Nikos Tsiachris - Alcance (Galileo Music Communication, 2017)

“Alcance” è il primo album solista di Nikos Tsiachris, chitarrista sopraffino di origini greche e di base a Berlino. La sua produzione spazia tra il jazz, il flamenco e altri generi legati alle tradizioni chitarristiche popolari e non solo: dal klezmer al fado fino al rebetiko. Ha prodotto alcuni anni fa “Waterfall”, un album molto intenso e profondo, con il quartetto Rasgueo, in cui ha esplorato sopratutto l’orizzonte flamenco attraverso interpretazioni jazzistiche. In questo nuovo lavoro si concentra più sulla sua chitarra, dove confluiscono le sue esperienze di musicista, studioso (ha condotto studi di musicologia alla Aristoteles University di Thessaloniki) e cultore della tradizione citarristica spagnola, riuscendo a delineare una quadro senz’altro originale di chitarrismo classico, popolare e sperimentale allo tesso tempo. Tsiachris analizza il flamenco in profondità, legandolo senza pregiudizi, e sottolineandone i punti di forza, anche alla tradizione più popolare, fino a trascenderne gli elementi più stilizzati per ampliarne le forme e esplorarne le nuove e plausibili prospettive. L’impianto dell’album ci suggerisce innanzitutto questo, sopratutto attraverso un dialogo intenso tra gli elementi basilari di quella tradizione, vale a dire le corde e le percussioni. Alle corde, ovviamente, ci pensa lui, con un suono pieno e sicuro, molto ritmato e cadenzato, in collaborazione con Takashi Peterson (che suona la chitarra elettrica in “Alcance”, il brano di apertura dell’album) e Yelsy Heredia (contrabbasso in “Baracoa”, “Insomnio” e “Veleta”). Le percussioni sono affidate a Baldolero, alias José Manuel Ruiz Motos, percussionista tra i più influenti della scena flamenco internazionale (che qui suona palmas, nudillos, jaleos e percussioni). Chiudono il cerchio Mila Khawan e Martin Auer alla tromba, Yorgos Dimitriadis e Tom Auffarth alle percussioni, e Juan Cardenas, il quale presta la sua voce alla splendida “Veleta” in chiusura dell’album. Insomma non manca davvero nulla: l’impianto dei nove brani in scaletta è saldo alle corde, ma riceve continuamente aria non solo sul piano del ritmo, ma anche su quello melodico, grazie a interventi equilibrati e piacevolmente fantasiosi, la chitarra di Tsiachris fluttua armoniosamente dal primo brano all’ultimo, regalandoci melodie mai scontate e sopratutto una narrazione complessa, profonda e molto dinamica. Il ritmo delle percussioni è trascinante ma privo di ridondanza e retorica, sempre in equilibrio sulle frasi della chitarra e sopratutto concentrato su un sostegno ponderato, necessario. Tra i brani più interessanti non possiamo non citare “Alcance”, nel quale prende forma un suono più astratto, che lascia immaginare un orizzonte più ampio, legato a doppio filo a una struttura tradizionale e a una visione nuova e straniante. Al primo impatto è un pezzo molto flamenco, in cui la frase di chitarra classica si aggrappa alle percussioni, che ricevono in modo alterno un sostegno anche da interventi di “palmi” e suoni vocali. Il ritmo è diretto, cadenzato, e chiama spesso in causa un incedere più deciso di chitarra. Ma, come già accennato, interviene anche la chitarra elettrica, per formare una nuvola di suoni che, nel loro insieme, trascendono perfino la struttura del brano, organizzata, specie nella prima parte, dentro uno spazio decisamente tradizionale. L’elettrica, che si insinua in una densità che sembrerebbe non lasciare spazio a nessun elemento ulteriore, riesce a far scivolare il brano in una dimensione più indefinita, grazie sopratutto a un intervento delicato e deciso allo stesso tempo. In questo modo il brano, negli ultimi secondi, assume gradualmente una forma più leggera, nella quale si attenua, per poi scomparire il corpo delle percussioni e l’incedere della chitarra classica. L’ultimo brano, “Veleta”, è una canzone sospesa in un’atmosfera colorata e sognante, ancorché decisa nelle frasi arpeggiate della chitarra classica e nell’incedere sicuro delle percussioni in sottofondo. La voce di Cardenas richiama una struttura “romanzata” spagnola, fascinosa ed evocativa, volutamente accentuata in alcuni passi precisi del brano. La chiosa perfetta e sopratutto un dialogo agognato con una chitarra luminosa che riporta ogni elemento alla contemporaneità. 


Daniele Cestellini

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