L’avventura musicale di “Small Island Big Song” è iniziata nel 2014 nell’outback australiano, ad Alice Springs, luogo simbolo della cultura autoctona, dove Tim Cole, noto film maker e documentarista (tra le sue opere “Vanuatu Women’s Water Music”), ingegnere del suono e produttore musicale di Melbourne, nel corso di un festival delle culture aborigene, incontra la taiwanese BaoBao Chen, addetta stampa e visual story-teller. Mentre registra canti aborigeni australiani (gli “inmas”) con gli anziani Pintupi in pieno deserto, Cole ascolta un servizio radiofonico della BBC sull’impatto dei cambiamenti climatici sull’ecosistema dell’Oceano Pacifico e Indiano. Da qui parte una riflessione sul rischio che la possibile scomparsa di queste terre (a causa dell’innalzamento del livello del mare) e delle loro comunità native porti con sé la sparizione di un corpus di canti ma anche di antiche conoscenze pratiche passate di generazione in generazione.
Cosicché la coppia elabora un progetto di sensibilizzazione riunendo le musiche di queste regioni oceaniche dell’emisfero australe per dare voce alle comunità a rischio. A ispirare Cole e Chen sono state proprio “vie dei canti” o “piste del sogno” dei nativi australiani: l’intreccio di percorsi percepiti dagli aborigeni attraverso le canzoni totemiche, le “impronte degli antenati”, i quali nel lontano “tempo del sogno” hanno percorso l’Australia cantando ogni cosa e creando così il mondo.
Sulla scia delle cosmogonie autoctone australiane, Cole e Chen hanno pensato di percorrere a loro volta le “songlines” seguendo una prospettiva oceanica, austronesiana. Mentre era impegnato a realizzare il film “Vanuatu Women’s Water Music”, Cole aveva appreso delle relazioni tra le diverse popolazioni sparse tra Asia, Oceano Pacifico e Indiano.




Ciro De Rosa
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