Siamo in Friuli, in Carnia, tra le frazioni di Cella e Agrons, comune di Ovaro, nella val Degano, dove la chiesa di Santa Maria di Gorto è una delle più antiche pievi del territorio. L’interesse, tuttavia, non è soltanto storico, artistico e ambientale – la chiesa è ubicata in area molto bella naturalisticamente e accoglie numerose opere d’arte – perché la parrocchia è il luogo in cui si manifesta una consolidata tradizione musicale liturgica, che ci riconduce alla storia del Friuli e alle celebrate vicende del patriarcato di Aquileia.
A Santa Maria di Gorto, difatti, è presente una delle quattro cantorie della montagna friulana (le altre sono Illegio, Cercivento, Rigolato), che mantengono in funzione il canto di tradizione orale nel corso dell’anno liturgico. L’esistenza documenta della cantoria risale al XVIII secolo, ma le origini sembrano molto più antiche. Si tratta di repertori in parte sono stati tramandati senza soluzione di continuità, in parte sono stati riattivati con interventi a livello locale.
I Cantori della Pieve, Cantôrs di Plêf, sono il gruppo che accompagna con le proprie voci le liturgie parrocchiali più solenni, eseguendo un repertorio canoro riconducibile al cosiddetto “canto patriarchino di tradizione orale”, diffuso in una vasta area alto-adriatica, che nel Medioevo costituiva il territorio della diocesi metropolitica aquileiese e di parte delle diocesi appartenenti alla stessa provincia ecclesiastica.
A studiare il “cjant a la vecje”, come chiamano da quelle parti questa espressione della coralità di tradizione orale, è lo studioso udinese Roberto Frisano, organista diplomato al Conservatorio e studi universitari etnomusicologici, docente di educazione musicale, direttore del corso Glemonensis e ricercatore di musiche nell’area friulana, già autore di altre monografie sul canto nella regione per l’editore Nota (Illegio e Rigolato).
Il volume è aperto da due interventi bilingue (friulano e italiano), una sorta di breve memoir di Dino Spangaro (“Quando da bambino”), presidente del gruppo corale-culturale Rôsas di Mont, e “I Cantôrs di Plêf” di Don Giuseppe Cargnello, esponente del movimento Glesie Furlane, figura di rilievo, fin dagli anni Settanta, nella ricerca delle tracce viventi del canto patriarchino. Cargnello, vicario della Pieve per due anni, fino a quando è venuto a mancare, alla fine del 2017, è stato molto attivo nel recupero delle forme di tradizioni popolare. In un sintetico excursus, egli analizza il contesto religioso sociale, i repertori, i documenti storici, il ruolo del ri-costituitosi gruppo dei cantori (nel 1990) nella rivitalizzazione della prassi di canto liturgico e il vissuto musicale nella Pieve di Gorto, dopo le riforme sancite dal Concilio Vaticano Secondo che hanno inciso profondamente sulla permanenza dei repertori canori.
Il corpo centrale del lavoro contiene la trattazione di Frisano, il quale parte dal fondamentale contributo musicologico dello studioso triestino Roberto Starec – le cui rilevanti ricerche sono state svolte, successivamente ai pioneristici rilievi di Leo Levi, soprattutto quando, a partire dagli anni ’80, con gli studi di Leydi, Sassu, Arcangeli in convergenza con lavoro di storici della musica medievale, l’etnomusicologia italiana si è rivolta in maniera sistematica all’analisi delle prassi esecutive del repertorio liturgico, para-liturgico ed extra-liturgico di tradizione orale – per metterle a confronto con quanto è osservabile oggi nella località carnica. Dopo aver messo a fuoco anche le ipotesi sullo sviluppo storico del “canto patriarchino”, terreno d’indagine di rilievo per la presenza di tradizione scritta e di trasmissione orale che arriva fino ai giorni nostri, Frisano si rivolge all’analisi del composito repertorio dei Cantôrs, ascoltabili nei documenti sonori contenuti nei due dischi allegati al libro.
L’impostazione delle melodie è di carattere modale con punti di frizione con la tonalità. I materiali rivestono grande interesse per la resa melodica, per la variabilità di intervalli impiegati, per le declinazioni locali dei repertori, per le prassi esecutive. Insomma, materia viva ed emozionale, non soltanto per la comunità locale. Si tratta di registrazioni in funzione, raccolte nel corso delle celebrazioni del Perdon dal Rosâri nel primo CD (“Messa”, “Vespro” e “Canti devozionali” in lingua friulana), mentre nel secondo disco si ascoltano “Salmi”, “Inni, “Cantici”, “Antifone, “Intonazioni del Vangelo” e “Messa dei Defunti”.
Il gruppo dei Cantôrs, un tempo composto unicamente da voci maschili, oggi è un sodalizio di 24-26 cantanti, comprendente anche voci femminili, con funzione di guida e sostegno della partecipazione dell’intera assemblea. Ad affiancarli nelle esecuzioni ci sono i diciassette coristi del Coro Rôsas di Mont. I solisti delle “Intonazioni dei Vangeli” sono i compianti vicari della Pieve don Lorenzo Dentesano e don Giuseppe Cargnello, con l’accompagnamento dell’organista Matteo Marchesin (l’organo presente nella Pieve è di notevole fattura e data 1788), mentre Giuliano Giorgis (voce e harmonium) e Maddalena Rovis (voce) intervengono nel “Missus – Jesus Christus”. Gli statuti della società corale del 1928 e del gruppo dei cantori del 1990, una serie di foto in bianco e nero e la consueta bibliografia-discografia corredano questo significativo contributo alla conoscenza della vita culturale e delle tradizioni musicali del Friuli.
Ciro De Rosa