Canta con il sorriso sulle labbra e la leggerezza nella voce la portoghese Carmen Souza. Il suo timbro roco e sensuale si diffonde leggero, sospeso a mezz’aria. Non smentisce le sue origini capoverdiane e canta in creolo, in portoghese, e qualche volta in inglese, giocando deliziosamente con le inflessioni e le intonazioni. Carmen Souza è nata a Lisbona trentasette anni fa ed ha sperimentato presto la ‘sodadi’, attraverso la lontananza del padre per motivi legati al lavoro. Cresciuta in un ambiente dalle radici capoverdiane, ha presto cantato in un coro gospel professionale anche come modo per esprimere una forte spiritualità. Musicisti come il cantautore capoverdiano Luis Morais, le incommensurabili Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Nina Simone, e sul versante jazz più o meno venato di eclettismo Joe Zawinul, Herbie Hancock, Keith Jarrett, Bill Evans, Miles Davis, sono stati per lei mitici punti di riferimento che hanno fortemente segnato la sua evoluzione culturale e musicale. La sua elegante vocalità, duttile come uno strumento musicale, è supportata efficacemente da pianoforte, chitarra, contrabbasso - o basso elettrico-, e percussioni nei 12 brani del settimo album della sua carriera dal titolo programmatico “Creology”. La sua voce così interessante crea atmosfere calde, dilatate, ironiche in un contesto transatlantico lusofono che spazia ampiamente dalle ex colonie di Capo Verde, Angola, Mozambico fino ad arrivare alle coste del Brasile e di Cuba per risalire, infine, a New Orleans abbracciando fado, samba, bossa nova, blues.
L’intrigante progetto musicale sviluppato insieme a Theo Pascal, talentuoso bassista portoghese, fonde armonicamente le atmosfere creole dal sapore esotico con il pop e il jazz. I due hanno realizzato un fecondo sodalizio artistico di durata ultradecennale nel corso del quale, a partire dal 2003, hanno realizzato i sette album della Souza, Theo come produttore e compositore della parte musicale, la cantante autrice dei testi. Controtempi, tappeto percussivo delicato e raffinato che esalta la presenza vocale di Carmen Souza con i suoi passaggi di registro dai toni bassi alle vocine da bambino, ampi sprazzi di pianoforte jazz -suonato dalla stessa Souza, insieme alla chitarra- stanno nei dodici brani per circa quarantacainque minuti di godimento tropicale ed equilibrio tra suoni e tradizioni diverse.
In apertura d’album troviamo la vibrante “Ligria”, che in un video la cantante presenta così: «È una musica sulla gioia, la migliore medicina». Non manca un classico della musica brasiliana come “Upa neguinho”, mentre “Pretty eyes” del pianista e compositore Horace Silver, “London Light” e “Kem ka tem Cabeca” virano decisamente al jazz con la Souza al pianoforte. Gran bel finale con gli ultimi tre brani: in “Homem musica” la voce della Souza veleggia a mezz’aria, raffinata e appassionata, sulle note del piano e la ritmica del violoncello e della batteria, nella saltellante “Escuta Moçambique” c’è un forte richiamo alla danza, nel brano finale e title-track “Creology” si apprezza un’atmosfera misteriosa con la voce nuda su un ostinato tappeto percussivo.
La formazione a tre sottende un’essenzialità dei suoni che nulla toglie al progetto musicale, anzi, ne valorizza i fondamentali: alla Souza (voce solista, piano acustico e chitarra) e Theo Pascal (contrabbasso, basso elettrico, percussioni) si aggiunge, dal Mozambico, Elias Kacomanolis alla batteria e percussioni.
«Creology è diversità, è la mia identità» - spiega Carmen Souza in un video - «è mescolare suoni delle tradizioni creole vecchie e nuove per creare, forse, nuova musica creola». È proprio la naturalezza di queste profonde commistioni sonore che stanno tra loro in felice equilibrio di armonie e di senso, è proprio questa la forza dell’album. Da ascoltare ripetutamente e a grandi dosi per lasciarsi contagiare dalla gioia.
Carla Visca
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