Orchestra Popolare del Saltarello – Abruzzo (Autoprodotto, 2022)

Nata nel 2014 da un’idea del musicista abruzzese e virtuoso dei mantici Danilo Di Paolonicola, l’Orchestra Popolare del Saltarello, da formazione strettamente legata al festival omonimo, si è evoluta in breve tempo in un più articolato progetto artistico volto a rileggere il repertorio della tradizione musicale abruzzese attraverso sonorità contemporanee, con il duplice obiettivo di far conoscere al grande pubblico questo corpus musicale e valorizzare le forme coreutiche ad esso collegate. Ripercorrendo idealmente i tratturi, le vie della transumanza, il large ensemble abruzzese ha, così, riarrangiato i brani tradizionali della propria terra come ballarelle, spallate e saltarelli, declinandoli nell’incontro con i suoni del centro-sud Italia così come nelle intersezioni sonore contemporanee con pop, rock, funk e rap. Ne è nato un repertorio che valorizza ed esalta la leggerezza del ballo e nel contempo declina al futuro il lascito popolare. Determinante in questo senso è stato certamente il lavoro di ricerca, rielaborazione e trascrizione ad opera di Danilo Di Paolonicola, apprezzato organettista e fisarmonicista, nonché docente presso i Conservatori di Santa Cecilia a Roma e  “A. Casella” de L’Aquila. Abbiamo intervistato il musicista teramano per ripercorrere brevemente il suo percorso artistico e soffermarci sulla fortunata esperienza dell’Orchestra Popolare del Saltarello con la quale ha recentemente dato alle stampe l’opera prima “Abruzzo”.

Hai mosso i primi passi da giovanissimo e sin dai primissimi anni è emerso il tuo talento all'organetto diatonico. Come ti sei avvicinato a questo strumento?
Mi sono avvicinato casualmente all'organetto all'età di sei anni, grazie ai miei genitori che allora mi portarono a fare una lezione di prova con il grande Fanciullo Rapacchietta. Ricordo che mentre aspettavo il mio turno per fare la prova con lo strumento, guardavo gli altri bambini e dentro di me pensavo fosse una cosa facile… Poco dopo toccò a me e il maestro iniziò ad urlare: “Tu diventerai un campione!! Io ti porto ad Hollywood!!”. In realtà ero un po' preoccupato di andare ad Hollywood perché sapevo fare solo metà canzone. Ho un bellissimo ricordo del mio primo approccio con la musica e sin da subito ho capito che sarebbe stato il mio lavoro e da li a poco lo è diventato.

Ti sei formato in conservatorio e in popular music. Quanto sono stati importanti per la tua crescita gli studi accademici?
Gli studi accademici sono assolutamente importanti per avere una base teorica solida. Per quanto riguarda le mie scelte artistiche, non hanno influenzato molto il mio percorso ma hanno facilitato e reso possibile la realizzazione delle mie idee musicali.

Hai lavorato a numerosi progetti e nel tuo percorso spicca certamente un disco fatto di incroci e attraversamenti sonori come "No Gender". Come sei approdato a dare vita all'Orchestra Popolare del Saltarello?
“No Gender” è il disco che più mi rappresenta, e all'interno del quale è contenuta una versione di Saltarello che ha incuriosito molti appassionati ed esperti di musica oltre che essere diventato un brano di repertorio nazionale degli organettisti. La nascita dell'Orchestra risale al 2014 con la prima edizione del Festival del Saltarello di cui sono il direttore artistico. Avevo bisogno di un gruppo importante che rappresentasse l'Abruzzo per la serata conclusiva del festival, e non essendoci progetti professionali di questo genere mi sono sentito in dovere di realizzarlo.  

Come hai scelto i musicisti da inserire nell'organico? Quali sono le caratteristiche che hai privilegiato?
Le caratteristiche principali dell'orchestra sono evidenziate dalle voci popolari unite ad una ritmica moderna. I musicisti sono virtuosi, con un linguaggio moderno e con grandi doti improvvisative, mentre i cantanti sono di estrazione popolare, con timbriche vocali molto interessanti e differenti tra loro.

La scelta programmatica del nome, lascia intuire che questa esperienza segue quella ben nota al grande pubblico dell'Orchestra Popolare de La Notte della Taranta. Nell’imboccare un approccio
alla musica di tradizione maggiormente aperto verso il grande pubblico, non hai avuto il timore di attirarti critiche sotto diversi profili?
Non mi sono mai posto questo problema perché per me la musica non ha regole. Inoltre, l'Orchestra Popolare del Saltarello è un progetto autoprodotto che non ha mai ricevuto sostentamenti pubblici per cui se va avanti è solo grazie al successo del pubblico. Le critiche vanno prese allo stesso modo degli elogi e fanno parte di questo lavoro.  

In questo senso come si è indirizzato il tuo lavoro sotto il profilo della ricerca sulle fonti tradizionali e nel contatto con gli anziani suonatori?
Sono cresciuto con gli anziani suonatori della mia provincia, primo tra tutti il mio maestro Fanciullo Rapacchietta e per citarne altri: Ercolino Catalli, Basilio D'Amico e Carluccio “Lu Riccie”. Tutti volevano conoscermi e sentirmi suonare perché mi consideravano una specie di prodigio. Dall’età di otto anni fino a venticinque, ho fatto oltre millecinquecento concerti e serate nelle piazze, oltre che centinaia di serenate e feste private. Questa è la ricchezza che conservo. 
        
L'organico dell'orchestra è impreziosito anche dalla presenza di alcuni danzatori. Quanto è importante la dimensione coreutica nei vostri live?
Il nostro live è strutturato in parte con repertorio d'ascolto e in parte con repertorio ballabile.
In quest'ultimo, la danza è di uguale importanza con la musica e il lavoro che stiamo facendo va di pari passo con la contaminazione musicale.

Sotto il profilo della danza, avete compiuto particolari studi sul saltarello come forma coreutica tradizionale? Come lo avete declinato al futuro in rapporto al lavoro musicale?
Nella prima fase dell'orchestra, non avevamo ballerini sul palco. Successivamente abbiamo organizzato diversi incontri con anziani danzatori durante le tappe del Festival del Saltarello e abbiamo appreso i vari modi di interpretare le danze popolari abruzzesi. Per quanto riguarda l'inserimento della danza nel nostro live, ci siamo affidati agli insegnanti di danze popolari della nostra regione a partire da  Antonella Gentile, Pamela Pingiotti e Marzia Menchini fino ad per arrivare ad Andrea De Siena, eccezionale ballerino pugliese, che ha coreografato in maniera moderna il mio “Saltarello” tratto dal già citato “No Gender”. Nel 2016 abbiamo avuto l'onore di lavorare con Miguel Angel Berna e Manuela Adamo che ci hanno regalato una meravigliosa coreografia sul “Saltarello Rosetano” che custodiamo quasi segretamente e metteremo in scena non appena il pubblico sarà pronto a recepire questa evoluzione della danza popolare/contemporanea.  

Qual è stato il criterio con cui hai scelto i brani da rileggere per large ensemble?
La scelta dei brani è volutamente indirizzata su canzoni abruzzesi famose, per far in modo che il pubblico le possa riconoscere e cantarle ancora oggi in un cotesto musicale attuale.

Come hai approcciato gli arrangiamenti dei brani? Quanto spazio c'è per l'improvvisazione sul palco?
Gli arrangiamenti dei brani sono mirati a far ballare. Il nostro obbiettivo principale è quello di avvicinare un pubblico vasto ed eterogeneo e fargli conoscere le canzoni e i balli abruzzesi. Nella prima fase ho inserito i ritmi della musica popolare che incontriamo lungo il percorso dei Tratturi (“Saltarella”, “Ballarella”, “Tammuriata” e “Pizzica”) e successivamente ho lavorato su alcune canzoni rendendole più moderne utilizzando sonorità vicine alla musica pop. L'improvvisazione è il punto di forza della nostra orchestra essendo formata per gran parte da jazzisti ed è un elemento fondamentale per interagire con i ballerini.    

Quali aspetti della world music hai incrociato con il saltarello?
Il saltarello già di per sé world music del centro Italia, ha delle similitudini con tutte le danze che fanno parte della famiglia delle tarantelle. Ci sono delle strette correlazioni anche con il folklore spagnolo con la Jota (in abruzzese la Cotta), con il blues e con le prime forme di swing in riferimento all'improvvisazione e all'utilizzo di melismi vocali. Altri elementi interessanti li troviamo in riferimento alla musica
napoletana a sua volta contaminata da sonorità arabeggianti. Nella versione del “Saltarello Rosetano” contenuta nel disco, si può ascoltare nella parte centrale del brano, un momento di contaminazione con improvvisazioni vocali con sonorità arabeggianti e utilizzo di melismi su modo Frigio tipicamente usato nel flamenco.       

Il disco si apre con "Vola vola vola", un po' l'inno nazionale dell'Abruzzo e di cui hai realizzato una bella versione corale...
“Vola Vola Vola” è l'unica canzone in dialetto abruzzese conosciuta in tutto il mondo ed è l'esempio di come la musica popolare può diventare popular music. Ho pensato ad una versione con un sound raffinato che prende le mosse dal jazz e inserito un'introduzione strumentale e uno special con armonizzazioni vocali che collegano la strofa in versione jazz al ritornello in versione tradizionale. Le armonizzazioni vocali sono scritte e pensate come sezioni strumentali. L'idea di allungare la “e” che lancia il ritornello, prende spunto dal grande Vasco Rossi.     

Mi ha colpito molto “Diasill", una litania riletta in chiave quasi funk. È tradizione in movimento o tradimento in senso stretto?
Il “Diasill” in versione originale è una litania parlata e non una canzone, per cui è venuto quasi spontaneo farci un rap su ritmo funk. Abbiamo preso in prestito il testo e lo abbiamo sviluppato come si fa nella
musica trap. La potremmo definire tradizione in movimento.  

Tornando al rapporto con l'esperienza salentina, nella vostra versione del “Saltarello Teramano”, echi dell'arrangiamento di Stewart Copeland elaborato per "La Pizzica degli Ucci"...
L'Orchestra Popolare della Notte della Taranta è stata fondamentale nella prima fase del nostro progetto, perché avendo avuto modo di collaborare con grandi arrangiatori e importanti artisti, ha realizzato numerose versioni delle loro canzoni con stili differenti, regalandoci innumerevoli spunti interpretativi. Essendo un appassionato di batteristi, tra le vecchie edizioni della Notte della Taranta, la mia preferita è quella del 2003 con Stewart Copeland. Nel nostro arrangiamento in un nostro arrangiamento del “Saltarello Teramano” abbiamo preso spunto dal groove di batteria presente nella “Pizzica degli Ucci”, eseguito nel loro caso con due batterie e da noi con batteria e percussioni. Il brano 

Il palco è certamente vitale per ensemble come l'Orchestra Popolare del Saltarello. Com'è stata la risposta del pubblico al vostro progetto?
La risposta del pubblico è sempre molto calorosa durante i nostri concerti ed è la cosa che più ci rende felici ed appagati del lavoro che facciamo. Oltre al pubblico presente nei live, ci sono tanti abruzzesi all'estero che ci seguono e che ci manifestano la loro emozione nel ricordare momenti di vita vissuta che riecheggiano nella loro mente attraverso la nostra musica.



Orchestra Popolare del Saltarello – Abruzzo (Autoprodotto, 2022)
Le orchestre popolari, un po’ come è accaduto per gli ensemble cosiddetti multietnici, nell’arco di poco più di un decennio sono diventate un vero e proprio fenomeno, un interessante “case of study” sul quale riflettere, non essendo lo stesso privo di luci ed ombre. Sotto il profilo divulgativo queste esperienze rappresentano certamente un importante mezzo per veicolare la musica tradizionale o la world music verso un pubblico più ampio, sotto quello qualitativo spesso c’è il rischio di vederle derivare in una diversa forma di orchestre-spettacolo. La sfida da raccogliere per queste formazioni è proprio questa: evitare che la tradizione declassi in uno “zumpa zumpa” che recida dolorosamente le radici. In questo senso, il proiettare la musica popolare verso il futuro non può coincidere né con mere semplificazioni, né tantomeno con pericolose ibridazioni a freddo. Fatta questa debita premessa, vale la pena soffermarsi su “Abruzzo”, opera prima dell’Orchestra Popolare del Saltarello, large ensemble diretto da Danilo Di Paolonicola (fisarmonica, organetto) che ne ha curato le ricerche musicali, le trascrizioni e gli arrangiamenti, e composto da Alessandro Tarquini (violino), Manuel D'Armi (zampogna, ciaramella), Gionni Di Clemente (chitarra, bouzouki), Marco Di Natale (basso), Alex Paolini (batteria), Armando Rotilio (voce, percussioni), Antonella Gentile (voce), Alessandra Ventura (voce), Anissa Gouizi (voce), Federica Di Stefano (voce) e Alpha Sall (voce). Composto da otto brani tradizionali, incisi con la partecipazione di Mauro Baiocco (flauto), Alessandro Nosenzo (chitarra) e Emanuela Donati (voce), il disco produce un piccolo ed intrigante viaggio sonoro nella tradizione musicale abruzzese con particolare riferimento alle forme coreutiche regionali come ballarella, saltarello e spallata. Il sentiero metodologico percorso è quello tracciato, negli anni, nelle diverse evoluzioni dell’Orchestra Popolare della Notte della Taranta del quale spesso ne abbiamo evidenziato le diverse criticità, ma in questo caso tutto non sembrano esserci pretenziosi fraintendimenti, tutto sembra funzionale alla massima resa sul palco, con ben precise scelte ritmiche e melodiche volte ad esaltare l’apparato coreutico e non è un caso che i live act dell’Orchestra siano accompagnati da un nutrito corpo di ballo. L’ascolto ci offre l’occasione per immergersi in un travolgente fiume di suoni, ritmi e voci, non privo di soluzioni sonore interessanti, così come di fortunate intuizioni negli attraversamenti con le sonorità moderne. Ascoltiamo, così, la coinvolgente melodia di “Vola, vola, vola”, a buon diritto da considerare come l’inno nazionale abruzzese, essendo uno dei brani più noti della sua tradizione. Si prosegue con le trascinanti danze di “Saltarello Rosetano” che incrocia la “Spallata di Schiavi d'Abruzzo”, che ci introducono alla sequenza con  “La Jerv'a lu Cannet” (Di Paolonicola) e “Mare Maje” (Di Paolonicola). Non manca uno spaccato dedicato ai canti d’amore con “Addije, Addije Amore” e “Rama di Rose” (Di Paolonicola), mentre il finale riporta al centro il ballo con il funk della litania “Diasill” e “Maria Nicola” che chiude il disco nell’incontro con sonorità latin, in verità un po’ kitsch ma, come detto, tutto è funzionale a spensierati live act. Il disco è disponibile per l’acquisto su www.orchestrapopolaredelsaltarello.com.


Salvatore Esposito 

Posta un commento

Nuova Vecchia