Lost Tapes: la storia del jazz pugliese salvata dall’oblio

L’oblio dello scorrere del tempo spesso cancella in modo inesorabile pagine di storia importanti che meriterebbero, al contrario, di essere preservate pur non avendo goduto di notorietà o particolare esposizione. Il mondo della musica non è estraneo a tutto ciò, nonostante i supporti fonografici e le registrazioni ci permettano di riscoprire materiali dimenticati. Spesso, però, si è portati a mettere da parte il passato e, solo grazie all’opera di qualche illuminato ricercatore, ritornano alla luce perle ormai disperse. È il caso del progetto “Lost Tapes” curato dal pianista e compositore Livio Minafra, il quale ha ricostruito la storia del jazz pugliese, recuperando registrazioni storiche di autori ingiustamente dimenticati. Attraverso un rigoroso lavoro di ricerca e restauro sono riemerse incisioni preziose di straordinari strumentisti, tutti figli della banda, come i clarinettisti Enzo Lorusso, Santino Di Rella e Nunzio Iurilli, a cui sono dedicati i primi tre album nomografici, ed ancora le arie d’opera eseguite dalla Banda di Lecce, diretta da Basilio Giandonato e Alfredo D’Ascoli, il pianista Luciano Zotti, per giungere a Santino Tedone, sax alto dell’Orchestra Rai di Roma. Parallelamente alle registrazioni sono riemerse dall’oblio anche fotografie e video, così come parallelamente è in lavorazione un docu-film che racconterà l’intero progetto. Abbiamo intervistato il pianista e compositore pugliese per approfondire insieme a lui la genesi di “Lost Tapes” e soffermarci sui diversi album monografici.

L’idea di ricostruire la storia del jazz in Puglia attraverso il recupero delle registrazioni dei suoi protagonisti risale al 2017 in occasione del progetto “Iazz Bann – Storie dimenticate di jazzisti che girarono il mondo”. Come si è sviluppato il tuo lavoro da quel momento?
L’archeologo parte sempre da un’intuizione ma non sa dove lo porterà. O meglio, prefigura qualcosa, ma la verità è che qualcosa non troverà di ciò che s’aspettava e molto altro troverà che non s’aspettava, a sorpresa. È vero che la storia non la si scrive ma la si racconta. Non immaginavo di trovare nemmeno il 10% di ciò che sto trovando. Ed è una ricerca che durerà anni ancora e oramai, è una parte della mia vita.

Quali sono gli artisti che hai preso in esame per il tuo progetto?
Ero partito da Enzo Lorusso, eccellente sassofonista parkeriano degli anni Cinquanta e Sessanta, morto prematuramente all’età di trentacinque anni ne 1966, ma poi ho scoperto un’epoca. Le bande, eccezionali, grandi, da sessanta elementi con i loro solisti di flicorni. e così ho recuperato Basilio Giandonato con cassette del 1966 e 1976. La Big Band del biscegliese Mimì Laganara del 1952 che si confonde benissimo con un’orchestra alla Count Basie. E poi un mondo a seguire. Dal clarinettista antifascista Santino Di Rella al sassofonista cantante Nunzio Iurilli, dall’arrangiatore di Carlo Alberto Rossi il fantasioso e sfortunato Luciano Zotti, dallo white Coleman Hawkins (così soprannominato fine anni cinquanta a Milano), il sax tenorista Filippo Pellicani, fino a Santino Tedone, primo clarinetto dell’Orchestra della Rai
di Roma di Musica Leggera. Jazz, musica leggera, musica classica... tutto dimenticato e sepolto... pochissimi i sopravvissuti pressoché centenari. Praticamente mio padre, Pino Minafra, classe 1951, è la seconda generazione di jazzisti pugliesi. Se poi si considera il montesantangelese Mike Ortuso pure la terza... E molto altro devo ancora fare e pubblicare. Cosimo Di Ceglie di Andria, tra i primi jazzman italiani assieme nientepopodimeno che Gorni Kramer. Bruno Giannini, tra i padri del pianismo jazz pugliese. E non finirà qui perché, come premesso, più cerchi e più trovi!

In base a quale criterio hai selezionato le registrazioni da recuperare?
Come detto sono partito cercando qualcosa di Enzo Lorusso. Impresa complicatissima per un artista morto nel’66, periodo in cui quelle poche registrazioni erano affidate ai nastri. I registratori non avevano ancora le batterie. Questo lavoro è costituito da una fittissima rete di ricerche e conoscenze personali ed anche recentemente acquisite perché ognuno ti racconta qualcosa e di fatto ti dà degli indizi. Come per un Ispettore di Polizia che indaga a tutto campo. È chiaro che in cinque anni, quello che per me è un chiodo fisso, mi ha prodotto circa 200 fotografie dell’epoca, racconti, ore di nastri e cassette, spesso danneggiate o recuperate in ogni parte d’Italia. Quindi ho digitalizzato tutto e ho cominciato a decidere cosa pubblicare. Mi elettrizzava – ed elettrizza – ridare vita e gente non più in vita, grande musicisti, per i quali ricostruisco biografie, corredo il cd di foto e soprattutto PLAY. si possono riascoltare. Non vi nascondo che sono arrivato a cercarli nel Cimitero per far loro ascoltare nuovamente la loro musica recuperata di fronte alla lapide. È una cosa di energia, di cultura, di memoria. perché oggi dimentichiamo in fretta e siamo una società in difficoltà perché non fa tesoro del passato. Va in questa direzione anche lo splendido docufilm a firma di Lorenzo Zitoli e Salvatore Magrone che sarà pronto nei prossimi mesi, “Iazz Bann”, in cui raccogliamo interviste e video di quell’epoca intorno a Ruvo di Puglia e la sua fucina, la Scuola di Musica che fu (1871-1992).

Come si è indirizzato il tuo lavoro sotto il profilo tecnico nel rimasterizzare e ripulire i nastri originali?
Se si tratta di nastri li mando in un centro a Perugia da Mauro Comodi. Se sono 78 giri li recupera e riversa Martino Tempesta a Corato. Se sono cassette lo faccio io perché ho comprato un lettore di cassette Teac nuovo a due piste + pitch. Dopodiché passo tutto su Pro Tools e seleziono, ripulisco, intono, ricostruisco ciò che merita. Infine, l’ingegnere del suono Gianluca Caterina di Corato opera il restauro finale ricostruendo uno spettro sonoro quanto più riequilibrato. Sia Tempesta che Caterina fanno parte della squadra Angapp Music di Simone De Venuto, con la quale pubblico il tutto sulle piattaforme digitali. Si, perché oltre a fare un numero ristretto di copie fisiche da collezione, la mia sfida è rimettere in “vita” questi artisti rendendoli ascoltabili in tutto il mondo, gratis. Se si va su Spotify o YouTube e si digita Alfredo D’Ascoli, per esempio, storico Direttore della Banda di Lecce tra gli anni Cinquanta e Settanta, si può riascoltarlo. E per la musica questa è immortalità. E per me è anche giustizia.  

Quali sono state le difficoltà che hai incontrato in questo percorso?
Nessuna se non la difficoltà di trovare questi materiali di gente soprattutto defunta. Contattare parenti, superare la loro iniziale diffidenza. Ma io sono un testardo concreto, e sto portando in vita tutto ciò che mi metto in testa di recuperare. Siamo ormai a dieci album e ne farà almeno altrettanti. Semmai più che difficoltà, più scoprivo questi tesori e più mi chiedevo «Ma perché nessuno ha mai recuperato questi gioielli? E perché mi ritrovo io oggi a farlo? Cosa significa nella mia vita?»

Cosa ti ha colpito maggiormente nell’ascoltare queste incisioni storiche?
La bellezza, la grandezza... finita nel dimenticatoio. Non sappiamo più da dove veniamo così... come se non sapessimo il nome di nostro nonno. È un delitto che a me non garba. Le fondamenta del cittadino esemplare dovrebbero essere etimologia, storia e geografia perché tutto il resto vien da sé.

Come sei giunto alla pubblicazione dei vari dischi monografici, giunti ormai al nono capitolo della serie?
In realtà tra qualche giorno siamo al decimo, ovvero dei meravigliosi solisti di Banda che affrontano tra il 1976 e il 1992 arie d’Opera (Verdi, Puccini, Mascagni, Boito...), quali Vincenzo Ciliberti e si suoi storici collaboratori. Si, perché l’Opera ha visto sempre la pubblicazione di dischi. Si pensi alla Callas, la Tebaldi, Gigli, Pavarotti, mentre gli arrangiamenti bandisti operistici non sono stati mai registrati, salvo che dagli appassionati con mezzi molto rudimentali ma che oggi ci raccontano tanto: Pasquale Mariella, Aldino Miceli, Mimmo Fiore, Giuseppe Purificato, Peppino Vals, Antonio Di Maio, Giorgio Cavaglieri, etc. Come detto sarà lungo il cammino, arriverò almeno a venti pubblicazioni. 

Il primo artista preso in esame è Enzo Lorusso. Ci puoi presentare questo grande artista ruvese?
Vincenzo Lorusso nacque nel centro storico di Ruvo di Puglia il 4 giugno 1931 da una famiglia semplice. Cresciuto nella Scuola di Musica comunale con gli allora maestri Antonio e Alessandro Amenduni, mostrò da subito spiccate doti musicali al clarinetto. Nell’immediato dopoguerra, rapito dal jazz e probabilmente influenzato da Santino Tedone, suo compagno di banda e dal 1943 jazzista a soli 15 anni alla corte di Bruno Giannini, volle dedicarsi anche al sax contralto e al sax baritono. Suo modello era Charlie Parker, tuttavia i paragoni sono svariati. Il trombonista Dino Blasi lo accosta a Paul Desmond, chi scrive a Lee Konitz mentre Rudy Migliardi ne parla così: “Lo stile di Enzo mi ricordava Phil Woods: suono teso e articolato”. Richiesto solista poté girare l’Italia e l’Europa assieme a Cosimo Di Ceglie, Peppino Principe, Fred Bongusto, Mina, Pippo Caruso, Victor Bach, Henghel Gualdi, Lelio Luttazzi, Natalino Otto, Flo Sandon’s e molti altri partecipando tra le altre cose a due Sanremo (tra cui l’edizione
del 1960) e a due anni di tournée in Italia con Perez Prado, nel 1957 e ’58, che lo voleva con sé in America. Il destino lo strappò la notte del 18 novembre 1966 a soli 35 anni in un incidente con la sua Fiat 600 bianca sulla Molfetta-Bisceglie.  Sono riuscito però a recuperare già delle musiche per un cd, il vol. 1, e ora che è esaurito, anziché ristamparlo, giacché ho trovato nuovo materiale (con tra gli altri un giovanissimo Rudy Migliardi e Victor Bach), lo farò doppio! Risultato straordinario 120 minuti di musica per un Artista scomparso 56 anni fa.

Altra perla è il volume dedicato al clarinettista Santino Di Rella che da Ruvo di Puglia arrivò a collaborare, tra gli altri, con Mina, Milva, Ornella Vanoni e Sergio Endrigo…
Questa storia è particolare perché in Conservatorio a Bari, dove mi sono formato e lavoro, vi lavora anche Pasqua Di Rella che è di origine ruvese. In questi anni mi parlava spesso di suo papà, il jazz e le sue origini di Ruvo. Un giorno le ho promesso che prima o poi me ne sarei occupato. Per fortuna conservava un nastro. Si, perché di molti artisti, come per Franco Sette, non rimane a volte che un solo nastro. ed è già qualcosa. Di Mike Pellegrini, tra i primi vibrafonisti di Puglia non ho registrazioni. Ma ecco la storia appassionante che ho ricostruito su Santino: Pasquale Di Rella non aveva la tessera al partito fascista, così di tanto in tanto nella sua Ruvo di Puglia veniva prelevato e portato alla Casa del Fascio dove a tal proposito riceveva opera di “persuasione” a suon di ceffoni e percosse. Nei primi anni Quaranta l’aria si fece amara così Pasquale, che faceva il barbiere, si trasferì a Bari con tutta la famiglia. La storia ci insegna che il 25 aprile 1945 l’Italia fu libera, tuttavia dal ’43 molta parte del Sud Italia, un po’ autonomamente (vedi Napoli), un po’ con l’aiuto degli americani, poté già voltare pagina. 
A Bari gli americani in cerca di musicisti per la loro orchestrina avevano saputo di una famiglia in cui c’era un clarinettista. Forse un’informazione data da Santino Tedone, classe 1928, che sempre nello stesso anno a soli 15 anni girava col quartetto di Bruno Giannini per campi d’aviazione, ospedali, rest camp e circoli alleati americani. Fu così che Di Rella, nato il 9 gennaio 1927, allora sedicenne e imberbe clarinettista cresciuto anni prima a Ruvo di Puglia alla corte dei fratelli Amenduni, veniva regolarmente prelevato con una camionetta per andare al quartier generale americano in via Sparano, a suonare! Ed è questo un primo beffardo anello di congiunzione tra padre e figlio, Pasquale e Santino, entrambi prelevati di forza dalle loro abitazioni, l’uno per antifascismo e l’altro per la musica. Ovviamente per Santino fu una fortuna. Conobbe il repertorio americano e imparò a improvvisare; fu in quel periodo che decise di continuare su questa strada intraprendendo la professione. Nel 1957 rifiutò di provare l’audizione nell’Orchestra della Rai di Roma per rimanere libero di suonare in giro (posto di lavoro che scansò anche l’altro ruvese Filippo Pellicani e che invece portò fortuna al concittadino Santino Tedone). La carriera di Di Rella annovera collaborazioni stabili con Alberto Rabagliati, Mina, Nicola Arigliano, Milva, Ornella Vanoni, Henghel Gualdi, Jula de Palma, Gino Latilla, Bruno Giannini, Sergio Endrigo e tanti altri, oltre a tournée in tutta Europa, fino a che, con l’arrivo dei Beatles, questo mondo fatto di complessi musicali jazz scomparve come in un sortilegio. Un lavoro all’Inps gli permise di continuare una vita dignitosa ma l’assenza della musica lo consumò giorno dopo giorno. Ed è qui che appare come per magia il secondo anello di congiunzione. Proprio in via Sparano c’era la casa dell’ottico e fotografo Tonino Antonelli, chitarrista e jazz lover, il quale tra gli anni ’70 e ’80 raccoglieva musicisti e amatori di jazz in appassionate jam
session: dal pianista Franz Falanga al trombonista Dino Blasi, dal contrabbassista Armando De Cillis al pianista Nico Esposito (decisamente interessante nelle registrazioni). Così Santino trovava pace per qualche ora, in via Sparano, guarda caso a pochi metri dove tutto era nato.

Il volume incentrato su Nunzio Iurilli & Gino Palmisano raccoglie invece registrazioni più recenti in cui compari anche tu come ospite…
Si, ed anche Antonio Molinini. Buonanima. Talentuoso arrangiatore, pianista e appassionato di flicorno. Qui il miracolo l’ha compiuto con Gino Palmisano, pianista raffinato e di esperienza, al quale ho chiesto di accompagnare – quarant’anni dopo – le registrazioni che Nunzio Iurilli faceva in casa negli anni Ottanta cantando a cappella. Ovviamente anche Iurilli è morto da tempo e il cd è come fatato. In più per Molinini è stato uno dei suoi ultimi lavori. Non si prevedeva che sarebbe volato in cielo. Io invece appaio con una Melodica Hohner in “The nearness of you” di Hoagy Carmichael e Ned Washington.

Non poteva mancare anche uno sguardo verso le bande con Basilio Giandonato, Alfredo D'ascoli e la Banda di Lecce. Quanta ricchezza c’è ancora da scoprire negli archivi?
Sto concludendo un lavoro faraonico con ben quattro cd su Vincenzo Ciliberti, celebre suonatore di
flicornino della bande pugliesi. Ma ne ho in previsione uno su Antonio Petrone, un altro grande che ebbe anche i complimenti dalla Callas per la sua interpretazione di Trovatore, col flicornino! E poi vorrei fare un cd anche su Gioacchino Ligonzo, uno dei massimi direttori di Banda della nostra terra che ho scoperto grazie all’insistenza del musicologo Pierfrancesco Galati. Ligonzo non c’è più (anche se ho trovato molte cassette su di lui), ma una volta tanto due protagonisti sono ancora in vita, ovvero Ciliberti e Petrone. E comunque c’è tanto, specie dagli anni Settanta in poi, per via delle batterie che consentirono a molti appassionati di registrare le bande nelle piazze. Prima lo facevano pochi pazzi perché dovevi andare la mattina presto, farti avere la corrente e portarti un “casciabanco” per registrare coi nastri. Eppure, poco, ma c’è. Tale è il caso delle registrazioni di Lucia di Lammermoor di Donizetti con Basilio Giandonato, Romano Marra, Alberto Chiriacò, Nino Farì e Alfredo D’Ascoli con la Banda di lecce del ’66 di cui però non ho mai scoperto l’autore.

A Luciano Zotti hai dedicato addirittura un doppio disco di incredibile fascino. 
Il barese Zotti è stato un intrepido pianista jazz, un prolifico compositore e un grande arrangiatore. Negli anni ’60 la Fonorama di Milano lo volle come Direttore Artistico. Ha collaborato con Mina, Mia Martini, Lionel Hampton, Sarah Vaughan, il Festival di Sanremo ma anche jazzisti come Oscar Valdambrini, Enzo Ceragioli, Gianni Basso, Eraldo Volonté, Glauco Masetti. Purtroppo, un eccesso di sensibilità e di responsabilità lo avvicinarono all’alcool... e ha dilapidato la sua professione. Restano però le pubblicazioni che fece al tempo e tutta una serie di composizioni inedite che solo in parte ho registrato e
recuperato grazie al figlio Alfredo Zotti che mi ha fornito gli spartiti e grazie a Lucia, la sorella, attrice, che mi ha aiutato a ricostruire la biografia del fratello. E così è nato questo doppio cd miracolo. Giorgio Rossi, figlio di Carlo Alberto, mi ha dato l’ok per utilizzare delle registrazioni degli anni ’60, così abbiamo tracce con nomi tra i quali: Carlo Alberto Rossi, Enzo Ceragioli, Orchestra Fonorama, Oscar Valdambrini, Miriam Del Mare, Glauco Masetti, Dino Piana, Giorgio Azzolini, Eraldo Volonté, Maspes, Vanni Catellani, Guido and Luciano Rizzo, Marisa Terzi, Sandro Taccani, Vito Pallavicini, Gian Piero Reverberi, Luigia Binacchi, Maurizio Rossi, Mariele Ventre and the Antoniano Choir, Dino Blasi, Nino Lastilla, Victor Bach. E poi il miracolo dell’adesione gratuita di tanti amici pugliesi del jazz per recuperare e registrare i suoi inediti e che meritano di essere citati tutti: Lucia Zotti (voce), Michele Biancofiore (chitarra), Leo Gadaleta (archi), Carlo Maria Barile (organo), Mike Rubini 4et (con Mike Rubini (sax), Guido Di Leone (chitarra), Giampaolo Laurentaci (contrabbasso), Fabio Delle Foglie (batteria), Vince Abbracciante (fisarmonica ed hammond), Mirko Signorile (pianoforte), Vito Liturri Trio (con Vito Liturri (piano), Marco Boccia (contrabbasso) e Lello Patruno (batteria), Vito Di Modugno Ensemble (con Vito Di Modugno (hammond), Michele Carrabba (sax), Pino Di Modugno (fisarmonica), Nando Di Modugno (chitarra), Nunzio Laniero (contrabbasso) e Mimmo Campanale (batteria), Bruno Montrone 4tet (con Bruno Montrone (piano), Alessandro Bianchi (sax), Giampaolo Laurentaci (contrabbasso), Dario Riccardo (batteria), Maurizio Quintavalle (contrabbasso), Nico Marziliano Trio (con Nico Marziliano (piano), Roberto Inciardi (contrabbasso), Franco Guarnieri (batteria), Gianna Montecalvo (voce), Guido Di Leone Trio (Guido Di Leone (chitarra), Gianpaolo Laurentaci (contrabbasso) e Fabio Delle Foglie (batteria),
Aldo Di Caterino (flauto) e ancora Gino Palmisano (pianoforte), Gianni Binetti (sax), Antonio Fallacara (tromba e trombone), Nico Colonna (batteria), Luigi Catella (contrabbasso), Antonio Ninni (batteria), Nico Triggiani (chitarra) e infine dall’Australia l’Alfredo Zotti 5tet (con Alfredo Zotti (Rhodes), Lawrie Pardy (trombone), Andrew Webster (chitarra), Frank Holdforth (basso elettrico), Allan Nash (batteria).

Da quale volume consiglieresti di partire per compiere questo viaggio nel tempo?
Bella domanda. Forse il volume 4, Mimì Laganara, anno 1952. E poi di seguito Lorusso, Di Rella, Iurilli, Saulle-Pellicani, Franco Sette. Dopo Zotti e dopo ancora il fascino della Banda di Lecce col solista ruvese di adozione Basilio Giandonato. Anche se poi ci sono anche le chicche Gianni Quin Jolly, vol. 8, e Enzo e Dominic Sgarra, vol. 9. Che poi, tutto è su internet e si può ascoltare gratuitamente. Parlo, in particolare, di Spotify e YouTube. Per i collezionisti invece ci sono un numero ristretto di copie di cd in vendita e sul mio sito www.liviominafra.com dove è c’è anche una sezione dedicata alle biografie dei diversi artisti. 

Concludendo, quali saranno le prossime uscite della serie Lost Tapes?
Vincenzo Ciliberti, splendido solista di Banda con le sue interpretazioni al flicornino deli estratti d’Opera assieme a grandi direttori di Banda dell’epoca (Centofanti, Ligonzo, Miglietta, Marmino). Poi un cd su mio padre Pino di inediti tra il 1978 e il 1981! Poi un altro cd sulla Banda con un altro principe del flicornino, Antonio Petrone. Ma ne ho in mente anche uno sul maestro di Banda Gioacchino Ligonzo e il suo rapporto con Puccini. E poi forse un lavoro sul mio maestro di pianoforte classico Valfrido Ferrari, splendido pianista della nostra terra, già vicedirettore del Conservatorio Piccinni di Bari e già... dimenticato. Con la complicità di Vito Della Valle di Pompei, tra i suoi alunni più stretti, attingerò dallo splendido archivio del compianto Giorgio Cavaglieri per dedicargli un cd di registrazioni live perché non aveva mai inciso niente. In vita glielo dicevo, perché era un paradosso che io facessi cd, suo studente, e lui, mio maestro, no. Ora sopperirò io.


Salvatore Esposito

Immagini per gentile concessione di Livio Minafra

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