Marc Johnson – Overpass (ECM, 2021)

In un’intervista del 2020 a “JazzTimes”, Marc Johnson raccontava che da quando ha cominciato ad approfondire la musica brasiliana, e ad accompagnare Eliane Elias come cantante, ha notato come sia possibile esprimere di più facendo di meno: “Ora il mio modo di suonare, anche nel jazz, è cercare di trovare il minor numero di note, quelle giuste, suonate nei posti giusti, col sentimento giusto, per fare la musica migliore in quel momento”. L’incontro con Eliane Elias è avvenuto nel 1988, complice la registrazione dell’album “Motion Poet” di Peter Erskine. Nel 1991 Johnson suonò nell’album “A Long Story” della pianista e cantante di San Paolo: si sono sposati nel 1999. Le frequentazioni brasiliane hanno portato Johnson ad incontrare a San Paolo il liutaio Paulo Gomes e a scegliere uno dei suoi magnifici contrabbassi per i suoi impegni musicali in Brasile. E’ questo il contrabbasso che ha portato a gennaio e febbraio 2018 negli studi di registrazione Nacena di San Paolo, dove ha inciso in solitaria otto splendidi brani confluiti in “Overpass”, prodotto da lui stesso insieme a Eliane Elias per la ECM, l’etichetta con cui ha un rapporto privilegiato dal 1986. L’apertura dell’album trae linfa dal repertorio di Miles Davis degli anni Sessanta, dal “Miles Smiles” che vedeva al contrabbasso Ron Carter. Da quell’album Johnson pesca “Freedom Jazz Dance” (di Eddie Harris) mettendone in mostra l’intersezione fra l’energica pulsazione di base e la cantabilità della linea melodica. Le squisite sonorità dello strumento sono evidenziate dall’interpretazione del secondo standard, “Nardis”, in questo caso una composizione di Davis del 1958 suonata ben poco dal trombettista e divenuta uno dei brani favoriti di Bill Evans che la incise almeno una decina di volte fra gli anni Sessanta e Settanta, la metà delle quali in compagnia di Joe LaBarbera e dello stesso Marc Johnson. A volte, Bill Evans abbinava a “Nardis” la struggente composizione di Alex North del 1960 “Love Theme from Spartacus” ed è questo il terzo standard incluso nel disco, con un raffinato arrangiamento che sa far cantare e respirare la linea melodica, offrendo, al tempo stesso, un’indovinata tessitura contrappuntistica. Fra le due perle del repertorio di Evans compare la prima delle cinque composizioni di Johnson “Samurai Fly”, rivisitazione di “Samurai Hee-Haw”, dal marcato sapore orientale, già incisa con i Bass Desires (con Frisell, Scofield e Erskine) e con il trio di John Abercrombie. Insieme all’ampio uso dell’archetto, questo è uno dei brani che offre anche un accurato lavoro di sovraincisione, mettendo insieme l’ampia paletta di suoni e ritmi che Johnson sa far scaturire dal suo strumento, lavorando sia sui suoni acuti e sugli armonici, sia su una vigorosa cavata che conferisce profondità allo spettro acustico, terreno fertile per variazioni e ibridazioni che innestano elementi bluegrass in geografie nipponiche. Il bassista ricorre all’ampio iato fra sonorità basse e cantabilità dell’archetto sulle note alte anche per l’altro brano ispirato dall’oriente, “Yin and Yang”, inserendo anche armonici prodotti suonando simultaneamente tutte e quattro le corde del contrabbasso, creando un senso di “continuità, lasciando il tempo al suono prodotto dalle corde di ricadere fino a quasi spegnersi per fondersi nel successivo attacco sonoro. Ho registrato prima una lunga serie di ‘attacks & delays’, poi ho improvvisato una melodia ed ornamenti con l’arco” racconta Johnson. Ogni brano mostra un suo carattere distintivo e un accurato arrangiamento, con “And Strike Each Tuneful String” che prende spunto dalla ciclicità della musica dell’inanga del Burundi (già presente in “Prayer Beads” nel secondo album dei Bass Desires). La conclusiva “Whorled Whirled World” dispiega la perizia tecnica di Johnson al pizzicato con un brano dalle figure dense, che infonde energia e sollecita l’attenzione alle variazioni. 


Alessio Surian

Posta un commento

Nuova Vecchia