A partire dal Novecento, sempre più incisiva è stata l’influenza che ha esercitato lo sviluppo tecnologico sulle produzioni artistiche e ciò con particolare riferimento alla popular music, dimostratasi sempre molto sensibile all’innovazione e alle sperimentazioni nelle sue diverse fasi. A riguardo Paul Théberge affermava che “qualsiasi discussione sul ruolo della tecnologia nella popular music dovrebbe iniziare con una semplice premessa: senza la tecnologia la popular music è impensabile”. Nel corso degli anni, l’analisi di tale rapporto è stata oggetto di numerosi studi scientifici a livello internazionale, più rari in Italia sono i testi di taglio divulgativo. A colmare questo vuoto è il prezioso e ben documentato volume “La musica possibile. Dal cilindro all'auto-tune, storia del rapporto tra popular music e tecnologia”, firmato dal musicista, ingegnere del suono e didatta Dino Mignogna, già noto per aver dato alle stampe gli altrettanto illuminati “Song Analysis” del 2018 e “«Canzonette» a regola d'arte” del 2020, due saggi che indagano le modalità di produzione musicale dallo studio alle particolarità degli strumenti, per toccare il rapporto tra musica e immagine. Aperto dalla interessante prefazione di Giovanni Vacca, il libro offre una dettagliata ricostruzione storica dell’evoluzione del rapporto tra musica e tecnologia che muove dalla rivoluzione industriale che segnava il superamento della fase artigianale della musica per giungere alla contemporaneità. Il musicista tarantino segue diversi filoni di indagine soffermandosi sulla produzione del suono con lo sviluppo e la ricerca sugli strumenti musicali e quelli di nuova creazione, le tecniche di ripresa, registrazione e riproduzione del suono ed in fine la distruzione musicale ovvero i processi che ne caratterizzano la fruizione. Scopriamo, così, i limiti dei primi dischi 78 giri che divennero riferimento per la durata standard delle canzoni, l’introduzione dei microfoni che segnò una vera e propria rivoluzione dell’approccio vocale, l’avvento i strumenti come l’organo Hammond o le chitarre elettriche Fender e Les Paul nel rock, o ancora l’irrompere prepotente dell’elettronica e del MIDI e il giradischi che torna protagonista con l’esplosione dell’hip hop. Non mancano approfondite digressioni sulla registrazione dagli albori del disco alle musicassette, fino all’era digitale con l’mp3 e le piattaforme streaming, non senza evidenziarne il ruolo centrale come vero e proprio strumento. La trattazione di Mignogna non è però unicamente storica ma conduce il lettore alla scoperta nel dettaglio delle evoluzioni tecniche che hanno segnato lo sviluppo della poular music, soffermandosi con piglio affabulativo sulle specificità dei componenti elettrici ed elettronici che vengono utilizzati, così come sui processi operativi e creativi in cui la tecnologia gioca un ruolo centrale. Da ultimo, non viene tralasciata anche una interessante riflessione sui risvolti commerciali strettamente connessi alla tecnologia. Insomma, l’opera firmata dal musicista ed ingegnere del suono tarantino non dovrebbe mancare nelle biblioteche non solo dei musicisti, ma anche di quanti si occupano di musica come addetti ai lavori per comprendere l’opera creativa in tutta la sua articolata complessità tecnica.
Salvatore Esposito
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