Come ormai i nostri lettori sanno, il Festival delle Ciaramelle si è configurato, da un anno a questa parte, come un elemento importante delle attività seguite da Blogfoolk. Un elemento che ha rappresentato - a partire dalla prima edizione, che si è svolta ad Amatrice all’inizio di agosto del 2016, pochi giorni prima del terremoto che ha colpito la città e l’area circostante - anche uno spazio di azione che è stato fin da subito percepito come ricco di suggestioni. Da un lato perché nel festival confluiscono alcune dinamiche che, in modi che si definiscono volta per volta ma che orientano in parte anche la programmazione del giornale, sono determinanti per lo studio e, in generale, la definizione del profilo contemporaneo delle espressioni musicali legate alle tradizioni orali. Dall’altro lato perché un festival - che, inutile dirlo, è il risultato di molto lavoro, negoziazioni, relazioni sia interne che esterne, con soggetti sia privati che pubblici, con artisti, amministratori, studiosi ecc. - rappresenta esso stesso un ricco terreno di studio.
Non è un caso che Blogfoolk, seguendo la dedizione di Giancarlo Palombini - membro del nostro comitato scientifico e direttore artistico dell’evento - ha cercato di assecondarne lo sviluppo, supportando le molteplici direzioni che l’idea progettuale ha intrapreso nelle fasi che si sono succedute fin qui. D’altronde, se è vero che la riflessione e lo studio, l’analisi, l’approfondimento sono fondamentali per comprendere (e, in alcuni casi, orientare) le prospettive delle musiche popolari, è altrettanto condivisibile la centralità che assume la performance in un contesto definito da scelte di carattere non solo organizzativo, ma anche politico, scientifico, relazionale. In questo senso la performance può divenire addirittura un riflesso del processo di organizzazione dell’evento, e porta con sé non solo il peso simbolico e pragmatico della rappresentazione, ma anche il valore “organico” del percorso che culmina con essa. Per il festival delle Ciaramelle di Amatrice (se possibile) tutto questo si fa ancora più cogente. Non solo perché la città e il suo territorio sono stati colpiti dal sisma e quindi ogni iniziativa che lì si svolge assume un valore connesso inevitabilmente a un processo di valorizzazione, volto prima di tutto a risollevarne le sorti, certamente in termini economici, ma soprattutto in un programma (che segue varie direzioni, spesso anche opposte) di sensibilizzazione e di valutazione dei “bisogni” dell’area. Ma soprattutto perché un festival è uno spazio che si condivide e può rappresentare un sistema, e addirittura un modello, dentro il quale possono prendere forma alcune delle dinamiche che interessano un territorio come quello di Amatrice. Attenzione, non parlo solo del terremoto: il nostro intento era di ricavare uno spazio per sottolineare il carattere delle musiche e delle tradizioni orali dell’area già dalla prima edizione.
E valutare come gli elementi culturali possano tracciare una prospettiva, che si può seguire per appagare i bisogni economici, ma soprattutto comprendere alcuni caratteri di un territorio. Per questo Giancarlo Palombini lo ha voluto configurare come un insieme di riflessioni che, a partire dalle ciaramelle, affrontassero la cultura musicale locale, che comprende l’interpretazione dei repertori tradizionali, il saltarello amatriciano, la poesia estemporanea in ottava rima. E, con essi, l’intero territorio, inteso sia in termini naturalistici che storico-artistici. Questa seconda edizione si impernia intorno all’idea generale qui espressa, raccordando però le musiche e le espressioni popolari locali con la presenza di artisti che provengono da altri territori. Si tratta di grandi musicisti che, da prospettive differenti, si confrontano certamente con i repertori musicali di tradizione orale, sviluppando linguaggi nuovi. E che l’ultimo giorno del festival, a partire dalle 16, si susseguiranno in una grande performance, che si svolgerà in località Pantanelle a Cornillo Nuovo di Amatrice. L’ordine sarà il seguente: Susanna Buffa e Stefania Placidi, il Cantico Trio (composto da Raffaello Simeoni, Goffredo Degli Esposti e Gabriele Russo) con Massimo Giuntini, il Passagallo, Lara Molino e Daniele Sepe.
Una serie di concerti che spazieranno in molte direzioni e che rappresenteranno in pieno una delle intenzioni del progetto: raccogliere, selezionare e proporre - dentro un ordine coerente con l’idea che la musica popolare si può ascoltare anche in una veste contemporanea - un linguaggio, un suono, una visione raffinati e fortemente caratterizzati. Ognuno di questi progetti meriterebbe una trattazione approfondita, sopratutto in ragione del fatto che sono molto diversi tra loro e sono, allo stesso tempo, accomunati dalla presenza di musicisti di lungo corso, la cui riflessione sui repertori popolari e antichi ha arricchito in modo straordinario il panorama musicale del nostro paese. Pensiamo a Raffaello Simeoni (Novalia, OPI), Massimo Giuntini (Modena City Ramblers), Goffredo degli Esposti e Gabriele Russo (Micrologus), oppure alla lunga carriera del gruppo abruzzese il Passagallo, in attività dalla fine degli anni Novanta. Infine c’è Daniele Sepe, il quale concluderà la kermesse con “Capitan Capitone e i Fratelli della Costa”, il progetto roboante e corale con cui ha stupito molti l’anno scorso e a cui è seguito recentemente “Capitan Capitone e i Fratelli della Sposa”.
Certo Sepe non ha bisogno di molte presentazioni, soprattutto perché tutto ciò che ha fatto fino a qui, sebbene in un quadro spesso eterogeneo, ha una firma riconoscibilissima che sigilla idee e visioni spesso complesse e sempre originali. Con Capitan Capitone - che si configura come un album ma anche un programma di esecuzione, una visione collettiva e caparbiamente ironica della nostra contemporaneità - ci ha dato la prova di come l’eclettismo sia, in fondo, un linguaggio coerente e coerentemente rinnovabile. Dentro ci è finito molto: ovviamente il mare e Napoli, la musica napoletana contemporanea (molti musicisti coinvolti nel progetto rappresentano la nuova scena, come Andrea Tartaglia, Gnut, Foja, Dario Sansone), la visione disincantata, sua e dei suoi sodali, delle questioni sociali e culturali più strette intorno a Napoli e non solo. Con questo programma ha aderito al Festival delle Ciaramelle e si esibirà alla fine di una giornata piena di eventi e iniziative, sia musicali che non. Aspettiamoci una performance densa e articolata, il raccordo migliore di un programma costruito con cura e attenzione.
Daniele Cestellini
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