Fabrizio Zanotti – Luna Nuova (Fabrika MusiKa, 2018)

Non può che piacere questa luna che galleggia serena in un mare di note e accordi: così si presenta la copertina di “Luna Nuova”, quarto album del piemontese (di nascita, ma pugliese d’origine: ci tiene a precisarlo) Fabrizio Zanotti. È una copertina su uno sfondo viola, realizzata dall’artista Ugo Nespolo, che in questi anni si è specializzato felicemente nelle cover di cd (pensiamo, tra gli altri, a “Dremong” di Max Manfredi e a “Extra” dei Têtes de Bois) e che in questo particolare caso riesce davvero a interpretare, fino in fondo, il senso di questo progetto discografico; sembra farcelo vedere e questo aiuta molto più di tante parole. Che ora comunque proveremo a mettere insieme. Partendo proprio dalla luna nuova che è, come tutti sanno, il momento di massimo buio, eppure anche quello che porta con sé una speranza reale, che si poggia sulla sicurezza che – spicchio a spicchio – la luce tornerà fino a finire un ciclo. Non è affatto banale nella vita delle persone che abitano il pianeta da sufficiente tempo per aver compreso l’importanza dei cicli della vita. Un antico libro di saggezza cinese mette spesso in guardia sull'arrivo della luna piena; quella che porta al compimento della promessa, ma che necessariamente porta con sé anche l’inizio del ripiegamento, della penombra: del riflusso, se preferite. Quanto è importante quindi scoprire che Zanotti sa che dopo l’alba, dopo il giorno, quel giorno, anche la notte comincerà ad illuminare quel grande circo che poi è in fondo l’umanità intera: quella intenta a fare le scelte sbagliate, oppure quella che si rinnova, quella che commette il primo errore seguendo un destino inesorabile, quella che attende la stagione dell’amore che ritorna. 
Visti dall’alto, magari proprio della luna, gli esseri umani appaiono un circo di freaks, ognuno con la propria deformità eppure il grande cuore. E se un cd a modo suo è un piccolo universo autosufficiente (quando è ben fatto naturalmente), allora questo album di Zanotti davvero ci è sembrato, ascoltandolo più volte, la miniatura di questo mondo caleidoscopico, dai tratti surreali, operoso eppure ripiegato su se stesso, gioioso eppure in affanno perché il tempo non basta, amato ma poi abbandonato, affaticato eppure pieno di speranze. E quel che più ci sembra contare è che a mostrare tutto questo non siano tanto o solo le parole – che Zanotti sa usare anche con certo mestiere in alcuni passaggi – quanto i suoni. Sono gli arrangiamenti che fanno la differenza in questo lavoro: non ci si annoia un attimo ad ascoltarli, perché davvero in certi momenti sembra di trovarsi in mezzo al traffico della città bella di Giorgio Gaber. E poi – anche a contrasto con le storie narrate – riescono proprio a ricostruire la scena: c’è il pezzo più radiofonico, c’è una vocazione pop irresistibile, c’è l’amore per il folk americano ma anche voglia di ballare un saltarello abruzzese. Noi preferiamo le atmosfere zigane, i passaggi caposseliani (ma neanche troppo), i giochi vocali (quelli dei cori certamente, ma quelli di Zanotti soprattutto). 
E sì: la nostra preferita è “L’industriale”, re del pesce sul suo battello giallo… che non è ancora il sottomarino giallo dei Baeatles, ma alla fine ce la farà… e forse ce la farà anche il protagonista di “Fuoritempo” con la sua “Giornata piena”. A ben vedere comunque questo mondo visto da lontano ancora al buio, forse non ambisce a rappresentare tutto. All’Italia somiglia tanto però, e alla musica italiana soprattutto. A noi è sembrato un omaggio alle sonorità della nostra musica leggera, che poi rappresenta quel mare di note su cui la luna di Nespolo galleggia serena nella notte: in questo modo risolviamo il “Rebus” proposto a fine disco, come bonus track: un gioco spassoso con i titoli delle canzoni più amate dagli italiani e che toccano la canzone d’autore, il pop più sfrenato e anche tutti i sogni e le storie che a quei brani sono rimaste attaccate per sempre: il rebus è forse risolto in una danza che omaggia il passato glorioso della nostra storia musicale, dal dopoguerra ad oggi. Anche per questo Luna nuova non è un capolavoro, perché non inventa e non pretende. Ma descrive con garbo e serietà, con ironia, leggerezza eppure con ardore. Così regala un ascolto piacevole e divertente e soprattutto la sensazione di stare tutti nella stessa barca: la disegnerà di certo Ugo Nespolo. 


Elisabetta Malantrucco

Posta un commento

Nuova Vecchia