Mshakht & New Landscapes – Walking Sounds. Tracks From Iraqi Kurdistan To Italy (Caligola Records, 2017)

Mshakht
Intervista con Francesco Ganassin e Sergio Marchesini

Di Sergio Marchesini, padovano, fisarmonicista, tastierista e compositore, già membro della Bottega Baltazar, abbiamo parlato nell’ultimo numero di BF 2018 (). Scrive e registra musica per teatro, danza, televisione e cinema, collaborando con artisti come Mirko Artuso, Silvio Barbiero, Massimo Carlotto, Loris Contarini e Giuliana Musso. Da parte sua, il rodigino Francesco Ganassin, originario di Bassano del Grappa, è clarinettista, compositore e didatta, con oltre trenta dischi all’attivo; è al centro di diversi progetti che spaziano dalle musiche di tradizione popolare al jazz. In ambito folk, suona anche flauti, ocarine e duduk. Dal 2002 è membro di Calicanto e del Trio Adriatica. Inoltre, tra il 2011 e il 2016, ha diretto l’Orchestra Popolare delle Dolomiti. Ancora, è membro dei gruppi New Landscapes e Ottomani. Tra le tante collaborazioni, quella con Carlo Buffa, che pratica la calligrafia shodo, con cui ha dato vita al progetto “Segno e suono”, esplorazione, attraverso pratiche improvvisazione, del rapporto fra pennello e clarinetto. Compone ed esegue musiche di scena per il teatro con artisti quali Laura Curino, Titino Carrara, Ermanno Cavazzoni. Con i due musicisti ripercorriamo le tappe delle loro collaborazioni e approfondiamo lòe motivazioni del progetto discografico “Walking Sounds. Tracks From Iraqi Kurdistan To Italy”, sette tracce che evocano, attraverso angolature diverse, i paesaggi sonori che caratterizzano i campi profughi che anno accolto oltre trentamila siriani in fuga.

Sergio Marchesini
Quando hai ascoltato Francesco/Sergio la prima volta?
Francesco Ganassin - Spero Sergio non se la prenda, ma non me lo ricordo. Forse a Rovigo nel 2005 ad una memorabile edizione del festival Ande, Bali e Cante. Suonava la Bottega Baltazar, la stessa sera di Miquel Gil, e la sera seguente suonavano Calicanto e Milladoiro. Ma in quel periodo la Bottega faceva una miriade di concerti, e li ho ascoltati davvero spesso.
Sergio Marchesin - Ah ah, nemmeno io ricordo bene. Sicuramente ricordo la serata Calicanto e Milladoiro. Un concerto memorabile. Calicanto è un gruppo che mi sembra di conoscere da sempre.  Poi ricordo che ci siamo rivisti qualche anno fa vicino a Lione, dove abbiamo condiviso il palco al festival di Bourgoin-Jallieu. Era una situazione molto bella, siamo riusciti a chiacchierare un po’ e ho avuto la netta sensazione che ne sarebbe nato qualcosa di buono. :)

Come siete arrivati a suonare insieme e cosa ricordate del vostro primo incontro musicale?
Francesco Ganassin - Sergio ha coinvolto me, Silvia e Luca per la colonna sonora del film “L’ordine delle cose”. Entrare in studio è un momento particolare, che in molti non gradiscono, è stressante. A me quel tipo di tensione invece piace da matti. Per cui ho un bel ricordo di quei giorni, molto impegnativi. In particolare Sergio mi ha colpito per la meticolosità nel lavoro. E, pur avendo, a monte, le idee molto chiare, si è sempre dimostrato attento ai suggerimenti ed aperto.
Sergio Marchesini - Seguivo i New Landscapes da un po’ di tempo, li trovo un gruppo fantastico ed unico per il tipo di ricerca e di suono. Nel momento in cui mi sono trovato a immaginare un suono per “L’ordine delle cose” ho subito pensato a loro. 
Francesco Ganassin
Già in loro è evidente una dialettica tra la musica colta e quella popolare (nel senso di tradizionale) che era proprio quello che sentivo di voler utilizzare nella colonna sonora. L’aggiunta del kanun da un lato e del violoncello dall’altro ha completato la tavolozza. Per diversi motivi organizzare i materiali musicali e le sessioni di registrazione è stata una grossa sfida, e devo dire che da subito ho trovato in Francesco un musicista che va molto oltre il suo strumento: nel supportare gli altri in fase di registrazione, nel contribuire con idee e soprattutto nel fiutare la direzione in cui i pezzi possono andare.  Mi ha colpito molto e per me è stato un aiuto imprescindibile. Soprattutto ho sentito in lui un modo di approcciarsi alla scrittura molto simile al mio e questo mi ha dato molta forza. 

Sergio: Cosa lega e cosa distingue “L'ordine delle cose” rispetto alle tue precedenti colonne sonore per film?
Sergio Marchesini - “L’ordine delle cose” è stato per me un po’ un esame di maturità. Già con “I sogni del lago salato” mi ero trovato ad affrontare da solo la scrittura di una colonna sonora intera mentre, fino a quel momento,  avevo sempre lavorato con la Bottega. Ma nel caso de “I sogni del lago salato” avevo suonato tutto  io e non avevo dovuto organizzare partiture, registrazioni, turni incontri, prove, ritocchi etc.. Ne “L’ordine delle cose” avevamo a disposizione un budget maggiore e anche una produzione e delle aspettative importanti. Per la prima volta avevo la completa libertà di scegliere dei musicisti e coinvolgerli. 
Sofia Labropoulou
Alcuni li conoscevo, ma altri (Sofia Labropoulou, Leonardo Sapere) non li avevo mai incontrati prima. Il ruolo di ‘band leader’ non è per nulla facile ed è un ruolo a cui mi sono sempre un po’ sottratto. In questo caso, però, non avevo scelta e ho imparato molte cose sul piano musicale e relazionale. Devo dire che sono stato fortunato perché, quasi per caso, ho trovato delle persone incredibilmente talentuose, creative e umanamente splendide. Molti dei momenti più riusciti del disco nascono proprio dalla loro creatività e disponibilità. Citando Ganassin che cita Scarpa: per ottenere qualcosa bisogna inventare dei rapporti. (ride)

Come avete "tradotto" queste idee musicali nei concerti dal vivo?
Sergio Marchesini - Non è stato semplice. Alcune parti della colonna sonora funzionano bene con le immagini, ma non sono adatte ad un live. Poi c’era il problema del pianoforte e dell’elettronica che per motivi pratici non potevamo portarci sul palco. Abbiamo rivisto gli arrangiamenti sostituendo con la fisarmonica le parti di tastiera. Silvia è stata bravissima a trascriversi la ninna nanna somala con tutti i suoi svolazzi di quarti di tono. Abbiamo anche integrato il repertorio con dei brani di Sofia e dei New Landscapes e quello è stato anche un modo di allargare la collaborazione e di conoscere meglio la musicalità di ciascuno.

Francesco: Vuoi raccontare Walking sounds e le sue collaborazioni all'interno dell'evoluzione di New Landscapes?
Mshakht & New Landscape
Francesco Ganassin - Walking Sounds nasce da un’idea di Luca. Lui ha pensato il progetto, l’ha realizzato coinvolgendo fin da subito anche il trio. Sulle prime non sapevamo se ne saremmo rimasti fagocitati, se l’identità del trio ne avrebbe sofferto. A posteriori penso che ci abbia consolidato, ora sappiamo che l’incontro arricchisce, e ci permette di immaginare ciò che da soli non potremmo pensare.

Cosa vi ha colpito del suonare insieme a Mshakht?
Francesco Ganassin - Da quando Luca mi ha coinvolto nella post-produzione del cd “Walking Sounds”, il progetto è stato per me una lezione di umiltà e di tenacia, che temo di non poter spiegare nel dettaglio. Non è solo intravedere una via d’uscita in un contesto disperato, né riflettere sul fatto di essere nato nella bambagia. Forse un episodio può rendere vagamente l’idea. A febbraio 2018 eravamo a Roma per presentare il disco, allo Scup, il centro sociale. Il treno all’alba, la strada a piedi, le tavole rotonde, gli incontri, tante facce tutte nuove, le prove, il concerto. A tarda sera se n’erano ormai andati tutti, e noi stavamo ancora lì, non so da quante ore ormai. Io mi stavo irrigidendo, mi capita quando sono molto stanco, mi si guasta l’umore. Luca se n’è accorto e mi ha detto “dai andiamo a ballare!”. A ballare io, Luca, Sergio e Andrea Segre che era venuto a salutarci, in mezzo ad una sala deserta e gelida: mi è tornato il sorriso.
Sergio Marchesini
Sergio Marchesini - Per me è stato davvero emozionante. Ricordo la serata a Padova in cui per caso Luca si era trovato a suonare con alcuni dei musicisti iracheni. Non avrei mai immaginato che ne sarebbe uscito un progetto così ricco musicalmente e umanamente, e che mi sarei trovato a farne parte. L’ultimo concerto a cui ho partecipato è stato veramente commovente, come dice Francesco è difficile spiegare senza rischiare di cadere nel patetico, ma sicuramente c’è qualcosa di straordinario nell’incontro di umanità che la musica rende possibile, e credo che lì da qualche parte stia il senso profondo del nostro lavoro.

Alcune vostre composizioni recenti sono nate dagli incontri con Giuseppe Battiston e Marco Baliani. Volete raccontarle e raccontare quest'esperienza sul palco? Avrà un seguito la vostra collaborazione come duo?
Francesco Ganassin -  Gli incontri con Battiston e Baliani sono state due esperienze tra le più significative del mio 2018, grazie a Sergio che ha voluto condividerle con me. Sono due personalità molto forti e sul palco si sentono. Tecnica da fuoriclasse e grande carisma per entrambi, declinati in maniere completamente diverse. Per quanto ci riguarda, penso che, grazie al confronto con Marco, sia emerso un modo comune di pensare alla nostra attività in maniera un po’ più ampia, non strettamente legata al solo dato sonoro, musicale, appunto. Dall’incontro con Giuseppe è emerso di più il piacere di pensare ed eseguire musica per un’immagine, per un racconto, riflettendo sul rapporto tra i brani e la narrazione. 
Luca Chiavinato
Abbiamo in mente un paio di progetti che culliamo separatamente da tempo e che ora, unendo le forze, speriamo di riuscire a concretizzare. Uno è il sogno di allestire una “composer orchestra”, un ensemble di musicisti compositori che collaborano e provano stabilmente. L’altro è ancora nebuloso, ma si può già svelare che è legato alla comune passione per le figure di Gianni Celati e Luigi Ghirri. Ne abbiamo parlato, ovviamente, ed entrambi ora fatichiamo a vederci come un duo clarinetto e fisarmonica. Per vari motivi, primo fra tutti il timore di chiuderci e di risultare autoreferenziali. L’ambizione è quella di muovere un po’ le acque, essere al centro di incontri e dialoghi. Suonando, ovviamente, ma non solo.
Sergio Marchesini - Io penso che la prospettiva più interessante per noi, guardando al futuro, sia quella di un duo di persone che condividono un approccio alla musica e alla creatività. In mezzo c’è anche il piacere di suonare e improvvisare insieme e io spero che questo tipo di intesa estemporanea cresca nel tempo. Quello che per me è veramente importante e raro è poter avere un confronto costante sulla composizione, sul gioco tra musica e immagine, musica e paesaggio, musica e parola che sono i temi che veramente mi interessano. 

L'ordine delle cose, invece di un libretto, regala una mappa afro-mediterranea; il cd di Walking sounds si apre su sette persone intorno ad una tavola imbandita: che rapporto hanno le vostre musiche ed i vostri strumenti con lo spazio fisico, con i territori?
Mshakht & New Landscapes
Francesco Ganassin - Il trio con Silvia e Luca si chiama New Landscapes. Difficile descrivere meglio il mio ed il nostro sentire. La musica di Calicanto, con cui suono dal 2003, ha radici profonde nel territorio. Insomma, io davvero penso che la parola chiave del nostro tempo sia “paesaggio”, il tema su cui riflettere, e di conseguenza agire, anche in musica.
Sergio Marchesini - Nel lavoro con la Bottega la riflessione sul territorio era forse il tema preponderante: di volta in volta passava per le descrizioni dei paesaggi, per la storia locale, per il linguaggio e il dialetto. L’ultimo pezzo che ho scritto per la bottega parlava proprio del desiderio di sentirsi stranieri nel proprio territorio, per poterlo rivedere sempre con occhi nuovi.  La collaborazione con Andrea Segre mi ha stimolato anche ad aguzzare la vista, a usare meglio gli occhi e a godere delle mille storie che i paesaggi e le persone che ci stanno dentro ci raccontano spontaneamente se ci fermiamo a guardare. Mi ha insegnato anche l’importanza del poco, del silenzio, e dell’avere il coraggio di scomparire o di creare un vuoto perché le cose abbiano lo spazio per manifestarsi. E’ una cosa che vorrei riuscire a fare con la musica e sento anche in Francesco e nelle sue composizioni questo tipo di ricerca (non so se lui è d’accordo, non glielo ho mai chiesto, ahah, però glielo chiedo adesso).



Mshakht & New Landscapes – Walking Sounds. Tracks From Iraqi Kurdistan To Italy (Caligola Records 2017)
L’ensemble Mshakht conta 22 musicisti e nasce da un incontro avvenuto nell’estate 2016 quando le associazioni Un ponte per ... e Ya Basta hanno invitato a Padova Saman Fakhradin Abdulkareem, curdo iracheno, per far conoscere l’esperienza dei Centri Giovanili nel Kurdistan Iracheno. A Padova ha conosciuto i musicisti Luca Chiavinato (oud, liuti) e Dario Bano (percussioni) e da questo incontro ha preso corpo il progetto, realizzato un anno dopo, di laboratori musicali tenuti dai due musicisti italiani a Ebril e Domiz, nel Kurdistan Iracheno, per interagire con giovani profughi siriani, sfollati iracheni e curdi. Uno dei risultati sono le undici tracce prodotte da Caligola, riunite sotto il titolo di “Walking Sounds. Tracks From Iraqi Kurdistan To Italy”. Le tracce di apertura e chiusura, insieme alla quinta e all’ottava traccia, offrono angolature diverse dei paesaggi sonori che caratterizzano il campo profughi di Domiz dove hanno vissuto oltre trentamila persone, soprattutto profughi siriani. Quando Chiavinato e Bano sono giunti nel campo hanno potuto contare sulla collaborazione di Saman Fakhradin Abdulkareem. Con lui hanno potuto coinvolgere nei laboratori giovani musicisti, compresi alcuni strumentisti esperti. Il cd fotografa il qanon, la cetra a settantotto corde, di Niwar Ismat Issa, in evidenza in Faraway So Close; l’oud di Hoshyar Karim Rashid, protagonista di Communication breakdown; e, in Rojava, la voce di Abdullah Mohammed Amin Tamo. Oltre a loro l’ensemble comprende cinque cantanti, due violinisti, tre suonatori di saz, quattro suonatori di oud, Heezil Sakfan Hidayat al junbush, Dilawer Ahmed Faris alla chitarra, Zahraa Adel Kadhim al piano, Zwaed Khither Gom’a al flauto ney. Una volta registrate a Ebril e Domiz, le sette tracce sono state fatte ascoltare e sono state arrangiate e rielaborate con la collaborazione del trio New Landscapes, Chiavinato, Silvia Rinaldi al violino e Francesco Ganassin al clarino basso; Sergio Marchesini alle tastiere e alla fisarmonica; Aisha Ruggeri al piano con il supporto tecnico di Franz.Suono. Il bel libretto con colori seppia curato da Claudio Calia mette in evidenza in copertina una bimba sorridente che divarica indice e medio della mano sinistra in un segno di pace. Questo gesto sembra tradursi nell’ascolto e nel rispetto che pervade l’atteggiamento dei musicisti lungo tutto il disco e che permette a chi di volta in volta si è preso la responsabilità di arrangiare un brano di tenere in tensione e in equilibrio melodie e dialoghi sonori in presenza e a distanza. Ogni traccia acquisisce così un proprio carattere con elementi di richiamo e di discontinuità con le precedenti, andando a comporre un puzzle che mantiene vivo l’interesse e l’emozione dell’ascoltatore lungo tutto il percorso. Il CD è stato presentato per la prima volta a dicembre 2017 al Kurdish Social Forum a Sulaymaniyha. Nel 2018 sono continuati laboratori musicali in Iraq ed è stato organizzato il tour dell’ensemble in Italia con alcune tappe che hanno alternato narrazioni e musica dal vivo ed un concerto al Teatro Candiani di Mestre in cui Niwar Ismat Issa ha dialogato con il New Landscapes Trio.


Alessio Surian

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