Gli ultimi anni hanno visto i semi dell'odio, dell'intolleranza e del razzismo diffondersi, crescere ed innervarsi nella nostra penisola, da sempre terra di incontro ed interscambio tra popoli differenti. L'ideologia sovranista ha prodotto un fenomeno antitetico rispetto alla nostra storia e alle nostre radici, eppure di giorno in giorno assistiamo ad spettacoli sconcertanti di respingimenti, porti chiusi e discriminazioni di ogni tipo. Fortunatamente l'Italia non è solo questo, perché esistono tante realtà che costantemente si adoperano per costruire un futuro migliore per quanti hanno visto calpestata la propria identità culturale. E' il caso della Onlus Tregiridite, organizzazione di volontariato nata nel 2011 a Tricase (Le) ed impegnata nell'ambito della cooperazione internazionale a sostegno dei rifugiati Saharawi che, a seguito dell'invasione del Sahara Occidentale da parte del Marocco nel 1975, vivono segregati in campi profughi al confine con l'Algeria. Quella che, all'epoca, avrebbe dovuto essere una situazione temporanea, si è trasformata in una condizione permanente che sta minacciando la sopravvivenza e la cultura di questo popolo. Negli anni, molte associazioni da tutta Europa hanno dato vita a percorsi di accoglienza, missioni e interventi sanitari ed, in particolare, la onlus salentina unitamente ai volontari della Rio De Oro ha messo in campo numerose attività di intervento dedicate ai bambini "speciali", affetti da disabilità o particolare patologie, per i quali oltre alle cure mediche vengono realizzati workshop per mettere a frutto il loro talento. Nell'arco di cinque anni hanno preso vita concerti, stages ed esperienze di condivisioni che hanno consentito hai minori di interagire con oltre cinquanta musicisti, tra i quali, Mariem Hassan, Aziza Brahim, Aali Mohammed, Anna Cinzia Villani, Enza Pagliara, Giorgio Albanese, Andrea Gargiulo e Mauro Semeraro. In questo contesto è nato "Displays" album firmato dal collettivo Desert Session che, attraverso nove brani, racconta le esperienze e le emozioni che musicisti e volontari hanno condiviso con i bambini Saharawi, durante i loro viaggi tra il Capo di Leuca e il Sahara Occidentale e nel corso delle residenze nei pressi di Tindouf. Si tratta di composizioni vecchie e nuove di Aali Mohammed e del grande Naym Alal, brani che incarnano l’identità di un popolo sospeso tra la precarietà e la ricerca di una futura rigenerezione. Il lavoro compiuto dal collettivo salentino si è indirizzato verso la valorizzazione della forma canzone come l'espressione musicale sia uno strumento fondamentale per l'interazione e il dialogo culturale in un contesto spersonalizzate come quello dei campi profughi. Non è un caso, infatti, che il titolo del disco metta al centro l'esigenza di sovvertire, attraverso la musica, la condizione di chi vive la doppia fragilità dell'essere dei bambini Saharawi (disabled and displaced). Registrato tra il campo di Auserd e Tricase e finanziato attraverso una fortunata campagna di crowdfunding, il disco vede protagonisti quattordici musicisti Aali Mohammed, Alberto Piccinni, Farro Ferdinando, Brahim Maguey, Nasra Salek Lamin, Mahmoud Bara, Mauro Semeraro, Simone Cavina, Anna Cinzia Villani, Enrico Russo, Gigi Bello, Gigi Calabro, Stephane Rougier, Lemrabet Mahfud Aliyiin, Alwali Mohamed Alkheir, i piccoli Mahmoud, Abdi e Tfarah e volontari: Fulvio Rifuggio, Zuzana Daubnerova, Sergio Nosari, Antonio De Iaco, Giuseppe Sodero, Alice Rolli, Agnese Dell’Abate, Alessandra Fersini, Agata Miks. L'ascolto ci conduce attraverso incroci ed attraversamenti sonori che mescolano il desert blues con il jazz, l'improvvisazione con il noise rock fino a toccare il folk, il tutto conservando intatte le radici della musica e della cultura orale dei Saharawi. Aperto dal crescendo di “Shueddeni” in cui si canta della nostalgia di un popolo in esilio, l’album entra nel vivo con la trascinante “Shudjan”, guidata dalla voce di Aali Mohammed, e il ricordo della rivolta di Zamla contro l’occupazione spagnola del 1970 di Cocktail Zemla Magat in cui spicca ai cori la voce di Anna Cinzia Villani. Se “Bismillah” racconta la nascita della Repubblica Araba Democratica Saharawi nel 1976, la successiva “Intifada”, per voce ed elettronica, è un canto di lotta contro l’occupazione marocchina. Si prosegue con il noise rock desertico di “Haiyu el mukat Ilin” e le speranze di un ritorno nella propria terra evocate in “El Aiuoun, ma il vertice del disco arriva con la psychedelia dell’anthem militante “Cocktail Awell” in cui fa capolino la voce di Nasra Salek in duetto con Aali Mohammed. “Guitara ti” di e con Mahmoud Bara suggella un disco prezioso da ascoltare con attenzione e commozione. Maggior info: www.desertsession.com - www.tregiridite.com.
Salvatore Esposito
Salvatore Esposito
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