Gochag Askarov & Pierre de Trégomain - Mugham Souls (Felmay, 2017)

Il mugham, musica d’arte azera di tradizione orale, modale ed omofonica, che trova i suoi corrispettivi nel maqām arabo, nel makam turco e nel makom dell’Asia Centrale, occupa un ruolo centrale nella musicalità del Paese caucasico. Dal 2003 il ‘modo’ azero è entrato nell’elenco dei patrimoni intangibili UNESCO. Nondimeno, mugham indica anche una suite vocale e strumentale, costruita sulla struttura dei modi classici, che inizia con il bardasht, il preludio strumentale del liuto tar, introduzione in una determinata modalità, seguita da sequenze vocali, a loro volta intervallate da improvvisazioni strumentali. La label italiana Felmay ha fatto già conoscere con precedenti incisioni Gochag Askarov (nato nel 1978), esponente di spicco di questo canto emozionale per il quale il cantante deve esibire forme sofisticate di ornamentazione vocale. Askarov fa parte della nuova generazione di cantanti entrati nella scena world internazionale con esibizioni in tutto il mondo e nel 2009 è stato premiato al World Music Festival di Samarcanda (Uzbekistan). Quando Pierre de Trégomain – nato nel 1974, di formazione jazzistica, non nuovo ad esplorazioni nel campo della musica barocca e della tradizione sufi – ha ascoltato il disco “Mugham: Traditional Music of Azerbaidjan”, uscito sempre per Felmay, ha deciso di recarsi a Baku per apprendere l’arte del mugham direttamente alla fonte. La collaborazione transculturale tra Gochag e Pierre prende forma mediante l’elemento improvvisativo, il terreno su cui si incontrano i due cantanti. Il disco è stato registrato dal vivo a Baku, capitale azera, nel novembre 2016 (per una durata di 53 minuti), con l’accompagnamento di un eccellente quintetto di strumentisti: Ibrahim Babayev (tar), Elnur Mikayilov (kamancha), Kamran Karimov (naghara), Yusif Azizov (percussioni) e Vasif Huseynzade (piano). Dopo la breve composizione ritmica d’apertura “Heart and hands”, registrata in studio giustapponendo il ritmo del battito cardiaco con il ritmo delle mani, la performance si sviluppa con “Let Me Be Voice- Bayati Kurd”, una canzone di de Trégomain che si sposa al mugham Bayati-Kurd e che procede con due tasnif nello stesso ambito modale per metrica e temperamento. Il notevole intreccio di voci, i solismi (sottolineati dal consenso del pubblico), i discreti passaggi strumentali di corde, archi e pelli e il collante del piano di Huseynzade, musicista capace di conciliare jazz e musica classica e folk azera, rendono i dodici minuti del brano davvero intensi. La successiva “Sari Gelin” è un canto di provenienza folk riarrangiato con la presenza jazzy del piano. I mondi sonori si fondono in “Shelter-Bayati Shiraz”, un brano che assomma una composizione di de Trégomain che svolge il ruolo di tema con la risposta improvvsiativa del mugham fino a fondersi nel finale. Il mugham è eseguito su un qazal, una poesia del poeta azero ottocentesco Seyyid Azim Shirvani. Il francese è la voce di “Conducteur” che canta in francese nel contesto modale accompagnato dall’ensemble strumentale. Infine, Mikayilov firma la conclusiva “All Stars”, che si fa apprezzare per il tripudio collettivo di solismi improvvisativi, su cui si cimentano i sette musicisti. La parte vocale solista di Askarov riprende un qazal molto popolare di uno dei più grandi poeti azeri: Aliaqa Vahid. L’opera è curata nei dettagli con informazioni in lingua inglese sul mugham, sugli artisti, gli strumenti e la scaletta del disco. “Mugham Souls” è un bel dialogo tra mondi conciliabili.



Ciro De Rosa

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