I titoli che dispensano sovranità in fatto di espressioni e generi musicali non incontrano il gusto di chi scrive, eppure sono, talvolta, qualificazioni felici in fatto di marketing. Questo per dire che parlare di “regine” del fado lascia il tempo che trova, ma sicuramente fa effetto per molti cultori del canto urbano, patrimonio immateriale dell’UNESCO. In questo disco, la scelta dell’etichetta ARC è motivata dal fatto che il nuovo album si aggiunge a una serie di pubblicazioni discografiche che annoverano incisioni di Amalia Rodriguese di altre voci leggendarie del canto, di interpreti maschili e di “nuove regine”, che dagli anni Novanta del secolo scorso hanno contribuito alla rinascita del fado (Maria Ana Borbone, Cristina Branco, Mafalda Arnauth, Mísia, Joana Amendoeira, Katia Gurreiro, Cristina Navarro, Carminho, Mariza) e al suo inserimento nel circuito della nascente “world music”, dopo che con la rivoluzione dell’Aprile 1974 si era rigettata la forma canora, folklorizzata dal regime fascista e additata come collaborazionista (anche se negli stessi anni la spontaneità amatoriale del “fadio vadio” continuava a vivere di vita propria nei quartieri popolari).
Tornando alla recentissima produzione Arc, “The Next generation” presenta un gruppo di otto “cantoras”, tutte sulla trentina, nate tra la seconda metà degli anni Settanta e gli anni Ottanta: Cuca Roseta, Carminho, Gisela João, Claudia Aurora, Carla Pires, Joana Rios, Raquel Tavares e Yolanda Soares. In fin dei conti, sono artiste non proprio giovanissime, ma fanno parte proprio – e qui torniamo al sottotitolo del disco – di quella che in Portogallo chiamano la “nova geração” di fadiste. Eppure, qualche nome di interessanti nuove leve nate addirittura negli anni Novanta e già apprezzate nel circuito ci sarebbe in giro (Mariana Oliveira e Beatriz, entrambe di Coimbra, per esempio).
Ad ogni modo, poiché nel fado oltre a voce e liriche conta anche l’accompagnamento, diamo i nomi anche dei sette chitarristi coinvolti, tra i quali ci sono strumentisti brillanti della guitarra portuguesa: Custodio Castelo, Ricardo Parreira, Pedro Viana, Luis Guerreiro, Angelo Freire, Eurico Machado, Mario Pacheco.
Naturalmente il mood delle sedici tracce (due per ogni artista) contenute nel disco è alquanto diversificato, i brani imboccano molteplici direzioni nello stile performativo: dagli atteggiamenti canori più tradizionali alla fado cançao, dalle influenze flamenco e latinoamericane alle morbidezze pop. Anche gli arrangiamenti, di volta in volta, si muovono su linee convenzionali (nelle tracce di Raquel Tavares, Carminho, Gisela João e Carla Pires) o con innesti timbrici come in “Lua” di Claudia Aurora accompagnata da chitarra acustica, basso, violoncello e bouzouki, in “Amor Ladrão” di Cuca Roseta con chitarre, basso e percussioni o ancora nell’uso dell’arpa nella conclusiva “O Nosso Povo” della voce da soprano di Yolanda Soares.
Le personalità di Gisela João (“Meu Amigo Està Longe” e il tradizionale “Bailarico Saloio”) e di Carminho (“'As Pedrasda Minha Rua” e “Saia Rodada”) sopravanzano tutte le altre. Nondimeno, tra le altre “nuove regine” da seguire segnaliamo Joana Rios (“Se tu Fosses Lisboa” e “Não era um Tempo de Fado”), dotata di grande duttilità vocale, artista residente della famosa casa del fado Páteo Alfacinha e, per le loro aperture estetiche alla world, le cantanti Claudia Aurora (“Havemos de Ir a Viana”, “Lua”), nata a Porto ma residente a Bristol, e Carla Pires, interprete di “Noites perdidas” e soprattutto di “Há samba nas Colinas de Lisboa”, in cui l’orchestrina che l’accompagna dispiega chitarre, basso, cavaquinho e mandolino. Non che sfigurino tutte le altre (Raquel Tavares è stata insignita del premio Amália Rodiguez nel 2006), ma nei brani proposti non sempre la combinazione melodico-canora e l’apporto strumentale danno loro ragione.
Insomma, una bella carrellata sul fado, sempre in movimento, come per ogni tradizione.
Ciro De Rosa
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