I cugini Mehdi (setār) e Abid (tombak) Rostami, iraniani nativi di Kermanshah, attivi nella scena musicale britannica, in coppia con il moniker the Agrin Ensemble o in collaborazione con artisti curdi e con la siriana Maya Youssef nel Awj Trio, firmano un notevole album di “musica classica urbana dall’Iran”, come recita il sottotitolo del disco pubblicato dalla Arc Music.
È un dialogo tra il piccolo liuto a manico lungo, dotato di quattro corde (nella versione contemporanea), dal suono morbido e il tamburo monopelle a calice, che costituisce la principale percussione persiana e che da semplice strumento di accompagnamento, con l’adozione di nuove tecniche da parte di molti musicisti, ha accresciuto le potenzialità espressive, ritagliandosi uno considerevole spazio solistico. Le note del booklet accompagnano nell’ascolto dell’opera dei due artisti, che partono dal corpus del radif, l’espressione più elevata del sistema musicale persiano, di tipo modale e monofonica, con intervalli non temperati tradizione, utilizzandone le formule melodiche e ritmiche su cui ricamano con estro improvvisativo, attingendo anche dagli elementi folklorici curdi e della provincia di Fars, affacciata sul Golfo Persico.
Il programma è diviso in due lunghe suite: “Circle One: Bayāt-e Tork” e “Circle Two: “Bayāt-e Esfahān”, articolate in temi dai titoli che favoriscono l’appeal anche nell’ascoltatore non aduso alle complesse architetture della musica d’arte iraniana (“Nostalgia”, “Journey”, “Delight” nella prima sezione, “Lonely”, “Life”, “Past”, “Mystic Dance”, nella seconda), considerata la varietà di umori, di suggestioni, di variazioni, con passaggi delicati e sognanti di sequenze più movimentate, intricate e solenni. Naturalmente, i conoscitori dell’arte musicale persiana avranno modo di apprezzare la tecnica dei due strumentisti, la loro sensibilità e la loro abilità di interazione.
Ciro De Rosa
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