Il volume in lingua inglese, che offre una discussione complessiva sullo statuto degli studi musicologici, scaturisce dalle tre edizioni – dal 2013 al 2015 – del Seminario internazionale di etnomusicologia organizzato dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Cini di Venezia. I curatori, Francesco Giannattasio e Giovanni Giuriati (che dell’IISMC è il direttore), hanno raccolto alcuni degli interventi, rielaborati in occasione dell’iniziativa editoriale. Come rivela il titolo, si tratta di un’articolata riflessione che investe non soltanto l’oggetto di studio dell’etnomusicologia ma, più in generale, le ideologie, le finalità e le linee di intervento metodologico della disciplina. Un bilancio critico su un campo di ricerca che deve fare i conti con la scomparsa dell’oggetto di studio, con la pluralità di prospettive e di comprensione dei fenomeni musicali di diffusione transculturale, con i processi di patrimonializzazione. Si avverte la necessità di abbandonare la visione “etnologica” del mondo e dell’“alterità” totale, riconsiderando la “congruenza tassonomica” (Agamennone) di nozioni e categorie, che appaiono fortemente indebolite o di fatto inutilizzabili: penso a “musica tradizionale” e a tutte quelle parole che portano il prefisso “etno”.
In questo senso, si profila il ripensamento teorico ed epistemologico dell’etnomusicologia, nata all’interno del pensiero occidentale (come è stato per l’etnologia e l’antropologia culturale), di fronte alle dinamiche interculturali e intersoggettive, propendendo per un mutamento nella denominazione stessa della disciplina, che nell’indagine delle pratiche musicali contemporanee si configura, pertanto, sempre più come “musicologia transculturale”.
Da questa linea di riflessione prende le mosse la prima parte del volume, che si snoda attraverso i possibili approcci teorici per lo studio delle musiche contemporanee in una prospettiva globale, comparativa e transculturale: così sulla messa in questione posta nell’introduzione Giannattasio intervengono studiosi internazionali di ambito musicologico ed antropologico: Wolfgang Welsch (“Transculturality – the Puzzling Form of Cultures Today”), Timothy Rice (“Toward a Theory-driven Comparative Musicology”), Lars-Christian Koch (“Tonsinn und Musik” Carl Stumpf’s Discourse on the Mind as a Condition for the Development of Ethnomusicology and Erich Moritz von Hornbostel’s Proposals for Music-psychological Exmination), Steven Feld (“On Post-Ethnomusicology Alternatives: Acoustemology”), Jocelyn Guilbault (“The Politics of Musical Bonding. New Prospects for Cosmopolitan Music Studies”) e Jean-Loup Amselle “From Métissage to the Connection between Cultures”).
Un ulteriore punto di forza del volume è che gli studiosi nostrani non sono in ritardo in questa svolta epistemologica e metodologica. Cosicché, la seconda sezione del volume propone una raccolta i casi di studio di musicologi italiani, che intervengono nella discussione con le loro esperienze sul terreno nella area napoletana e nel Salento. Non è un caso che le due aree musicali siano al centro dell’interesse dei ricercatori. Parliamo di luoghi che sono memoria e pratica dell’etnomusicologia italiana, aree in cui interagiscono contesti urbane e rurali, dove le performance spettacolari al alta esposizione mediatica so accanto a feste di carattere rituale agrario, dove lo sviluppo di fenomeni musicali popular sono associabili all’ingresso nella modernità. Nello specifico, Giovanni Giuriati ragiona sulle peculiarità musicali e degli organici della festa dei Gigli di Nola (“Some reflection on a new Perspective in Transcultural Musicology: the area of Naples as a Case Study” e “The Music for the Festa dei Gigli di Nola”). Su una rilettura delle pratiche rituali e sulle musiche della Madonna dell’Arco di cui parla Claudio Rizzoni (“Tradition and Reframing Processes in the Madonna dell’Arco Ritual Musical Practices in Naples”). Invece, hanno oggetto la canzone della metropoli campana gli interventi di Giovanni Vacca sul mondo dei posteggiatori (“Songs and the City. Itinerant Musicians as Living ‘Song Libraries’ at the Beginning of the 20th Century in Naples: the ‘Posteggiatori’”) e di Raffaele Di Mauro (“Identity Construction and Transcultural Vocation in Neapolitan Song: a ‘Living Music’ from the Past?”). Su un altro territorio privilegiato della ricerca etnomusicologici, il Salento, indaga Maurizio Agamennone (“Current Research in the Salentine Area: an Introduction”, “A Historical Perspective on Ethnomusicology Enquiry: Studies in the Salento”), mentre Flavia Gervasi si occupa delllo status e del ruolo dei musicisti al centro del nuovo revival salentino (“Rethoric of Identity and Distinctiveness: Relations between Aesthetic Criteria and the Success of Salentine Musicians in the Contemporary Folk Revival”).
In definitiva, il volume offre un contributo sostanzioso al dibattito sulla improcrastinabile necessità di riconsiderare l’essenza stessa della disciplina, offrendo al contempo nuovi sguardi e nuove pratiche di analisi su ancora fertili terreni di indagine.
Ciro De Rosa
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