo con lo smartphone da Rusmir Pobric. È stata l’occasione per cominciare a dar forma a “Lady Sings The Balkan Blues” con Antonija Batinić alla voce, Mišo Petrović alla chitarra solista e ritmica, Senad Trnovac alla batteria, Marko Jakovljević al contrabbasso e al basso elettrico, Ivan Radoja al violino, Gabrijel Prusina al pianoforte e alla fisarmonica e Sandi Duraković alla chitarra ritmica. Quattro giorni di registrazioni hanno
permesso di dare forma alle basi degli undici brani, che hanno poi visto la partecipazione come ospiti di Boris Vuga alla fisarmonica, Orhan Maslo alle percussioni e Ivan Sušac alla tromba. La novità è che al repertorio delle sevdalinkas si aggiungono brani macedoni e classici del periodo yugo come “Starogradske”. Antonija Batinić ha modo di mostrare la sua profonda conoscenza delle sevdalinkas cimentandosi con brani di culto come “Teško meni u Saraj’vu samoj” (che non a caso apre l’album) insieme a “Da sam ptica” e “Omer-beže too!” (che lo chiude, giusto prima dell’omaggio a Sreta).
Dragi Šestić riassume così l’approccio alle registrazioni in studio: Dedichiamo per lo più un paio d'ore a ogni canzone. Quando l'arrangiamento è più o meno pronto andiamo a registrare. È soprattutto Mišo Petrović a prendersi cura degli arrangiamenti. A volte registro ogni tipo di assolo e prendo le decisioni più tardi, in fase di missaggio. In genere, per registrare un album impieghiamo cinque giorni. Ci lamentiamo sempre di non avere abbastanza tempo (leggi soldi) da trascorrere in studio, ma, chissà, forse questa formula funziona meglio per noi. Forse è questo il motivo per cui il nostro suono risulta sempre frescho e imprevedibile. Direi che abbiamo un modo di registrare jazzistico: hai la struttura e ti butti a suonarla, per definire il tutto strada facendo”.
Alessio Surian
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