Il prossimo 25 luglio, il Maestro Luigi Lai compirà ottantacinque anni, ma la sua passione per la musica è la stessa di quando, giovanissimo, studiava le launeddas a Villaputzu con Antonio Lara ed Efisio Melis, da loro ha raccolto il testimone della tradizione sarda di cui attualmente può essere considerato uno dei massimi depositari al mondo. Lo abbiamo incontrato nel corso dell’ultima edizione dei Seminari di Musica, Canto e Danza Popolare di Mare e Miniere, dove ha tenuto, il corso di launeddas, e complice la ristampa dell'album S'Arreppiccu, edito originariamente nel 1993, abbiamo avuto modo di farci raccontare i progetti nei quali è attualmente impegnato: dal prossimo disco che lo vedrà affiancato da un musicista jazz all’insegnamento presso il Conservatorio, per finire con le esplorazioni in ambito classico.
Come nasce il progetto di ristampare “S’Arreppiccu” che avevi pubblicato nel 2003?
Avevo terminato tutti i dischi da poter vendere e, così, ho deciso di farne stampare mille copie, come autoproduzione, senza una casa discografica. La novità è che però parallelamente sto lavorando ad un nuovo album, insieme ad un musicista jazz e nel quale c’è qualcosa di davvero nuovo e di diverso da quello che ho fatto sin ora.
Maestro, come ha scelto, all’epoca, i brani da inserire in questo disco?
Il disco contiene tutti brani di mia composizione, alcuni tratti da altri dischi e qui proposti con un sound più pulito, ed alcuni inediti registrati con un gruppo di tre ragazzi di San Vito che cantano a tenore. Il disco è stato inciso in larga parte a casa mia a San Vito e in parte a Sassari. La particolarità è che loro cantano in tre con l’accompagnamento delle mie launeddas, scandendone il ritmo. In particolare segnalo il brano iniziale “Su Ballu ‘e prazz”, “Bi-ram-bim-bo”, un ballo campidanese che ho eseguito con le launeddas mentre le tre voci scandiscono il ritmo in 6/8 in modo eccellente, “Goccius de Santu Idiu”, una versione di “Su Ballu Seriu” con Totore Chessa e nella quale ho aggiunto due parti di launeddas una con punta d’organo e una con spinello, mentre nella versione originale c’era solo il fiorassiu.
Da settembre comincerà ad insegnare al Conservatorio…
Mi hanno avvisato da poco che alla riapertura dell’anno accademico, comincerò il corso di launeddas. Ci sono già sessantuno iscritti che ovviamente non prenderemo tutti. Ci sarà anche qualcuno che mi darà aiuto e che naturalmente sceglierò io personalmente.
Questo è il momento buono per salvare le launeddas e questo l’ho detto anche alla presidente del Conservatorio, in giro c’è uno sbandamento totale. C’è qualcuno bravino ma purtroppo viene mangiato dal sottobosco in cui c’è tanta gente che non vale nulla, quindi è necessario darsi delle regole per mettere in ordine le cose. Chi studia vuole un riconoscimento e per questo saranno rilasciati degli attestati. E’ pur vero che poi ognuno può fare come gli pare.
Qualche anticipazione sul nuovo progetto jazz?
Sono molto contento perché ho incontrato questo bravissimo musicista jazz, diplomato in chitarra classica a Sassari, che poi è diventato un carissimo amico. Avevamo collaborato alcuni anni fa ma di recente ci siamo rivisti per suonare qualche cosa insieme. Io ho tante melodie scritte, lui le ha armonizzate con una veste jazz che trovo stupenda.
Quando uscirà il disco?
Volendo potrebbe uscire anche subito, ma stiamo cercando di elaborare le cose un po’ meglio. Abbiamo quattro o cinque brani già pronti. Uno sarà certamente “Su Babbu Nostro” che forse canterà Elena Ledda come mi ha promesso. Poi ci sarà un quartetto d’archi che duetterà con le launeddas e una processione minore, che è una cosa nuova, per la quale abbiamo preparato un arrangiamento molto bello. Stiamo cercando di vestire di suoni moderni le launeddas.
Quindi le launeddas possono essere uno strumento che guarda al futuro…
Me lo auguro ma per farlo è necessario tanto studio. E’ necessario mettere il sedere sulla sedia e passare ore a studiare. Molti credo di potersi improvvisare, e così le launeddas sono destinate a morire. Nell’ambito internazionale la gente capisce la loro importanza perché non è cretina: già da come cammini capiscono se sai suonare o meno. Sto lavorando anche ad un progetto con alcuni amici per realizzare un ballo sardo con l’orchestra. I musicisti classici di una volta non volevano neppure avvicinarsi alle launeddas in quanto erano considerate lo strumento dei proletari e dei poveri, e questo è stato un peccato perché avrebbero potuto fare cose straordinarie. Ho ascoltato le launeddas con l’orchestra in giro di recente ma si trattava di suoni artefatti, noi invece lo faremo con un’orchestra reale con launeddas, flauti, clarini, sassofoni violini. Il brano “A Sant’Efisio”, ad esempio è stato già armonizzato da un docente del conservatorio che l’ha proposta con l’orchestra degli allievi e la banda di Sesto. C’è anche altra musica scritta da me ed armonizzata in modo orchestrale. Insomma ci sono buone idee per far crescere le launeddas.
Luigi Lai - S'Arreppiccu (Autoprodotto, 2017)
Pubblicato originariamente nel 2003, e di recente ristampato in una nuova e più curata veste grafica, “S’Arreppiccu” è uno dei capisaldi della discografia di Luigi Lai, non solo per la qualità intrinseca che contraddistingue questa opera, ma per il pregio di presentare la fusione tra launeddas e coro a tenores, espressioni tipiche di aree diverse culturalmente e geograficamente separate della Sardegna. Laddove, infatti, il policalamo ad ancia battente è diffuso soprattutto nella parte meridionale dell’isola ed utilizzato in occasioni civili e religiose o come accompagnamento per la danza, il canto a tenores è tipico dell’area barbaricina, ed è una delle forme polivocali più antiche e caratteristiche del Mediterraneo. Dall’incontro tra le launeddas di Luigi Lai e il coro Su Dillu, composto da tre ragazzi di San Vito, ha preso vita questo album che raccoglie tredici brani originali, nei quali il caratteristico timbro gutturale dei tenores scandisce la ritmica mentre la parte melodica è affidata alle canne, dando vita ad un affresco armonico di grande effetto e potenza evocativa. Aperto dai brani da ballo “Su ballu ‘e prazza” e “Fiorassiu in la (danza)”, il disco entra nel vivo con lungo solo “Fiorassiu Froriu” una perla di eleganza compositiva ed esecutiva. Si prosegue con la ninna nanna “Riposa pippiu”, la title-track “S’arrepppiccu” e “Bi-ram-bim-bo” ma è con i quindici minuti del solo di launeddas “Punto d’organo in Fa#” che si tocca il vertice dell’album. Se “Goccius a Santu Idiu” rappresenta un esempio di composizione religiosa, la successiva “Nodas fuori scala” è un altro esempio della incredibile ricchezza di Luigi Lai come compositore in grado di spostare sempre più avanti i confini della ricerca musicale. “Bianca columba” e “A sa bittesa”, ci conducono verso il finale in cui brillano “Ballu Seriu” con Totore Chessa ospite al violino e “Accompagnamento religioso” che chiude un disco di raro fascino, finalmente tornato disponibile dopo diversi anni.
Salvatore Esposito
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