I lettori di Blogfoolk, forse ricorderanno Jon Gibson per essere uno dei membri fondatori dello storico “Philip Glass Ensemble”, figlio della brulicante New York di fine anni sessanta. Dopo un breve periodo nel “New Music Ensemble”, innovativo collettivo di musica sperimentale fondato nel 1963 da Larry Austin, Gibson prestò i suoi fiati (flauti, clarinetti e sassofoni al nascente gruppo capitanato da Philip Glass, che a partire dal 1968 iniziò a eseguire i suoi esperimenti di “Minimal Music”, termine piuttosto generico e oggi non particolarmente apprezzato dallo stesso Glass, uno dei primi insieme a: Riley, Reich e La Monte Young ad abbracciarne le precise scelte compositive. Queste distinte personalità erano legate da un comune intento, ossia, pensare a una musica alternativa al Serialismo, che fondandosi generalmente attorno a un perno tonale più definito rispetto ai radicali esperimenti passati, utilizzi frasi e figure ritmiche costantemente ripetute e sottoposte a graduali processi additivi, a formare un brulicante e cangiante universo sonoro che contrariamente a quanto si possa pensare, recuperi in realtà una dimensione più umana e intima tra musica,suono e ascoltatore, offrendo una nuova prospettiva di ascolto. A fronte dell’indubbio potenziale cinetico di questo suono, il Minimalismo approfondì anche l’aspetto opposto ma complementare, contrapponendo al “brulicante flusso”, le stasi di droni e bordoni e le relative implicazioni culturali, facendo tesoro del ricco patrimonio filosofico orientale. “Two Solo Pieces”, il secondo album solista di Jon Gibson, originariamente pubblicato dall’etichetta personale di Glass Chatham Square Productions nel 1977, scelse un approccio musicale particolarmente intimo. Le meditazioni organistiche di “Cycles” con le continue sovrapposizioni di droni, nei suoi 23 minuti, conducono l’ascoltatore verso un inebriante smarrimento più vicino ad alcuni esperimenti di La Monte Young che ai “muri elettrici di suono” di: “Music With Changing Parts”, “Music In Twelve Parts” o “Einstein On The Beach”, lavori cardinali di Philip Glass che vedono la partecipazione di Gibson.
In “Two Solo Pieces” il musicista si esibisce in completa solitudine, prima all’organo, registrato nell’Aprile del 1975 presso la Washington Square Church di New York e poi al flauto alto, protagonista assoluto di “Untitled” eseguita nel Dicembre dello stesso anno ai Big Apple Recording Studios di New York. Le delicate frasi dalle atmosfere pastorali che compongono il pezzo, sapientemente contrapposte all’imponenza del precedente brano, si distinguono per brio e raffinatezza singolari.
In definitiva, “Two Solo Pieces” come anche l’esordio “Visitations”, rimangono opere fondamentali del Minimalismo che permettono di comprendere e conoscere un artista unico, in grado di marcare in modo indelebile il suono di pagine centrali della musica contemporanea.
Marco Calloni
Tags:
Contemporanea