Belem & The Mekanics – Belem & The Mekanics (Igloo Records/Zig Zag World, 2017)

Il duo belga Belem, Didier Laloy (organetto diatonico) e Kathy Adam (violoncello), mette insieme musicisti di lunga e provata esperienza. Il primo, fiammingo di Etterbeek, possiede un approccio che unisce tecnica e fisicità sullo strumento, che ha condotto oltre l’ambito folk nel dialogo con musicisti “colti”, danzatori e coreografi o ancora a interagire con le immagini. Tra i tanti progetti che Laloy ha in opera, ricordiamo il trio S-Tres e il gruppo Ialma, di quelli in cui ha militato, segnaliamo i Panta Rhei e il gruppo di star del mantice Accordion Samurai. La seconda, vallona di Liegi che, andando oltre gli studi di musica da camera a Bruxelles, si è orientata verso le collaborazioni con musicisti di ambito world e con il mondo della danza e del teatro. Dopo aver inciso l’album eponimo “Belem” nel 2014, la coppia si ritrova per una nuova singolare produzione, ribattezzandosi per l’occasione Belem & The Mekanics. Le basi del nuovo lavoro sono state gettate nell’incontro con il conterraneo Walter Hus, pianista e compositore classico, autore di colonne sonore per film e spettacoli di danza, creatore negli anni Ottanta del gruppo avant-garde Maximalist. Hus è stato sempre affascinato dagli organi meccanici, quei Limonaires che nel secolo scorso, e fino all’avvento dei juke-box, erano popolari dalla Francia settentrionale al Belgio e fino ai Paesi Bassi. Da parte sua, Laloy serbava nel cassetto l’idea di lavorare con carillon a nastro, organi di Barberia e pianole meccaniche. Cosicché si deve parlare di una sorta di attrazione fatale, poiché Hus da alcuni anni compone materiali per l’orchestra meccanica prodotta dalla ditta dei fratelli Decap: un ‘ensemble’ di organi acustici, fisarmoniche e percussioni controllati da un computer. Insomma, una formidabile versione contemporanea informatizzata degli strumenti a carta perforata. La musica che sgorga fluente da “Belem & the Mekanics” supera gli steccati, è gioiosa e tenera, robusta e malinconica, possiede la qualità affabulatoria di un racconto per immagini, inglobando nel palinsesto composto da undici brani classicismo orchestrale, vena minimale, improvvisazione, proiezione cinematica, umori circensi, movenze di tango e di valzer musette. Vi invitiamo a seguire il “trio” in questa insolita ma geniale impresa sonora. 


Ciro De Rosa

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