Non esistono testimonianze video ed audio del tour che Jimi Hendrix tenne in Italia nel maggio del 1968 ma solo i ricordi vividi ed indelebili di chi ebbe la fortuna di ascoltare dal vivo colui che è stato definito “più grande chitarrista della storia del rock“. I ricordi, soprattutto quando appartengono ad una memoria collettiva di un’epoca, hanno la forza di trasmettere alle generazioni successive le emozioni, le sensazioni e le suggestioni preservate dalla memoria. E’ questa la direzione seguita dal giornalista e storico musicale Enzo Gentile e da Roberto Crema, ben noto collezionista hendrixiano e fondatore dell’associazione Jimi Hendrix Italia, i quali hanno recentemente dato alle stampe, per i tipi di Jaca Book, “Hendrix ’68 – The Italian Experience” pregevole volume monografico che ricostruisce e documenta quello storico tour che toccò Milano, Roma e Bologna. Introdotto dalla bella prefazione firmata da Carlo Verdone che descrive la sua esperienza come “indelebile e indimenticabile”, il volume si dipana tra i racconti di alcuni musicisti presenti come Maurizio Vandelli, Fabio Treves, Dodi Battaglia, Ricky Gianco e il bluesman Roberto Ciotti, le testimonianze degli spettatori e quelle delle tre ragazze - una per notte, ovviamente - che si accompagnarono a Jimi Hendrix dopo i concerti, il tutto intercalato da articoli di giornale, foto inedite, memorabilia. Ad impreziosire il tutto alcuni contributi che contribuiscono a delineare il contesto sociale, politico e musicale non solo italiano ma anche internazionale. Ne emerge, così, un affresco intrigante dell’Italia del dopo boom economico, dei contrasti politici e del rock che stava emergendo grazie ai programmi radiofonici di Renzo Arbore, nel quale, grazie all’intuizione dei promoter Massimo Bernardi e Oscar Porri, irrompe la chitarra di Jimi Hendrix e la sua Experience. A dimostrarlo è l’accoglienza che ebbe sulla stampa con la rivista Giovani che titolò: "È in arrivo il negro che suona la chitarra con i denti” o Man che lo definì “Il diavolo (nero) in corpo”, o ancora un altro giornale non perse tempo a definirlo “diabolico brutalizzatore di chitarre”. Nonostante le tante difficoltà, tra impianti non funzionanti e mancanza di organizzazione, i concerti lasciano un segno indelebile. E’ il caso del concerto a Roma al Teatro Brancaccio quando Jimi Hendrix, come raccontano le cronache, tra gli highlights della serata piazzò una versione di “Red House” rallentata di oltre dieci minuti, una superba rilettura di “Sgt Pepper' s” dei Beatles e una intensissima “Wild Thing” con una inattesa citazione di “Strangers in the Night” di Frank Sinatra. “Percepivo un'energia tellurica, selvaggia, anche un po' spaventosa”, ricorda il critico letterario, allora giovanissimo Filippo La Porta, “La sua musica mi rivelò un mondo intero di cui fino a quel momento avevo avuto solo un vago presentimento”. A Roma accaddero fatti curiosi come il furto ad opera di un ragazzo della camicia viola di Hendrix il quale urlò furioso “motherfuckers”, la fuga segreta del chitarrista al Colosseo e i giri notturni sulla Fiati 500 di Albertino Marozzi, leader dei Fholks con i quali gli Experience improvvisarono due jam session al Titan Club. Insomma questo è uno di quei libri che non possono mancare nella libreria degli appassionati di storia del rock, ai quali consigliamo anche di visitare la mostra omonima che dal 16 maggio è allestita alla Triennale di Milano e che ospita una selezione dei materiali contenuti nel libro.
Salvatore Esposito
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